domenica 2 ottobre 2016

Tutti i menu di Ottobre di AAA


 
 
 
 
Siamo in piena reclusione, nessuno mette più piede a casa nostra per una cena da quando non è più frequentabile il terrazzo, e già allora gli inviti furono centellinati. Ma c'è un amico che deve essere consolato, lui non so se lo sa, ma noi sì, così apriamo il fortino, sbarazziamo il lungo tavolo dai furti nell'Orto Botanico e ammanniamo una parchissima cena. Era un po' che volevo sapere di chi fossero quelle penne a pois trovate a settembre nell'Orto Botanico. Meraviglia, sono di un picchio bellissimo, il Picchio Rosso Maggiore (me lo dice un gruppo di identificazione uccelli su FB). Tal picchio convive nell'Orto con quello Verde, pure bellissimo, di cui anche trovai penna (brodo di giuggiole: immaginare i nascosti tra le fronde). Menu: sono ancora nel mood delle torte plissetate, ne fo una tanto per cominciare, Torta riccia con pasta all'olio e vino e formaggio puzzolentino; poi c'è una morbida Pasta con la zucca e croste di parmigiano; infine della Carbonnades à la flamande con pane alla senape, accompagnata da Patate dolci rosse e Patate lesse. Dessert non ci fu (che figura).
 
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Ottobre 2019. Nunchesto non ne può più
 

E siamo appena all'inizio delle serate autunnali intorno al tavolo. Dieci piattini, dieci forchettine, dieci coltellini, dieci bicchierini, dieci sedioline, e come fossimo a casa dei nani ci siamo tutti accomodati, per parlare del mio ultimo corso al quale lavoriamo tutti, e non vi dico l'eterogeneità, a cominciare dall'età (sì, creo sempre ammuina, mi viene bene), dopo di che addio. Ma tutte queste mani non si fermeranno. Sul tavolo: Pain d'épices, robiola alla 'nduia, prugne; Daube provenzale con Pere al vino rosso; Flan di ricotta e patate; Crumble di fichi  (li avevo surgelati a settembre);  Torta ebraica di ricotta e visciole (la porta Dolcesca che è passata dal ghetto).

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Ottobre è fitto fitto di riunioni, e anche se andiamo carponi non ci priviam di doni. Sapete cosa ha detto l'allieva, mentre cenando insieme preparavamo un seminario e ci stavamo anche chiedendo come facilitare la partecipazione dei numerosi presenti? Durante il seminario, nell'intervallo del pranzo, ha detto, secondo me dobbiamo pranzare insieme (perché così si fa nel mondo del cinema dove lei adesso sta lavorando, ha aggiunto, ed è utilissimo per confrontarsi, monitorare etc., spiegando la cosa a vecchi psicosociologi che hanno mangiato pane e volpe da secoli, ma io non ho mancato di apprezzare molto e comunque, e naturalmente si farà). Peraltro, giovani e vecchi, eccoci già intorno al desco, e su quello piccole cose salate e dolci: Tarte au Brillat Savarin et alii, con pepe di Ayacucho (riedito una tarte dove il Brillat fece la parte sua con le proprie opime molezze, e questa volta ci unisco un brin d'amour, il sapido aspro d'erbe formaggio corso e un falso pepe peruviano raro e curioso, aromaticcissimo, pungente); Torta di porri, pomodorini e kiwi (portata da un giovane cuoco, orecchie nostre fibrillanti all'udir del kiwi, poi presto ammansite all'assaggiarlo con soddisfazione); Tatin di pesche (con un certo nuovo caramellato che mi piacque); Apple crumble (ho imparato a fare il crumble che ho già un piede nella fossa: gioie dell'apprendimento).
 
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 Ottobre 2019. Siamo in venti
 

Sul tavolo il kitenge del Fatti Venire un'Idea, pieno di lampadine illuminate. Sto per morire. Venti ciotole, quaranta cucchiai, quaranta piatti, zero spazio: cubo di Rubik. Cibo? Focaccia, Pomodorini, Pie al ragù speziato, Crostata gorgonzola noci, Palak Paneer (portato da Dolcesca), Crumble con le albicocche caramellate, Dadolata di cachi, Strudel portato da un ospite. Novembre è appena iniziato, il terrazzo è ancora in rigoglio, le lantane sono impazzite, la brugmansia rifiorisce, la cicas, che avevo tosata, esplode di foglie e alla base spuntano nuove nate.
    
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Le verità. Il film sembrava una passeggiata piena di battute con due dive - una diva, e la figlia piaga della diva, tutta turbamenti perchè trascurata, confrontata con bravure e narcisismi materni e altri fremiti fritti e rifritti sia al cinema che nella vita; film apparentemente salvato dalla bravura delle attrici - molto francesi; e anche il film, vivaddio era a Parigi. Presto si apprendeva, con sollievo degli spettatori, che tali verità - l'egoismo della diva e la sofferenza della figlia accartocciata - erano due sòle. E si insinuava qualcosa di giapponese, un Altro Occhio, che suggeriva che non c'è verità senza copione, che la verità è sempre detta ad hoc, di più, pensata ad hoc per qualcuno che sa apprezzare che sia un copione detto per lui, pensando a lui, volendo bene a lui, e che tal copione è la trasformazione del bioccolo delle emozioni in filo e tessuto assai cangiante. Aggiungo: due uomini apparentemente maginali perchè senza palle, e invece capaci proprio per questo di tenere in piedi - anche loro - tutta la compagnia, madri, figli mariti, maggiordomi etc... (che risatine silenziose nel capire pian piano cosa forse mi diceva il giapponese, detto anche Kore'eda Hirokazu, isomma il copione per me). Per farla breve: Gulyasleves - zuppa di goulash con Slow Cooker, che mi dà la soddisfazione di metterla nelle ciotole uzbeke quelle grandi, infine; ne arriva una zuppiera e ce la mangiamo tutta senza fare una piega. Piccole burrate, trovate al mercato mentre dicevano prendimi prendimi, che danno vuoi che facciamo (agli ospiti avevo detto piatto unico);  Insalata mista  (finalmente so farla, o per meglio dire è facile dimenticare come farla bene, ma adesso sono in un periodo che un po' lo ricordo, so che non bisogna scivolare verso l'erba bagnata); Dadolata di cachi mela (ottobre: grandi abbuffate di cachi mela, qui in veste da sera: dadolata super precisa); Clementine maison; Crostata del Talismano con accorgimenti abruzzesi (portati entrambi, clementine e crostata, da Polsonetta e Cornucopio). Non temete, le dalie, sia pure bellissime nei loro colori molto scostumati, per cui metto sul tavolo una scialle pendant, non sono state a farci da foresta davanti al naso tutto il tempo.

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Ottobre 2019. Piccoli spuntini dopo il cinema con Champagne e Amarone
 

Andiamo al cinema! Da quanto tempo! Per esagerare, con uno spuntino dopo; e, diciamolo, buonissimo. Zuppa di ceci e porcini; Shaksuka 2. Le speziate uova in purgatorio mediorientali ;
Marroni arrostiti

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Ottobre 2019. Cediamo al primo autunno: funghi porcini, frutti di bosco, melograno, zucca, fichi
 
 
Con la testa tra il serio e il faceto, tra il lusco e il brusco, insomma quella testa che si chiede se deve proprio tornare in sé, cediamo all'autunno, ai ritorni, all'apparente ordine del quotidiano, al vedersi per tornare al lavoro; l'occhio trasognato vede funghi porcini dai cappelli gonfi, melograni e frutti di bosco lucenti come gemme, zucche dal brillante arancione che l'estate non conosce, vede gli ultimi lacrimanti fichi, e cede. Menu: Vellutata di zucca, pomodori, peperoni con chicchi di melograno; Zuppa di porcini con il carasau (di Dolcesca); Supplì di Supplizio (portati da Sonia); Pollo ai fichi; Riso pilaf; Cherry Cheesecake di Nigella Lawson, senza cottura.

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Ottobre 2019. Finalmente una zuppa per le grandi ciotole uzbeke
 

La tovaglia indiana la voglio tridimensionale, mi procuro acconci fiori rosa su rosa. Siamo in sei, un confronto tra generazioni, non si sa chi più fuori dal mondo, se i più vecchi, o i più giovani. Mi butto nella waterzooi col merluzzo, che si pronuncia così: uàterzòi, due accenti per due parole. Non resisto alle zuppe, specie se composite, pesce, verdurelle, abbastanza distinti. La mangiai a Bruxelles in un posto rinomato, la ricordo ancora: buona! Una zuppa la cui abbondanza mi permette di tirar fuori le ciotole uzbeke grandette, tutte felicemente diverse una dall'altra, chi più russa chi più cinese, tutte uzbekissime, da loro usate per mettere in tavola gli innumerevoli accompagnamenti verduracei del plov. Un piatto unico. Come accompagnamento volevo fare un clafoutis picard con mele, patate e pain d'épices per cui avevo appositamente rifatto l'ottimo pain d'épices di Cristina. Un intervento di Teo che non sono riuscita a controllare fa sì che tutto venga cotto un po' troppo, per cui é stato frullato e congiunto a ricotta e uova, per poi arrivare sotto forma di Flan di patate e pain d'épices. Gli ospiti portano un buon formaggio Pecorino e una Composta di arance. Infine, la cheesecake senza cottura appena sperimentata si trasforma in Pomelo cheesecake, poiché ci infilo in ogni dove, dentro e sopra tale agrume, le cui fette si sgranano in minute sacche di succo, in alveoli molteplici (buona riuscita dell'esperimento). Riassumendo: Waterzooi col merluzzo, Flan di patate e pain d'épices, Pecorino, Composta di arance, Pomelo cheesecake.
   
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Può darsi che aleggi, però, sulle molte sedie: ci fossero i nostri avi, finchè attendono vuote? Che ci siano state crocchie, baffi, collarini di velluto, ferraiuoli, mutandoni di pizzo? Chissà. Solo dopo ci ho pensato. Siamo in molti, siamo vecchi, siamo giovani, siamo laboriosi. Sul tavolo il kanga tanzaniano bianco rosso e nero ha una scritta che dice: harusi ni jambo la kheri, il matrimonio è una buona cosa, chissà che non sia propizio a qualche fidanzamento. Menu (si fa per dire): Burek bulgaro agli spinaci e feta. Una turcheria a spirale, ovvero un borek bello grande, sarà stato di 37cm di diametro, un divertimento fare la serpe e metterla dentro un testo di rame ligure; Bastoncini di gruviera, pani neri e aromatici dentro quattro ciotole dentro quattro ciotole; Milk tart, Melktert, Sud Africa, la versione n.1, perché poi ne ho provata anche un'altra, un flan cremoso; poi le Ginger nuts. Cialde speziate. Cape Malay che ho già rifatto almeno tre volte di seguito e che penso farò ancora: piacevolissime. Nunchesto deposita le sue numerose bottiglie sul tavolo, se ne aggiungono acune portate dagli ospiti.  

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Sul tavolo un kanga bianco e nero, senza scritte, ma made in Tanzania (farli nel paese è una conquista della Tanzania postcoloniale); i disegni sono assai cinesi, per via degli intrallazzi con la Cina del primo presidente molto socialista. Il marchio è quello di un'azienda che era Tanzaniana-cinese, Urafiki. Menu: Minestra di mais, cocco e lime, da tempo tra le ricette AAA senza che sapessi quanto fosse tanzaniana, e che è tra le più convincenti congiunzioni mais-cocco; Sosatie con peperoni e chutney, una nuova versione degli spiedini sud africani; Pilau con riso speziato e latte di cocco, il più soave dei pilau zanzibarini; Malva Pudding con il treacle, che finalmente sguscia fuori dalla teglia come una mandorla dal guscio, e che inseguo da quando ne mangimmo tutte le versioni in Namibia.
 
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Molte cose in testa e tre sul tavolo. Non chiocciola con patate e 'nduja, quasi Uzbekistan; Frittata di salsiccia e broccoletti, quasi Napoli; Pirritini, dolcetti campagnoli con farcia di marmellata di limone.

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Un'amica doveva riprendersi dalla riuscita presentazione di un libro; si imponeva una cena sudafricana evocante passaggi di leoni indifferenti, timidi gnu e indaffarate iene, quanto di meglio per riemergere dal ronzio accademico (senza privarsi dei meravigliosi pettegolezzi).  Siamo in quattro su un kanga viola e verde (il peplo tanazaniano con scritte sibilline) che recita: Neno la mongu ni ibada: La parola di dio è nella preghiera (un contrappunto mistico alle chiacchiere laiche). Menu:Lachha Paratha, pane indiano (in uso in Tanzania); Crema di uovo e coriandolo; Minestra di patate e cocco. Coconut Potato Soup, Supu Viazi; Sosatie ovvero spiedini con agnello, foglie di limone e albicocche. Cape Malay; Ginger nuts. Cialde speziate. Cape Malay; Frullato gelato di crema, papaia e Amarula; Cassatine(inserto siciliano merito delle ospiti).
   
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Sul tavolo un nuovo kanga (peplo tanzaniano che ha sempre su una sibillica scritta in kiswahili) dalla scritta ancora misteriosa; mi chiedevo quali numi ignoti invocasse, sperando fossero acuti e benevoli; ho poi scoperto che c'è scritto: Il matrimonio è una buona cosa. Sopra al kanga quattro cose per quindici: due Non chiocciola: uno Non chiocciola con patate e 'nduja, e uno con Non con patate, cipollotto, cumino, coriandolo; poi una Pecan pie e cialde croccanti e speziate sud africane molto apprezzabili: le Ginger nuts. Cialde speziate. Cape Malay.

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Non so se ve ne siete accorti, ma la di là di un certo gusto eccessivo per la lagna, come segno dei tempi c'è anche un effettivo ribollire di barbarie, e quasi nessuno - pare - ha più voglia di scrivere per dire qualcosa; caso mai si scrive per avere una sorta di punteggi che premiano obbedienze, di quelle che sempre consolarono parte dell'umanità, ma con cui adesso si esagera. Ci si industriava così ad avere idee intorno a un par di Riviste schivando tali panie; e nel fattempo, menu: Lasagne funghi e luganega, Torta di patate e riso con l'epoisse, quasi ligure; Türta de gee ovvero Torta di bietoline, ligure davvero; Castagnaccio ligure con la finocchiella, due crostate, gelato.

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Insistiamo: ci vediamo, ci incontriamo, ci parliamo; non vogliamo soccombere al silenzio di questi tempi insensati, facciamo resistenza, ci teniamo per mano. E ci consoliamo anche con un lume acceso, un piatto fiorito, una corona di formaggi, una gonna batik che scucita diventa la nuova pezza che stendo sul tavolo, anche con i suoi buchi di vecchia stoffa che sussurra storie. Menu: Timballo di capellini, melanzane e finferli, Straccetti di maiale di Teo, Casatiello, Formaggi francesi di capra e di mucca (al loro apparire, come sempre: sambrava non gli avessimo dato nulla da mangiare), Crostata di marmellata di arance, gianduia e cachi.

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Solo una Crema di zucca con i porcini, del Pane uzbeko con spinaci ad accompagnare un Piatto di formaggi, e uno Zuccotto portato dalla nostra ospite (fa certamente parte della sua infanzia: quando arriva, non mancano mai dolcissimi souvenir).


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 Ottobre 2017. Pause di pace


La convivialità offre a volte pause di pace entro un mondo in guerra. Noi ci proviamo. menu: Lasagne con amatriciana di rana pescatrice, Terrina di formaggi e porcini, Pane uzbeko con spinaci tostato, Pesche ripiene con ribes e cocco.

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Ottobre 2016. La cena della Nuvola scomparsa e ricomparsa. 

   
Pensavamo che la micia Nuvoletta fosse scappata di casa e che forse non l'avremmo più rivista; dodici ore dopo mentre commemorandola in gramaglie aprivo l'armadio, mi è rotolata in braccio insieme a vari golf: è stata dodici ore in dieci centimetri quadrati tra le lane (senza emettere un suono). Il giorno dopo folleggiava inafferrabile come sovente, con la solita predilezione per l'aperto e le fronde. Se la preparazione della cena era stata accompagnata dall'orecchio teso e dalla porta sul vicolo aperta, la cena fu allietata dal ritrovamento e da due amici che hanno portato ottimi tortelli enormi di ricotta di bufala e limone - ciascuno ne ha mangiati due come amuse bouche -  ricotta di bufala, mozzarella di bufala e vari aggiornamenti sinistri su un'economia impazzita che mina alle radici gli equilibri su cui si è retta per millenni (lui è del campo e ne parla dolente; noi altrettanto dolenti nel sentire). Menu: Tortelli di ricotta di bufala e limone al burro e limone, Ricotta di bufala e miele, Mozzarella di bufala, Brioche morbidona, Pane con le olive, Foie gras mi-cuit, Pasticcio di lasagne rosse, gamberetti e radicchio tardivo di Treviso, Terrina calda di spigola con salsa al fumetto ed erba cipollina, Tarte à la crème brûlée. Grüner Veltliner Pacherhof, Brut Ferrari.

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Ottobre 2016. Una cena piena di parenti, tra cui uno nuovissimo. 


Finalmente una cena con parenti - nipoti e pronipoti: due coppie novelle e liete, un bebè piccolissimo - e una cara amica: tutto filò a meraviglia o quasi poiché c'era una giovinetta piena di allergie - nuovissima anche lei, una fidanzata - e sul menu pesava la minaccia di niente pomodori, oltre che di altre innumerevoli cose, molte rosse, tra cui l'anguria la cui questione grazie al cielo però proprio non si poneva. Menu: Torta quasi ligure con pasta matta croccante, patate, erbette, peperoni, fatta nel testo di rame; Crema di mais alla namibiana, Mealie Soup, con spezie, dolce/piccante (molto piccante); Baccalà alla cappuccina, veneto, con uvetta, pinoli, cannella (bontà antica); Polenta; Morbidone di Leone, una focaccia alta quattro dita; Pane con le olive di Le Levain; Piatto di formaggi francesi tra mucche e capre gigantesco, con prevalenza di cremosi; Mele ripiene di tartufi al cioccolato e altro con sciarpa di crema pasticciera; Ciambellone al cioccolato finalmente buono (no patita ciambelloni, non devono lasciar gola secca). Nunchesto ha messo sul tavolo dello Château Mondésir-Gazin  Côtes de Bordeaux e del Bourgogne Hautes Côtes de Nuits.

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 Ottobre 2016. La cena delle grandi strategie.



Eravamo in quattordici, dagli ottanta ai venticinque (anni), tutti intenti a lottare contro gli amerikani; non da poco, e il menu era appena bastante a sostenere lo sforzo, eppure per certi versi sapevamo che era tempo sprecato, non solo perché quelli sono giustamente insensibili a qualsiasi cosa gli venga detta, ma anche perché non potevamo non sentire che l'inesorabile tempo ci penserà da sè, con i suoi rombi, i suoi venti, le sue tempeste che soffiavano perfino nella tranquilla stanza; infine non potemmo che mollare gli amerikani e guardare avanti, anche se così poco si vede. Menu: Gnocchi di patate dolci con scarola e rigatino affumicato fatti da Dolcesca, che lestamente li ha allestiti in cucina, facendoli rivivere come fossero saltati fuori dalla pentola in quel momento (chi ha potuto li ha mangiati due volte: io potei); Brioche Galante, Daube provenzale (bono bono, altro che spezzatino), Mele cotogne al forno, Purè di sedano rapa, Ciambellone marmorizzato al limoncello, Crema di fragole, Torta della nonna portata da Saro, così buona che mi è venuta voglia di farne una.

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Ottobre 2016. Finché c'è vita, viva gli spuntini. 

 
Solo tre torte, due salate - Torta con frolla e farcia di formaggio e olive, Pizza con cipolle uvetta pinoli - e una dolce - Torta di nocciole con ganache di cioccolato - e una ciotola di Pomodorini; siamo in un un we di seminari, interrompiamo per un pranzo di lavoro, ma lo Champagne non mancherà, Nunchesto non lo permetterebbe mai.

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Ottobre 2016. La cena dei due compari.
 

In questa casa sempre piena di signore, è capitato che ci fossero due signori, più me, Artemisia. Ho avuto qualche patema, perchè un niente-tempo mi ha costretto ad affidare moltissimo a Teo, e io mollo con difficoltà le esecuzioni dei piatti (mentre lui me le sfilerebbe volentieri anche quando non li ha mai fatti, immaginate la lotta); ma è andato tutto abbastanza bene.  L'ospite è un moderato vegetariano, ma anche quasi senza volere mi è venuto di evitare ogni carne, avevo solo una tentazioncina di replicare la Vellutata di patate con dadolata di pancetta croccante stile George Blanc, ma mi sono tenuta e ho fatto un innocente Potage Parmentier; quindi due Tatin, una con cipolline in agrodolce e una con peperoni arrostiti, e un ottimo Pecorino sardo Durgàli. Infine una magnifica bomba, un Barmbrack, dolce irlandese colmo di frutta secca, accompagnato da Gelato alla crema. Champagne Moncuit e Amarone Zanoni.

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Ottobre 2016. Uno spuntino per una compagnia molto simpatica. 

 
Ci capita solo ogni tanto un pranzo domenicale con ospiti; in genere è il tempo di spuntini per due. Questa volta, cercando sulle agende, non c'era altra possibilità per una piccola compagnia che lavora insieme che di vedersi di domenica a pranzo; del resto siamo abituati a confortarci con una torta e un bicchiere, e lo abbiamo fatto ancora, con il piacevole imprevisto della bella luce diurna velata da goccioloni di pioggia. Sul tavolo compaiono piatti barocchi e due torte che non disturberanno il produttivo, vispo reagire a difficoltà di lavoro; ce le siamo meritate tutte e due. Menu (se così si può dire): Torta di papa Pio II con formaggi di capra, uva e pere; Tatin di rape rosse al wasabi; come dolce, delle Coppette di crema pasticcera, composta di mele cotogne e meringa sbriciolata.

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Di nuovo intorno al tavolo a lavorare. Quindici? Diciassette? Tutto sul tavolo e amen. Menu: mi prendo la sfizio di rifare la Suprême di pollo, un altro piatto dell'infanzia, uno di quelli dove con un pollo e poco più sfami diciassette persone, ed è buono. Aggiungo polpettine al limone, funghi, Riso pilaf con bacche di Goij, allestisco il monumento. Poi uno strudel salato e uno dolce: Strudel di zucca con amaretti e mostarda, Strudel di susine; infine, la Torta di mele di Courtine, una torta di ampio raggio. Dolcetto Pietro Busso, Sauvignon J.Hütte, Ribera del Duero Montecastro.

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 Ottobre 2015. Spuntino tutto-sul-tavolo intorno a una pizza di zucchine

 


Quanti siamo? Spesso ho le idee vaghe, non mi è chiaro chi verrà in questi incontri tra lavoro e convivialità che consoli; vado a occhio, diciamo quindici. Si impone uno spuntino tutto-sul-tavolo per non pensarci più; questa volta, aproffittando dell'ultima estate, varie cose intorno a una sacra pizza di zucchine. Sacra perché infanzia, campagna, origini, e sacra perché ottima. Menu: Pizza di zucchine, Melanzane fritte, Patate e peperoni calabri, Frittelle speziate di zucca quasi come nelle Filippine, Crocchette di porri caramellati e patate speziate con i pinoliTorta di susine. I vini, affidati a Nunchesto, sempre seducenti, non li annoto ogni volta, qui si nota un suo Bourgogne e un Gewürztraminer portato da un ospite.

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Ottobre 2015. La cena del pasticcio di carne in crosta con spezie e prugne
 

La cena del pasticcio di carne in crosta con spezie e prugne: dò la precedenza a lui, anche se Nunchesto punta sul Foie gras e sul Plateau de fromages: Langres, Selles sur Cher, Saint Felicien,  Brique ardéchoise; è andato anche a comperare due Baguette di Le Levain; io ho fatto la Mousse di zucca allo zenzero e il Pasticcio di carne in crosta con spezie e prugne, Dolcesca e Marco hanno portato l'Insalata di foglie e frutta e una Chees cake di Ferrini, Orbetello. Ci sono Sauterne Les Remparts de Bastor - Lamontagne, Muffato dlle Sala Antinori, Santenay - Gravières premier cru 2012 Roger Belland, Champagne Pierre Moncuit.

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Ottobre 2015. La cena del pasticcio di peperoni
 

Un menu per cinque: crostini di pane di campagna con una piccola fetta di biccou e una goccia di marmellata di arance allo zenzero; tarte con porri caramellati, pinoli e patate alla cannella; pasticcio di carne e peperoni; citronfromage, mousse dolce danese al limone e gelato di crema, tisana di arance e spezie. Crostini di biccou e marmellata di arance; al Comptoir de France abbiamo trovato il biccou, un formaggio a latte crudo di capra, dalla crosta arancio, di Caroline et Stephane Chevrieux, Indre-et-Loire e l'abbiamo provato; ne abbiamo messo una fettina su un pezzetto di pane casereccio e il suo sapore piccantino è stato associato a un goccia dolce di marmellata di arance e zenzero. La Tarte con porri caramellati, pinoli e patate alla cannella; rifaccio una torta con crosta di pasta sfoglia e le tratto come un pithiviers: ricami con la punta del coltello. Rifaccio anche, dopo anni, il Pasticcio di carne e peperoni; siamo già dentro l'autunno, ma ci sono ancora peperoni, quelli che la rovente estate mi ha impedito di cercare: li afferro per la coda, mi propongo di poterli apprezzare prima di avventurarmi nei soli piatti adatti alle brume. Questo pasticcio non mi ricorda solo l'estate, ma anche la campagna e l'infanzia: si faceva in casa. Concludo con una Citronfromage, una mousse dolce danese, al limone, la cui ricetta ha proposto Isolina, e l'accompagno con un gelato di crema.  Alla fine, offro anche una calda Tisana di arance e spezie per accompagnare le chiacchiere.

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Ottobre 2015. Spuntino con stinco di maiale affumicato, mele cotogne al forno e cake al wiskhey


La cucina oscilla tra memorie estive e tuffi nell'autunno; qui prevale la cocotte e i fumi che appannano i vetri: Mele cotogne al forno accompagnano uno Stinco di maiale affumicato, accanto ci metto una Senape ai mirtilli, c'è un piatto di Formaggi francesi, un piccolo bloc di Foie gras, un cestino di Pane di campagna; infine il Cake al Lagavulin che ha conservato tutto l'aroma del whisky.  Sarebbe uno spuntino tra una mattina e un pomeriggio di lavoro, ma il fato ha voluto che venisse così, più gourmand che tramezzino. Nunchesto va versando - a piccole dosi - un Amarone.

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Ottobre 2015. Una cena in giallo da Ida e Alfredo
 

La coppia - non per modo di dire, lo sono, una coppia - si muove di concerto - e come se no? - certo la cuoca è lei, ligure, erede di una cucina fascinosa, ma lui sovrintende con ospitalità napoletana, e sue bimbesche voglie napoletane si insinuano nell'amoroso manichettare di lei. Concludiamo con un inoltre: sono entrambi Anni Cinquanta. Da ciò derivano cene impagabili. Menu: Danubio (ecco che lei che si fa napoletana);  Pesto alla genovese (meraviglioso, fatto con mano ligure, ricordiamoci che Ida accademicamente parlando si chiama Imperiuzza); Arista di maiale con spiedini di mele (voilà gli Anni Cinquanta); Formaggi, confetture, composte ; Coppette di crema pasticcera (colpo di genio: crema pasticcera resa elegante dessert senza altro che quella, poi, alla fine; insomma senza disturbarla); Ciliegie sciroppate, un primo esperimento di Ida.

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Ottobre 2014. La cena della Turkmenistan Pie



Sovrapposte pezze come una signora Asia Centrale,  l'occhio autunnale vagava per la stanza e fotografava mentre aspettavo seduta sul divano gli amici. Non proprio una cena, diciamo uno spuntino, anche se di cose magnifiche. Turkmenistan pie, Rattatuglie di Polsonetta, Focaccia, Corna di gazzella di Tetouan, Dolci di tutti tipi: strudel, biscotti, mousse e tortine arrivate in dono.


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 Ottobre 2012. Cena turca voluta dalle melanzane
 

Volevo ripercorrere la Francia con menu francesi, ma l'indugiare dell'estate e dei suoi frutti mi ha portato a fare un imprevisto giro in Turchia; così imponevano le melanzane, i peperoni. Menu:  Karniyarik, le melanzane farcite con la carnePeperoni allo yogurt, Vellutata di fave, Pida con feta e mozzarella e menta, che non avevo mai fatta e della quale mi attira la forma a mandorla, ad amaca, e infine Fırın sütlaç, riso dolce al latte, al quale ho aggiunto il cardamomo. .

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 Ottobre 2011. La cena delle tielle
 


Che fare se un'amica arriva da Gaeta con due gran tielle, una di polpo e una di cipolle e un torreggiante vaso di olive al vino rosso? Invitare, invitare subito. Eravamo in sei. Che ci mettiamo, con le tielle? Pizze fritte, friggitelli, formaggi piemontesi-francesi, gelatine di moscato, di fragolino, una composta di mosto e frutta, una di cipolle, pane noci e sesamo, insalata mista, coppette di fragole al Cointreau con crema di pere e cioccolato bianco, biscotti-pesce allo zenzero; tra i vini, Venica Ronco delle Mele. Le Pizze fritte! Questa volta condite con una passata che aveva un bel colore arancione, sorprendente, dato dal fatto - non chiedetemi perché, ma accade ogni volta che seguo questa procedura - che i pomodori freschi, privati della buccia e messi a cuocere in tegame con olio d'oliva, aglio, sale e peperoncino per 20', erano stati poi passati nel frullatore del Bimby. Poi foglia di basilico e pecorino grattugiato a scaglie grosse. Sempre una festa, tanto che ci siamo ripromessi che una prossima cena sarà con sole pizze fritte ad libitum. Poi le due Tielle, una di polpo, enorme, l'altra di cipolle, squisitissime entrambe, con improvvisata giuria che preferiva l'una o l'altra. Altro compagno di viaggio, i Friggitelli. Quindi un profluvio di Formaggi di Beppe e i suoi formaggi, il formaggiaio piemontese che li affina alla francese, e così capre con vestarella di muffe e mucche cremose o toste e con grani di pepe. Molte gelatine, di moscato bianco, di fragolino, una composta di mosto e frutta, una di cipolle. Pane senza impastare con le noci e con il sesamo,  Insalata mista. Infine Fragole (sì, fragole, le ultimissime!) con il Cointreau e la Crema di pere e cioccolato bianco accompagnate da Biscotti allo zenzero, grandi, soffici e morbidi nonostante il miele, fatti nello stampo giapponese a forma di pesce. Per i vini non resta che sbirciare le foto.

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Ottobre 2011. La cena delle mele cotogne al forno



Benché il menu fosse alquanto ricco, lo dedico alle squisite Mele cotogne al forno, che cucinavo per la prima volta e che hanno profumato la cucina del loro lunghissimo cuocersi per un paio di giorni. Non ininterrottamente, ma per un buon numero di ore che non sono in grado di dire. Dunque mele cotogne, enormi, condite con burro e miele e cotte in forno con le terga a mollo in burro e acqua fino a che non sono diventate cedevoli e granulosamente fondenti com'è la loro natura. Accompagnavano del Maiale affumicato - uno stinco e delle costine - cotto nel forno in un paio di dita di birra, con senape e miele. C'era pure della Verza rossa stufata con gelatina di mirtilli rossi senza zucchero e uvetta (la ricetta la trovate insieme a quella del maiale), e delle Patate dolci caramellate. Si potrebbe pensare che ci fosse un eccesso di dolce, ma direi che non era così, alla fine gli zuccheri si stemperavano e una cosa ben si sposava con l'altra. Il maiale circondato da verza rossa, mele e patate caramellate era il piatto più imponente. Prima c'era un Timballo di capellini  del Talismano della felicità, libro che accompagnava nella nuova casa qualsiasi sposa si sia sposata tra gli anni Trenta e Settanta del secolo scorso, farcito di prosciutto e mozzarella, che piace sempre a tutti. Prima ancora,  Salvia e basilico fritti dopo essere stati immersi in questa croccante pastella, e piccole Mozzarelle in carrozza su pane casereccio. In conclusione dei bicchieri di Crema di pere e cioccolato bianco accompagnata da Biscottoni - pesce cinese di frolla al cioccolato speziato.

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Ottobre 2010. Una cena morbida
 

Siamo in quattro, c'è voglia di qualcosa di caldo e morbido, l'autunno invita. Menu: Vellutata di patate a vapore, ovvero la cremosa minestrina di patate dell'infanzia, l'ottima, la buona, l'affettuosa, acconciata da dama in signorile zuppiera con rigo d'oro; Suprême di pollo, che nonostante il nome esotico è un munifico e abbondante piatto di casa; per accompagnarlo Riso pilaf con i carciofi. Infine Creme brulée - il dolce che intenerisce sempre - al cioccolato bianco e con i frutti di bosco.


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 Ottobre 2010. Una piccola cena autunnale



L'occasione è la visita di due care amiche, Tullia che produce libri, Giusi che scrive. Tullia lavora a Firenze, ha una casa nella zona dove la Toscana incontra la Liguria e, tra le tante cose, produce meravigliose mele. Giusi vive a Bergamo, ha un rifugio nella Val Taleggio dove anche lei produce tante cose, affina formaggi, fa pane meraviglioso. Nebbia e camino acceso. Amedeo produce le sue belle Tartine e ci offre Kir royale. Andiamo a tavola molto allegri. Una delle mie Vellutate di verdure dell'orto come novità ha in superficie i miei peperoncini fili d'angelo. Si richiedono seconde porzioni (è vero che i piatti sono molto piccoli). Segue un Gattò di patate non troppo ortodosso in quanto i formaggi sono pecorino e gorgonzola (oltre al parmigiano nella miscela) e un Cramble ovviamente di mele.

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Ottobre 2009. Cena vegetariana con spuntature
 
 
Come nasce un menu. Di punto in bianco un caro amico che ho invitato con la sua compagna e che conosco da anni come onnivoro mi dice, con aria santa, che sia lei che lui sono diventati vegetariani. Io, che elucubro menu prima di mettere la mani in pasta, vedo saltare per aria tutte le mie gastronomiche fantasie di una settimana, mentre si profila il momento di fare le valige per allontanarmi un paio di giorni, quelli che precedono l’invito; anzi, l’invito è per la domenica sera in cui io torno, nel pomeriggio. Il novello vegetariano dice che pesce ne mangiano, ma altri animali no: se l’amo, debbo risparmiarglielo. Dove lo trovo un pesce che comperato venerdì mattina mi aspetti fino a domenica sera? Punto sul baccalà. Che fa questo baccalà una volta in pentola? Senza un motivo al mondo tranne quello di contrariarmi si attacca sul fondo; il sapore è salvo, ma la quantità dimezzata. Dove tento di acquistarne altro, l’hanno finito. L’ingegno, interpellato con ansia, annaspando suggerisce di schiaffarlo, il baccalà salvato, dentro delle crostatine: farà più parte e perdendo il posto di piatto centrale, prenderà quello di introduzione. Alla polenta progettata per accompagnarlo metto insieme del gorgonzola, che fonda su di lei in ricco abbraccio vegetariano. Ma le sue morbide, fumanti guance gialle chiedono più ricca compagnia: azzardo spuntature; i vegetariani mangeranno formaggio e non moriranno di fame, gli altri non mi guarderanno storto. Le prime arance daranno un contributo di frutta, di cui sembra io non possa più fare a meno quando faccio un piatto di carne, e renderanno colorato e profumato il piatto. La manciata di grani di melagrana che chiede di essere usata rotolerà nell’insalata, mentre non mi fido del dolce che ho messo in freezer e ce lo lascio, virando su una torta al cioccolato che sembra veloce da farsi, e che mi permetterà di usare i cachi a cui pure non ho saputo resistere, così come pure i funghi porcini, tutte promesse d’autunno. Menu: Crostatine di baccalà alla cappuccina su crema di carote, Polenta giallaSpuntature all’arancia,  Gorgonzola dolce, Soufflè con funghi porcini, Insalata mista con grani di melagrana, Torta di cioccolato e caffé, una quasi Barozzi, con crema di cachi,  un tondo Parrozzo, il dolce abruzzese, portato dagli amici. Amarone della Valpolicella Senza Titolo Riserva 2000, Musella.

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Ottobre 2009. A cena da Marikì, viva Napoli
 

Siamo persone serissime. Duro lavoro e approfonditi studi e ricerche. Però, mai senza un buffet, prego. Questa volta se lo è assunto Marikì.
Tagliatelle gratinate (si può sapere perché non facciamo più spesso un piatto così buono?) e Risotto napoletano di zucca aprivano la sequenza. Due parole su questo “risotto”: sgranato, al dente, avvolto in una camiciola spessa di crema di zucca, con la croccante aggiunta di foglie di rucola, fresco, accattivante, nuovo. Ottimo, piacevole, ad avercelo; naturalmente, manco per niente un risotto (tra me e Marikì c’è una vecchia storia sui risotti napoletani: lei dice che ci sono, io mi vedo davanti monumentali sartù, e perfino il riso al cioccolato, ma non mi pare compaia nemmeno un risotto). Comunque, la ricetta spero di farmela dare.
 Seguiva uno Spezzatino al pepe verde, pure buonissimo, che si cucina con la panna (non osate fare storie: tutto aveva un tono di eleganza dei tempi passati; c’erano, pensate, le posate e i sottopiatti d’argento, cose che fanno tenerezza e senso di festa). Infine le Sfogliatelle ricce e quelle lisce, perfette entrambe e fonte di immediate, vivaci, sentite discettazioni da parte dei napoletani presenti, tutti disposti a discutere di quali siano – perché e percome - preferibili e migliori. E poi due scoperte: la Crostata napoletana, che Marikì giura essere classicamente fatta con uno spesso strato di crema e poi uno più sottile di marmellata, e che si presentava con una bella fisionomia monumentale, e i Cioccolatini gelati, anch’essi buoni strabuoni. Da Remy Gelo, una gelateria storica, remygnon, cioccolatini di gelato. All'incrocio con via Gramsci, di fronte al lungomare Caracciolo.
In cucina, con mia sorpresa, ho trovato una signora assai bella e nerissima, che è a Napoli da trent'anni e parla un perfetto italiano, e che dopo una lunga frequentazione della casa di Marikì si è messa ora a fare catering, ed era lì con l'aria di fare crostate napoletane in grado di soddisfare il più esigente partenopeo.
Disgraziatamente io non sono in grado di ricostruire proprio tutto il menu, perché prima ci eravamo fermati a prendere un aperitivo a La Caffettiera, e come si sa viene servito con abbondanti piccoli rustici, quindi… in quello stesso caffé abbiamo sorpreso due belle fanciulle con la loro relazione davanti, quella che ci avrebbero letto il giorno dopo. Risate, ultimi appunti, drink. Menu: Tagliatelle gratinate, Risotto napoletano di zucca, Spezzatino al pepe verde, Crostata napoletana, Sfogliatelle ricce e lisce, Cioccolatini gelati 

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Ottobre 2009. Napoli. Tutti da Ester per un buffet partenopeo



Ottobre 2009. Napoli. Tutti da Ester per un buffet partenopeo. Ed eccoci tutti – quanti eravamo? Trenta? - da Ester, in quella bella casa che si rallegra tutta quando le regali feste e persone, luminosa di accoglienza e cornucopia di napoletanità, poiché qui non si transige, la cucina è tradizionale, locale, familiare, e oggetto di continue discettazioni su dove si deve comperare o come si deve cucinare questo o quello. Chi ha portato una cosa e chi un’altra sotto l’attenta sorveglianza di Ester che con polso di ferro ha controllato, per dire, che non arrivasse una teglia a fiorellini a meno che non fosse intonata con la tovaglia, e il flusso è stato tale che entrando ci si imbatteva in un’ondata di: salsicce e friarelli, parmigiana di melanzane (discettazione: con o senza buccia, le melanzane? questo interrogativo può richiedere molte telefonate, perorazioni, dubbi, e parecchi pensieri tra testa e cuscino la sera, nel letto), involtini di peperoni, babà rustico, pizza di frolla dolce con il ripieno di ricotta salata, pizza di indivia con le olive, acciughe e uvette, danubio, involtini di provolone del monaco e melanzane con mostarda di peperoni, minestra di fagioli (caratterizzata dalla presenza del sedano, mi fa notare Ester discettando di cannellini), pasta con la provola e le patate, mozzarella di bufala. E poi piccoli babà dolci con la crema e con i frutti di bosco, aragostine, una caprese della quale ora da una mezza parola qua, ora da una risatina là si intuisce una storia travagliata e piena di incidenti di forno. Assaggio per la prima volta e con parecchia soddisfazione un ministeriale, un dolcetto di cioccolato e rhum che fu servito nei pranzi di gala alla reggia di Capodimonte. Inventato da Scaturchio, piazza San Domenico Maggiore. L'attuale Scaturchio racconta che un avo lo creò per sedurre una sciantosa (chiamata l'aristocratica) e che poi fu presentato alla casa reale, dovendo fare una lunga trafila per l'approvazione, trafila che si sopetta fosse incrementata dalla possibilità dei ministeriali di fare parecchi assaggi. Riflettete su questo menu, che penso di ricordare abbastanza bene, anche se confesso di non aver potuto – haimé – assaggiare tutto. Qualche ricetta ottenuta quella sera, quaderno alla mano:
Pasta con la provola e le patate


Involtini di provolone del monaco e melanzane con mostarda di peperoni


E un altro paio che se non sono proprio quelle, sono parenti e sorelle (ah, quanto, quanto discetterebbero Ester, Antonella, Anita, sulle proprietà e caratteristiche e adeguatezze di queste ricette):

Rustico napoletano, ovvero pizza con la frolla dolce e la ricotta salata


Pizza di cicoria


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 Ottobre 2008. Menu con due tipi di carne, per accompagnare un couscous
 

Uova di quaglia su pane carasau dorato e scaglie di bottarga.
Crema di zucca allo zenzero con quenelle di mascarpone e scaglie di nocciole.
Tajine di pollo con miele, prugne, sesamo e cumino dei prati.
Petto di pollo con verza pancetta e carvi.
Couscous.
Carciofi stufati alla moda di Leccardo.
Mousse di mascarpone con crema di kiwi e cioccolato.
Amarone Musella 2003.

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Ottobre 2007. Evviva Mario
 

Ovvero: quando c’è una buona occasione per fare una festa, non bisogna perderla. Allora: c’è un amico da festeggiare. Che si fa? Per prima cosa si trova un’amica con una casa grande e accogliente, che non si spaventa delcasino, apre le porte, butta su un grande tavolo una tovaglia assai fotogenica e mette a disposizione piatti e bicchieri (veri, sottolineiamolo). Meglio se la finestra guarda sul Colosseo, così ci sentiamo tutti a Roma. Poi se ne trovano altri, di amici. Chi fa una torta che sa di meridione con verdure, uvetta e pinoli; chi porta una lasagna, chi delle polpette, chi fa degli straccetti di carne, chi un cous cous con la verdura, chi delle orecchiette con i pomodori, chi porta pani con noci, olive, uvette, chi porta del vino. E poi c’è sempre il santo tavolo basso pieno di ciotole con crema di ceci, pomodorini, cialde piccanti, olivette di mozzarella. Infine un ottimo gelato e un cheese cake fatto da una giovane fanciulla che si cimenta in una delle sue prime prove di cucina. Spugna e Patata guardano in su: c’è qualcosa anche per noi? Che volere di più? Un’ampia dose di chiacchiere, come è stato. Insomma: meritatevi degli amici, e il più è fatto.

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Ottobre 2002. Dîner idyllique/mélancolique 
 

Artemisia non spera più negli umani, Arte' si fa idillica. Mah... Comunque, le due hanno ripescato un dîner - pensate un po' - dell'ottobre 2002. Eccolo, a memoria dei menu:  Pane integrale e Fois gras, Sauterne, Pomaurea, una crostata con frolla superfriabile e pomodori cieligini, Fromages, Composta agrodolce pom-pep, Croustillant aux graines de paradis, Crema pasticcera.


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 Ottobre 2000. Buffet Still life, ovvero natura Morta Olandese
 

Suona male, la parola buffet. Gomitate, macchie, rinunce. Ma ogni tanto si torna alle sue promesse: il dolce e il salato si affiancano, ci si abbuffa, si pilucca, si cambia commensale. Soprattutto, è possibile un’architettura del cibo orizzontale e sincronica, non verticale e diacronica. Si scoprono buoni motivi per questa presentazione del cibo, soprattutto se non si è moltitudine che lo impone; siamo stati nove. Tante cose diverse. Come metterle insieme? Oltre all'alternanza di molle e duro, caldo e freddo, dolce e salato, che altro? Soccorre la letteratura che dà all’umano agire qualche  armonia. Ago, penna, pennello, mestolo, bocca, l’importante è raccontare. Nunchesto ed io, molti anni fa, organizzammo un Buffetto – buffet piccolo, per pochi - orchestrandolo come Natura Morta Olandese. Quattro punti fermi: il décor, il pasticcio di carne in crosta con carne stracotta nel Chianti, il formaggio, la frutta (da sempre attratta da quelle still life, esploravo accanitamente la già grande ricchezza di immagini del web). Quindi pasticcio di carne in crosta; formaggi: mimolette, pecorino romano, camembert affinato nel Calvados; frutta: susine, uva fragola bianca, melone d'inverno;  confettura di arance amare, marmellata di peperoncini piccanti, conserva agrodolce di pomodori e peperoni, mostarda di pere; pani diversi: al farro, al mais, all’anice; caraway seed cake; coglioni di mulo; rughetta e pere spruzzate di pepe verde; minestra di fagioli; aringhe alla moda di Oslo; cioccolatini al peperoncino, lacrime d'amore. Mi accorgo che si ammannirono molte cose con poca cucina.
Tutta questa storia iniziò dal Pasticcio di carne in crosta: Artemisia da giovane, dopo un’infanzia segnata dalla Spaventosa Fettina, in avvicinamento impaurito alla carne iniziò da quella debellata, triturata. La nascose in una scatola di pasta croccante, dopo averla stracotta, sbronzata, stordita di aromi. Che gioia ritrovare la stessa torta nelle nature morte olandesi, magnificamente nobilitata e squarciata, le molli trippe, odorose di lucenti fette di prezioso limone, rovesciate sullo spettatore sedotto e attonito. Delizia di ciò che, nascosto, dentro, viene conquistato da chi cerca, fuori. Ricordate la fiaba? Il bizzoso prence, la stizza accesa dalla capricciosa principessa, intende sbudellarla nottetempo; la furba, l’accorta, mette nel letto una pupa di marzapane, pan di spagna inzuppato nei rosolii e crosta di zucchero filato. L’assassino, chino sulla morta, lambendo tra i singhiozzi la profumata, l’ottima, geme altissimamente: “Oh sposa mia di zucchero e miele! Oh mogliettina di rosolio e cannella! Disgraziatissimo me, balordo, malnato, grullo, che feci!”. La rediviva salta fuori dall’armadio, e tutto ricomincia. Decisa la torta, il pensiero corse ai Formaggi. Bastava guardare gli still life: paste dure, scagliose, gialle, grandi stazze, scure stagionature. Furono scelti il francese Mimolette dallo splendido arancio e con avi olandesi (il metodo di produzione è lo stesso da Edam a Lille, dove lo chiamano anche Vieux Hollande; nel XVII secolo Colbert proibisce di importare formaggi e i francesi si fecero l’ “olandese” da soli) e il Pecorino romano padre di tutti i formaggi. Un terzo fu un Camembert affinato nel Calvados, che, pur a pasta molle, offriva i vantaggi di presentarsi a forma intera e avere un bel colore bruno vellutato. Per accompagnare, Susine; non previste, ma richiamate dalla cucina dove se ne stavano nascoste da un esimio pittore presente, Guido Strazza,  per la lucentezza viola offuscata dal velo di Salomè della satinatura opaca: renderla, virtuosismo di ogni degno artista olandese. Quindi Uva fragola bianca, portata direttamente dalla campagna, dal profumo stordente. Infine Melone d’inverno, dono di amici che oramai non vanno da nessuna parte senza saccocce ricolme di verdure e frutta che rovesciano in cucina, per poi mettersi solerti a sbucciare, lavare, spargere, chiedendo recipienti di misure sempre più immense per ammannire questi diluvi. C’era infatti una vasca di Rughetta e pere spruzzate di pepe verde. E Pomodori pachino, che all’epoca delle nature morte erano curiosità da orto botanico, ma quelli mandavano bagliori rossi e verdi che hanno permesso di portare in tavola un piccolo tino di ceramica azzurra e blu trovato anni fa ad Amsterdam. A fare la parte del dolce c’erano composte: Confettura di arance, marmellata di peperoncini piccanti, conserva pom-pep (pomodori e peperoni) agrodolce e con lo zenzero, mostarda di pere. Si consigliava di accompagnarle con i formaggi, ma potevano anche piovere da sole sulle fette di consistenti, scuri Pani diversi: al farro, al mais, all’anice.
Insieme a questi, un Caraway seed cake, un pane dolce al profumo di carvi che accompagna bene salati e salumi. Quindi coglioni di mulo, budello ripieno di carne di maiale magra macinata fine, con dentro una barretta di lardo che mantiene la carne magra fragrante. Alcuni lo mangiano dopo averlo immerso nel vino rosso per due giorni. E’ sia umbro che abruzzese, lì si chiama mortadella di Campotosto. Si pensa origini da famiglie contadine abruzzesi, fedeli agli insaccati di mulo, e si sia poi affermato anche verso Norcia. Ovoidali e legati a coppia, ricordano i testicoli del prezioso equino, e quella sera testimoniavano la nostra indole rustica, anche se ci si avvicinava alle tavole dei ricchi.
Che altro? Una Minestra di fagioli – fagioli, odori, un pezzo di prosciutto, e quando tutto era cotto (è stata raffreddata, il prosciutto sminuzzato, sgrassata e di nuovo riscaldata, né messo altro grasso oltre a quello del prosciutto) un paio di larghe manciate di prezzemolo e cipollina fresca. Annibale Carracci si infilava tra i pittori del Nord. Poi Aringhe, previste nelle nature morte, anche se non nella foggia in cui sono state presentate: con panna e mele, alla moda di Oslo. ll filo conduttore non filologico procedeva infatti per libere associazioni e c'erano anche due ciotoline, una con Lacrime d’amore, un’altra con Cioccolatini al peperoncino, a ricordare i sentimenti e la loro importanza anche nel XVII secolo. Quanto al décor, oltre al citato tino di ceramica celeste e blu, si disponeva di vari appropriati bicchieri, i romer con rilievi antiscivolo per mani incerte di bevitori sul punto di perdersi, di opportuni argenti con aria secentesca, e di altri ammennicoli chiamati a far figura, come un limone che srotolava la  buccia a ricciolo, tal quale ai mille che così fanno sulle tavole ed entro i bicchieri dei quadri olandesi, e di un coltello in bilico sull'orlo del tavolo, altro pezzo forte delle still life in questione. C’era poi un ospite olandese, ma fu pura fortuna. Quanto ai vini,  arrivarono, pensando alle aringhe, un aromatico, secco Gewurztraminer Saint Valentin St. Michael di Eppan 2001 e  pensando al pasticcio, un rosso San Fabiano Calcinaia, Chianti classico 1999, profumi fruttati in armonia con il Gewurztraminer, ma con sapori minerali nel retrogusto.

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Ottobre 2000. Torta di papa Pio II con pecorino e noci, tutto uno spuntino.


La Torta di papa Pio II con pecorino e noci  fu portata in tavola affettata, le fette a raggiera intorno a una ciotola con una Composta di pompelmo. In contemporanea: Insalatina di rucola selvatica; Formaggi (gorgonzola piccante, pecorino romano), Kiwi, Salame orvietano, Conserva pom-pep ovvero di pomodori e peperoni; Uva bianca e nera; Mousse di mele cotogne; Crema gelata di melone, al rum; Pane di Lariano. Dopo un po', succedeva di tutto: pane di Lariano con salame e composta di pompelmo; pecorino e mousse di cotogne... Ci divertimmo assai. 

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Ottobre pre 2000. Menu oraziano

Un menu ispirato dal rigore di Orazio (e dal suo snobismo). Un tavolo sotto una pergola, prugne con la pancetta, palline d'uva e caprino, cacio e salsicce secche  e fresche, insalata di campagna, strudel di noci, fichi secchi e freschi, miele. Prugne con la pancetta: aprire delle morbide prugne secche, togliere il nocciolo, mettervi una mandorla, avvolgerle una per una con una leggera e sottile fettina di pancetta, affiancarle in una teglia, metterle per pochi minuti sotto il grill. Servire subito. Palline di uva e caprino: procurarsi un formaggio fresco, avvolgerlo intorno a chicchi grandi di uva a buccia sottile, tagliare a metà. Ottimi Cacio e Salsicce secche, un'Insalata di campagna con la Salsiccia fresca. Uno Strudel di noci accompagnato da Miele e Fichi, freschi o secchi.

Per questo sono io a vivere meglio di te, magnifico senatore,
e per mille altre ragioni. Dove mi pare e piace,
io ci vado da solo, chiedo quanto costa la verdura e la farina,
gironzolo per il Circo, patria degli imbroglioni, e sul far della sera
spesso per il Foro; lì mi piazzo davanti agli indovini. Più tardi me ne torno
a casa , al mio piatto di porri, ceci e frittelle.
La cena mi è imbandita da tre servetti, e su una mensola bianca
stanno appoggiate due coppe con un mestolo; vicino c’è una saliera
economica, un’oliera con il suo piattino, il tutto di manifattura campana.

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Ottobre 1999. La cena della bella coppia.

 
C'è a cena un amico, in gioventù bell'uomo amato dalle dame, ora bel vecchio elegante, la testa aureolata del più candido bianco, e una capacità grandissima nell'incisione e nella pittura, di cui è vissuto; con lui la bella moglie - bella anche lei, sì, ma come una fagiana sta a un fagiano - dagli occhioni blu, che da straniera non ha mai imparato l'italiano così bene da far perdere alle sue parole ogni fascino in omaggio all'ortodossia, e ci dice "in realità", fissandoci con i suoi azzurri, invece che in realtà. Menu: Bouchée di formaggio di capra e uva; Palline di formaggio di capra con uvetta di due tipi; Taijne di pollo con uvetta pistacchi e limoni confit, la mia prima prova di taijne; Crosta all'uva con gelatina di limone, un foglio di sfoglia dove poggio dei chicchi spaccati spennellati di gelatina.
  

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Ottobre 1991. Una cena per una variopinta commissione di concorso
 


Un'intera commissione di concorso a casa nostra; tutti felici, gli universitari, non avvezzi (a cene decenti): grandi entusiasmi del tedesco che studia il comportanento dei topi di lì inferendo cosa cova l'anima nostra, entusiasmi sia folkloristici (questi italiani!) che gastronomici; quanto al milanese vecchia guardia (uno che dice che l'affettività è un epifenomeno della cognitività, e chissà che ha in mente siano l'una e l'altra cosa) si presenta da sé, serenamente, come un bruto, insistendo che mi dia alla cucina;  il romano timido e cortese si defila come uno scolaro delle medie; la torinese se ne sta trepida come una signora che spera non le capiti nulla di male. Io alle 22,30 dopo averli nutriti e sopportati mi congedo per andare a Milano e faccio così la mia figura. Menu: Spiedini con prugne, tocchetti di indivia belga e radicchio tardivo, funghi, avvolti nella pancetta, infilzati e rosolati; Suprême di pollo con riso pilaf (praticamente un piatto unico, dove al pollo si uniscono funghi, riso, carciofi); Terrina di carote con il carvi; Insalata; Poirat (pie di pere ) con gelatina mirtilli; Morellino di Scansano.

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Ottobre 1991. Inviti. L'ingegnerone milanese. 
 

Avevamo lavorato a lungo per la sua azienda, andava in pensione. Per scambiare due chiacchiere sul limitare, invitammo a cena l'ingegnerone (di stazza e di mente). A Milano ci aveva più volte portato in una trattoria da gourmet senza esagerazioni: magnifici risotti alla milanese e cotolette. Volevamo ricambiare. Menu: Indivia belga e prugne con pancetta, Sformato di capellini, Maiale caramellato all'arancia o porc au caramel, Purè di mele verdi, Sedano di Verona gratinato, Apple crumble. Chianti Fonterutoli.

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