Maggio 2024. Una cena medio orientale, terza di tre
In un felice we di maggio
mi capitò di avere tre ospiti che venivano da Bergamo e Venezia; non so
perchè, risultò improvvisamente e sorprendentemente facile cucinare,
ammannire, apparecchiare, e si fecero tre cene una dopo l'altra. Questa
fu la terza delle tre. Micragna - torta schiacciata - con verza stufata, coriandolo, cumino; Vellutata di fave con polvere di sambar e pepe di Aleppo; Riso pilaf con zafferano e uvetta; Banitsa, la chiocciola di pasta con yogurt e feta. Bulgaria; Ratatouille medio orientale con lo za'atar; Fondi di carciofo stufati (portati da Venezia da Cucurbita, che a Roma non sanno neppure
cosa siano, che si perdono); e infine l'ottimo Ravani, un dolce turco
col semolino, che avanzava da una oso dire splendida cena, tutta
veramente molto turca, della sera prima. Per una settimana potei godere
della compagnia di meravigliose peonie gialle.
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Maggio 2024. Una cena medio orientale, seconda di tre.
E' capitato che io mi sia ritrovata con tre ospiti in casa, e tre cene una dopo l'altra in un felice we di maggio. E' tutta una questione di ritmo e di danza: se si trova la giga, se la musica è giusta, le gambe che credevi non potessero muovere un passo ecco che trillano sui talloni e tutti si volteggia al meglio, tanto che ci furono tre cene di seguito e la seconda sera ci fu questo menu (soffiavano forte certe ariette, certe fantasie medio orientali): Harira. Zuppa di agnello scappato e legumi, alla marocchina;Peperoni con il limone alla Claudia Roden; Pollo marinato e verdure al forno, in stile turco ; Sampietrini di Fassi (semifreddo glassato al cioccolato nelle varianti di crema, zabaione, gianduia, caffè, mandorla e cioccolato, qui si tornò a Roma).
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Maggio 2021. Sul terrazzo che sa.
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Siamo dieci, forse undici, forse dodici, io metto sul tavolo una torta dolce e una salata, Nunchesto ci schiaffa bottiglie, altre ne arrivano. Parliamo di fascismo: chi era costui? Era un fatto, vediamo le date, vediamo le condizioni, ci ricordiamo, la storia ricorda di quando i fascisti evaporarano tutti e si ritrovarono italiani, dove sono finiti, come ci si ritrovò a fingere di nulla, è un sentimento, quale sentimento, ci siamo cresciuti tutti, è un sentimento italiano, un sentimento mai sconfermato, forse colpevolizzato, ma la colpa è così fragile, come trema, come cede, come evapora, come si rivolta, com'è incazzata, come ribolle, come rivendica cose che non sa. In breve: un nuovo seminario. Torte quali? Una monumentale che mai si sarebbe pensato potessimo quasi finire e invece così fu, si trattava della seconda versione di una certa Pizza chiena Campana con dentro un chilo e mezzo di ricotta per non parlar del resto, poi ci fu un dolce che sto provando e riprovando per giungere a perfezione, ma come si sa quella è stella polare e non approdo: la Torta di cioccolato, zenzero, arancia; infine, un Frullato di fragole, yogurt, melone e rum.
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Avevamo da spupazzare un gruppo di quattro amici in rivolta: non ce li filavamo da troppo tempo, avevano ragione loro. Abbiamo steso la tovaglia, ci abbiamo poggiato su qualcosa. Metto sul tavolo rametti presi dal terrazzo, temo ci sia anche una formica o due, spero se ne stiano quiete (almeno loro). Menu: Pane solare pensando all'Uzbekistan, Bisque gamberi e latte di cocco quasi swaili, Terrina di gamberi e spinaci con Salsa di yogurt e cetrioli, Strudel con asparagi e pane aromatico, Dolce belga (l'ennesima prova, direi che di più da lui non si può volere), Dolcetti portati da Cecilia.
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E' evidente come la penso: la convivialità lenisce il dolore; non ci vedevamo da tempo, abbiamo voluto ritrovarci, la cosa riuscì. Menu: Khachapuri Imeruli pane georgiano farcito di formaggio, una scoperta recente che faccio e rifaccio apprezzandone il guscio soffice e friabile, e l'acida, molle, fondente trippa; Cappellotti o seppiole fritti (sempre troppo buoni, rischiano di annichilire tutto il resto); Tagliarini e fagioli della Valle di Comino (questi invece sono vecchi amici trascurati, tornati in tavola gloriosamente); Timballi di rana pescatrice, cozze e asparagi (una novità riuscita); Pastiera, o pizza di grano, di Ester (arrivata da Napoli, di bontà soprannaturale, perdonate se l'ho un po' affogata di zucchero a velo); Ester meritò un brindisi che le rivolgemmo convinti
Maggio 2019. Due Riviste in quattro
La primavera sollecita a parlare di Riviste: buttano, non buttano, ci sono i pidocchi, le lumache le rosicano, guarda che belle foglie nuove, com'è l'aria che tira, potrebbe ancora venire una gelata, piove troppo, troppo poco, eccetera eccetera. Questa volta siamo in quattro. Menu: Khachapuri Imeruli, morbido pane georgiano farcito di formaggio, gloria della nazione, che rifaccio anocora una volta in breve tempo: grande successo; Pinzimonio (che il Nunche lo ami tanto lo scopro dopo quarant'anni); Terrina di zucchine, fave e asparagi (una ricetta di Nepitella che riporto alla luce e incorono con i nasturzi, quelli che le suddette lumache non hanno ancora mangiato); Vellutata di pomodori alla swahili (una delle meravigliose minestre afro-orientali che AAA frequenta molto); Gelato portato dall'ospite.
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Ogni volta che si auspica che ci vengano idee, metto sul tavolo il kitenge con le lampadine accese: non si sa mai. Oltre a quelle, ci sono la Torta d'erbi della Lunigiana, tra Liguria e Toscana in una nuova versione a fazzoletto, e - dommage! - con piselli, il che mi fa scoprire che come c'è chi muore con le fave, c'è chi rischia la vita con i piselli; uno dei convitati si astiene. Fortunatamente, nessuno è allergico ai mirtilli: Crostata alla marmellata di mirtilli e yogurt (poche cose sono belle in una torta come il geologico affiorare dei mirtilli nella crema). La finestra opalescente favorisce il rifiorire di commoventi orchidee.
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Da domani Cecilia sarà presidente, anzi presidentessa di una Fondazione; c'è poco da ridere, fa la sua matta figura, e farà cose interessanti. Su questo si brinda, felici per lei e con lei. Su altro si discetta, in tre. Sul tavolo: Lazio. Tagliarini e fagioli (una memoria dell'infanzia di campagna, condivisa con una ragazza di campagna; così tanto buoni); Terrina di zucchine di Isa (su, come cappellino, i primi nasturzi fioriti sul terrazzo, sottratti ancora intatti alle molteplici micromandibole concorrenti); Pinzimonio (scopro che il Nunche ne va pazzo); Pane casereccio di le Levain; Robiola di Beppe e i suoi formaggi ; Madama Alticcia in versione madamina, 18cm, e con albicocche. Mentre la affetto, scopro che il coltello - non lo sapevo - ha una testa (chissà da quanto tempo se ne stava a occhi spalancati nel cassetto).
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Sul tavolo: Non chiocciola con germogli d'aglio o cipollotto, Tartellette con il guacamole, Tartellette di formaggio, pere, miele. Arrivarono dei Formaggi.
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Maggio 2018. Ancora insieme, di nuovo Timballo
Ancora insieme, ancora uno spuntino - buffet, di nuovo Timballo. Inseguo timballi con scrippelle, brioche russe, dolci che vanno perfezionati, le bocche non mancano. Menu: Timballo con scrippelle, ragù e polpettine (continuo con le variazioni del paradigma teramano; prima o poi farò anche il loro timballo quasi ortodosso); Brioche russa farcita (schiaffo un ripieno di ricotta-gorgonzola-noci nella brioche che più mi pare prestarsi), Torta ai tre cioccolati mirtilli e lamponi (questa stava in Officina Riparazioni, ovvero era una ricetta su cui lavoravo da un po' perché arrivasse a compimento, e direi che ora ci siamo).
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Maggio 2018. Nuovi piatti peonie, seminari
Siamo una bella compagnia di
seminaristi, metto sul tavolo la Mealie Soup - South African Corn Soup. Mais piccante, alla moda namibiana o alla Cape Malays, una vellutata di mais
sudafricana (così facile da fare, buona, dolce e piccante); due strudel
rifatti dopo anni che non ricordavo per nulla, e che scopro assai buoni,
lo Strudel di carote speziato, e lo Strudel con carciofi, piselli, ricotta di capra ; poi Ravanelli, Fragole, Pomodorini nelle ciotole, da
spiluccare; infine, la Torta di pere ai due cioccolati, bianco e nero,
un dolce che avevo immaginato e tentato anni fa e che riprendo perché
volevo diventasse infine buono e bello; direi che ci siamo abbastanza.
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Maggio 2018. La cena del risotto con la riduzione di Amarone.
Fu la cosa più importante della cena tale risotto? Diciamo che contò la sorpresa di vederlo riuscire buono, mi avventuro a dire ottimo, senza motivi per sperarlo. Fu fatto tentativamente, molto chissà come verrà, chissà se si fa così (infatti non credo si faccia così), ma mi piacque, forse ci piaque, assai. Menu: Risotto alla riduzione di Amarone, Polpette con ameretti e uvetta , Radicchio tardivo aromatico, e una Torta di pere ai due cioccolati, bianco e nero (era la seconda tappa nello sperimentare tale dolce, solo un passaggio da un primo tentativo al terzo, dove poi approderà quasi a ciò che deve essere). Amarone, ovviamente, sul tavolo (Nunchesto ne sta provando vari produttori).
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Maggio 2018. Piccola cena per quattro, mi faccio coraggio
La qualità delle foto, poche e tremanti, fa capire che benché solo in quattro, temevo di non farcela senza l’appoggio di Teo, fuggito nelle Filippine (tornerà; ce la feci) . La cena concludeva un incontro di lavoro: cessato questo, passavamo a quella. Ho puntato su cose semplici, però con l’incognita di essere fatte parecchio lì per lì, cosa che a volte rende più facili le complicate che si fanno prima (strano: non le ho proprio messe in conto). Menu: Asparagi, pasta sfoglia, fonduta di Taleggio ( rifaccio dopo decenni un piatto a metà tra Michel Guerard e il cuoco della Certosa Di Maggiano, all’epoca molto in auge; un piatto letto in libro del primo e ritrovato sulla tavola del secondo); Risotto alla riduzione di Amarone (era già nella recente Cena del risotto all’Amarone; della facitura oramai se ne è appropriato Nunchesto, che non me l’ha fatta toccare); Magret d’anatra in insalata di foglie e frutta ( anche questo un piatto di molti anni fa, che riscopro buonissimo; il più è avere il magret, che richiede un taglio che i nostri macellai in genere ignorano); Balouza di fragole con dadolata di fragole e gelatina di melograno (una balouza, praticamente; aveva anche l'acqua di rose; lieve lieve, mangiata pure da una dama che non mangia dolci). Champagne Moncuit e Amarone Speri.
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Maggio 2018. Fare l’una di notte senza accorgersene
Non è consuetudine. Trattiamo con un certo garbo la nostra vetustà; però le ore passano veloci e non ci pentiamo: siamo in sette, due taciti e meditabondi, un cinquestelle convinto, quattro di sinistra laica; non ci si insulta, si prova a confrontarsi. La questione sarebbe procedere con una Rivista, il link tra quelle questioni e questa è pertinente; ci lasciamo con un comune progetto. Menu: Fusilli aperti con le sarde in timballo, con top di ricotta alla cannella ; Flan con il Taleggio; Insalata di pomodorini spaccati (proprio tal quali, nemmeno conditi: olio d'oliva e.v. e sale in tavola per chi voleva) Balouza di fragole e pere con dadolata di fragole e gelatina di melograno; Gelato di cioccolato e gelato di pistacchio; Dolce freddo con frutta.
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Maggio 2017. La cena dei tempi che picchiano duro, ma con pasticcio di anelletti primaverile
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Maggio 2017. La cena dei tempi che picchiano duro, ma con pasticcio di anelletti primaverile. I tempi picchiano duro, strappiamo al maglio che ci sfiora una serata tra amici; lancio sul tavolo un pasticcio di anelletti che rievoca Palermo. Gli affido la serata, che ci consoli. Azzecco anche il resto: è tutto molto comfort food. Menu: Pasticcio di anelletti primaverile con asparagi carciofi; Piccoli flan di ricotta al limone con pois di piselli; Hamburger della zia Renata, succulenti; Pain aux oignons, o paté di cipolle, finalmente ottimo; Paté aux courgettes, o paté di zucchine; Creme brulée al cioccolato bianco e cardamomo; Muffin al limone, Muffin alle gocce di cioccolato (questi li porta Polsonetta, che aveva un po' di tempo per i fornelli). Sauvignon Vieris 2014 di Vie di Romans, Amarone Pegrandi 2011. Alla fine Nunchesto si presenta, inopinatamente, con Vin brulée in ciotoline da sakè.
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Maggio 2017. Lo spuntino della visita al museo
Raduniamo anime giovani che non hanno mai sentito parlare - che so - di Galata morente, per non parlare di Acroliti, e via tutti a palazzo Altemps. Poscia, spuntino intellettuale. Sul tavolo: Brioche galante, Pomodorini, Dadini di fontina valdostana, Torta della signora Vittoria, Crostata superfondente, Frullato di fragole, gelato di fragole, succo di mirtilli neri e wodka
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Maggio 2016. Napoli dona ospitalità aristocratica come se gli piovesse naturalmente giù dalle dita
Vieni accolto come ospite prezioso, quando
non ce n'è poi serio motivo, e quasi ti si convince che tu lo sia; segui
l'offerta incantato, ed ecco ti si aprono terrazze profumate di fiori -
qui certe rose dalla capa pesante folleggiavano fino alla pazzia.
Taralli golosi, Spilluzziacamenti di parecchi tipi, Scamorza affumicata, Treccia di bufala, Parmigiana
e Gelatina di limone fatti dalla mamma, Rustico (poveretto chi non sa cosa
sia) comperato nel vicolo da chi sai tu, certa Verza stufata dalla
padrona di casa fino a caramellamenti soavissimi, Fragole in coppa di cristallo. Tutti quei Pasticcini
non mi ricordo da dove venissero, ma sono sicura che furono acquistati
con pensamenti e comparazioni: si fa sempre così. Mancavano i Fiocchi di
neve solo perché la pasticeria del Rione Sanità che ne detiene il
segreto malaugaratamente chiude il lunedì, ma si moltiplicarono le
promesse di farmeli assaggiare indubitabilmente alla prossima (e io ci
conto). Ovvio che la conversazione non fu da meno: vispamente
napoletana. Il padrone di casa andava di conserva con la sua dama, e i
pargoli prima di andare a letto sono passati a imparare come si fa. Menu: Taralli, Spilluzziacamenti di parecchi tipi, Scamorza affumicata, Treccia di bufala, Parmigiana, Verza stufata, Rustico napoletano, Gelatina di limone, Fragole
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Maggio 2016. Campania. Furore. Un maggio furioso a Furore, e una dolce compagnia
>Torniamo a Furore, le amiche ci viziano e spupazzano dolcemente, maggio soffia e spruzza bizzarramente, il precipizio di Furore freme di azzurri bagnati e nuvolosi, ci avvolgiamo in ogni sciarpa, ispezioniamo l'orto con le sue belle macere, gli ultimi piselli, i maestosi carciofi, la rigogliosa finocchiella; la cucina sbuffa soave caldi vapori, mani industriose leste allestiscono, il pranzo meridonale scivola lietamente verso le tre tra chiacchiere e babà. Menu: Pasta e piselli dell'orto, Provole, Mozzarelle di bufala, Ricotta di bufala- precisazioni: sulla mozzarella ci va il pepe - Olio d'oliva del podere della Volpe Pescatrice sul pane locale, Insalatina, Rustico napoletano con acqua di fiori d'arancio e limone, Frittata di cipolle, vino di Furore, Babà di Cimmino.
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Maggio 2016. Una casa che vola su Pompei.
Avevo sentito parlare da anni di questa casa proprio affacciata su Pompei; non la città moderna, ma le rovine, la città perduta e ritrovata. "Sapessi, vedessi" mi diceva chi c'era stato. Fortuna volle che a maggio l'amicizia mi ci portò; questo maggio pieno di piogge, spifferi e nubi, così verde, fresco e mutevole. Anche Pompei luceva di pioggia, e se una sciarpa ti faceva comodo, quando compariva il dardeggiante sole ti faceva desiderare le nuvole, che misericordiose la maggior parte del tempo ci fecero amica ombra risparmiandoci diluvi. Le pietre, non secche e arroventate ma ma palpitanti, inumidite, ammuschiate e inghirlandate, sembravano vive; più vive negli scorci senza nessuno, con viali d'erba che piede di fantasma non piega ma certo percorre; almeno, sembrava. Pompei è densa, e più ricca di antichi abitanti che di attuali turisti; questi, per quanto molti, sembrano solo sperduti passanti. Desiderio di vederla di più, un po' di più; a ogni angolo compare una via, una casa, una bottega, un edificio pubblico, un sasso con un simbolo, un muro dipinto, e vorresti fermarti, infilarti, chiedere, rimirare. La casa affacciata sulle rovine, in cui la propietaria non abita, ma cova affettuosa dopo esserne stata a lungo lontana, ci offrì un ricco spuntino portato come un pic nic: Polpette al sugo, Insalata, Provolone di due tipi>, da comparare, Composta di frutta, Mozzarella di bufala, Fagiolini con i pomodori, Taralli squisiti, Venica Ronco del Cerò, Furore Riserva di Cuomo.
Vieni accolto come ospite prezioso, quando
non ce n'è poi serio motivo, e quasi ti si convince che tu lo sia; segui
l'offerta incantato, ed ecco ti si aprono terrazze profumate di fiori -
qui certe rose dalla capa pesante folleggiavano fino alla pazzia.
Taralli golosi, Spilluzziacamenti di parecchi tipi, Scamorza affumicata, Treccia di bufala, Parmigiana
e Crème caramel fatti dalla mamma, Rustico (poveretto chi non sa cosa
sia) comperato nel vicolo da chi sai tu, certa Verza stufata dalla
padrona di casa fino a caramellamenti soavissimi, Fragole in coppa di cristallo. Tutti quei Pasticcini
non mi ricordo da dove venissero, ma sono sicura che furono acquistati
con pensamenti e comparazioni: si fa sempre così. Mancavano i Fiocchi di
neve solo perché la pasticeria del Rione Sanità che ne detiene il
segreto malaugaratamente chiude il lunedì, ma si moltiplicarono le
promesse di farmeli assaggiare indubitabilmente alla prossima (e io ci
conto). Ovvio che la conversazione non fu da meno: vispamente
napoletana. Il padrone di casa andava di conserva con la sua dama, e i
pargoli prima di andare a letto sono passati a imparare come si fa.
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Maggio 2016. Nunchesto apre uno Chassagne Montrachet Premier Cru, io ci metto un Provolone del Monaco
Nunchesto apre uno Chassagne Montrachet Premier Cru, io ci metto un Provolone del Monaco. "Te lo ricordi il paesello di Chassagne-Montrachet?". "Sì, come no, me lo ricordo" - Borgogna bella. "Allora apro un Premier Cru". "Prendi due bicchieri, io ci metto un Provolone del Monaco e ripasso i Vermicelli con i pomodorini gialli del Vesuvio". C'è anche un po' di Pane stella con peperoncino, lo scaldo, diventa ben croccante. Festa domenicale.
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Maggio 2016. Lo spuntino Facciamoci venire un'idea
Siamo a fine lavori, abbiamo ancora un paio di seminari da spendere proficuamente, facciamoci venire un'idea. Per aiutare, tre torte: una Torta di riso come in Liguria, una Caprese al limone, una Torta Atuttosirimedia (cioccolato molto amaro, uova, marmellata di limone, senza farina).
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Maggio 2016. Uno spuntino propiziatorio per una Rivista
Tra scricchiolii d'ossa e di menti, chiacchiere intelligenti come vane, dubbi, slanci un po' di qua e un po' di là, dibattiti, assenze e presenze - c'è chi sta a Gand, chi a Boston, chi in Sicilia, chi a letto con l'influenza ed è qui solo in pectore - continuiamo a tessere la tela di una Rivista che miracolosamente prosegue il suo corso negli anni (deve pue avere uno scafo, e una vela, dei marinai, un capitano, non si può che supporre). Sul tavolo lo Scudo d'Atena, Ndunderi - gli gnocchi della Costiera - con pecorino e cozze, una Brioche all'aglio,la Caprese al limone.
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Maggio 2016. Un diner in due tappe
E' capitato che l'assenza
dell'ospite il giorno designato e la sua ricomparsa il successivo, per
un concatenarsi, come si dice, di circostanze, ci abbia portato ad
apparecchiare la tavola e far fuori un piatto, poi a lasciarla lì fino
al giorno dopo e far fuori il resto. Menu:
Paté di ricotta e prosciutto al Lagavulin, Vermicelli con pomodorini gialli vesuviani, Insalata di limoni della costiera amalfitana (il piatto di cui l'ospite non ha avuto
sentore),
Pani - brioche intagliati: all'aglio, al peperoncino,
Torta di frutta e meringa di Aida.
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Maggio 2015. La cena delle tre Grazie
Ancora un piccolo incontro, una cenuccia, una cenetta, per le tre Grazie che vengono a progettare con noi il lavoro di sabato; consoliamoci fin che si può. Non so come siano finite sul tavolo queste cose, come mi sia venuto in mente di farle, per una volta non ricordo niente, eppure la cena è di pochi giorni fa, comunque: Crema di avocado al coriandolo su pane casereccio, Minestra di broccoli e arzilla, Tatin di asparagi e patate, Papaya e meringa,Dolcetti Le Levain. E poi apparecchiatura tutta dischi.
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Maggio 2015. La cena delle peonie
Sono tornate da noi Le Tre Grazie, e si parlava di lavoro, anche. Non che abbiamo mangiato quelle, ma tutto è nato dal ricordare una certa pezza africana color ruggine, e quanto stia bene sul tavolo, e dall'aver voluto fiori, e dall'aver pensato che certe peonie tra il ciliegia e il cremisi ci sarebbero state bene. Poi ho tolto il vaso dal tavolo, che troppo troneggiava, ma gli ospiti sono stati accolti da quello, e poi si è ripiazzato lì, e ancora ci sta. Menu: Tartellette con crema d'uovo sodo, una alla menta e cetrioli, l'altra alla paprika; Clafutis de reblochon aux mirabelles,con l'amata congiunzione salato, acidulo e note dolci; Tatin di cipolle rosse, un vecchio piatto rifatto dopo anni con piacere, perchè le cipolle rosee e spampanate sono molto rose di maggio; Zuppa sarda di carta da musica, finocchiella e agnello scappato, Insalata di foglie e frutta, Caprese portata in dono, per niente caprese, ma molto molto buona, fondente come se ci fossero castagne. Champagne per cominciare, poi Amarone, poi un Calvados.
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Maggio 2015. Festeggiamenti improvvisati e pugni sul tavolo
Ecco tutti i piatti di una cena di festeggiamento del tutto improvvisata, al pomeriggio per la sera (fino all'ora di pranzo si andava a cena fuori, poi dopo l'assaggio della terrina, a mezzogiorno, si disse - egli disse - ma perchè non mangiamo in casa?). Cena che è stata anche di pugni sul tavolo (almeno due volte, ho apprezzato la pezza spessa che lo copriva); pugni miei, con strida (per quelli che mi pensano dedita al solo tranquillo ricamo) mentre mezza Italia andava al voto. Non ero l'unica a urlare. Eravamo tre. Menu: nell'ordine, non canonico, sia perché si trasgredisce, sia perché gli spaghetti erano l'unico piatto da fare all'ultimo ultimo momento: Fougasse con le olive, che ci hanno impedito di cadere a terra con lo Champagne Pierre Péters mentre si attendeva il resto; Budini al vapore alle erbette, con culatello; Terrina di maiale al ginepro; Insalata mista; Friggitelli; Spaghetti al pesto di friggitelli e noci; Plateau de fromages: Gur Noir, Reblochon, Saint Nectaire; Lochauthym; Torta borgognona ai mirtilli. Valpolicella superiore Zanoni.
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Maggio 2015. Cena con il plov di Samarcanda: nostalgia dell'Uzbekistan
Per una cena uzbeka occorrono molte ciotole, e un plov. Mi ci metto
ancora una volta, affronto un mondo di colori in cui non nacqui, ma che
mi pare di intuire, convoco pezze, piatti, e non ultime, le rose di
maggio, ma anche gli oleandri, la lavanda. Ricordo gli orticelli di
Bukara, tutti ricamati, le aiuole di Kiva, piccole e amate. Voglio
provare il plov che bolle riso e carote da una parte, carne dall'altra,
poi coniuga, e condisce tutto con abbondante cipolla. Rievoco i pani
farciti e acchiocciolati, le spirali: questa volta, patate. Faccio una
balouza - licenza poetica - ma con il melone, di cui erano così ricchi,
forse lo sono ancora. Menu: Insalate uzbeke, Cavolfiore e foglie di menta e salvia fritti, Plov di Samarcanda; Non con patate cumino coriandolo, Balouza di melone.
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Qualche congiunzione felice di astri volle che fossimo a Capalbio in una tersa giornata di maggio, quando il mondo ammiccante ti dice vieni vieni, e non mostra nulla delle sue grinfie. Tu sai che è per poco, ma come volentieri si cede! Quindi, aria fresca, luce luminosa, rose al loro meglio, anzi le meglio rose, le pieghettate, le odorose, le figliole delle centifolie, e poi distesi panorami capestri, e promesse da un mare nascosto ma prossimo. Soprattutto, cari amici ospitali e cari amici ospitati. Sul tavolo: Ravanelli, Salsiccette e Biscotti salati, Fiadone, pizza pasquale molisana con Fave fresche con pecorino, Pomodorini fondenti, Cous cous con Pesce 1 e 2 , Rattatuglie (e muta) di Polsonetta con olive, pinoli e pangrattato, Non dolce, pane uzbeko con pasta di datteri, albicocche secche, noci, Torta di crema al limone, Fragole, Ciligie.
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Maggio 2014. La cena uzbeka con il plov degli sposi
Con l'Uzbekistan nella testa ne esploriamo la cucina. L'Uzbekistan è audace, anche lo stanziale ha ancora in testa la festa armonica, policroma e sorprendente di una yurta, che piazzata in territori che spazi monocromi e luminosi dilatano per ogni dove, sembra non vi sia altro oggetto, e si configura come un universo che esaurisce i colori immaginabili. Allora, allestiamo questa tavola. Come pare sia per le feste uzbeche, è tutto intorno al piatto regale, il loro pilaf, lì detto plov. L'impegnativo plov fatto di riso, carne, cipolla, carote, spezie che si accompagna con piattini di verdure, cose fresche, cose piccole, però mille. Andando dietro alla memoria di quanto mangiato in Uzbekistan, fantasticando da uzbeka, ricordando il bazar di Samarcanda, così fu il menu:
Insalata di rape rosse e patate, lessate separatamente e tagliate a dadolini, condite con coriandolo fresco, cipollina, olio d'oliva, sale, pepe. Spesso mangiata lì. Uova di quaglia con melograni; queste non la mangiammo, ma vidi così tante uova di quaglia e pile di melograni nel bazar di Samarcanda, che spero sia abbastanza uzbeka. Carote e ravanelli: non ci fu mai antipasto privo di carote a julienne sbollentate, e nel mercato ce n'erano piramidi, come c'erano sacchi di ravanelli. Con semi di coriandolo risultò congiunzione squisita. Chebureki, ravioli fritti con patate; pare sia un piatto russo, sono molto piatti, di sottile pasta, ripieni di carne il più delle volte, ma anche - ottimi - con patate, coriandolo e cumino; le samosa indiane sono le tatare samsa arrivate in India attraverso la via della seta o forse tramite i Timuridi: siamo a un incrocio che fa girare la testa. Agretti all'uzbeka; questa è una verdura di litorale laziale, figurati; un qui pro quo l'ha portati in casa, fu acconciata all'uzbeka con l'onnipresente coriandolo, che ci sta benissimo. Cavolfiore fritto come in Uzbekistan.
Ci furono Pani uzbeki lievitati, solari, trapunti con il Chekich, gli stampi ad aghi di Khiva, rotondi, pressati al centro, spennellati d'uovo; fatti avventurosamente; buonissimi, non sapremo mai più rifarli.
Infine lui, il Plov. Il pilaf di riso dell'Uzbekistan della signora di Samarcanda, che è quello che si fa per i matrimoni in calderoni enormi per 1000, 1550 persone; un plov da uomini e da maestro del plov, pagatissimo, circondato di assistenti, importante. Non l'ho trasbordato dal wok - la loro pentola è similissima - cosa complessa in quanto carne che soggiace e riso che sta su non vanno mescolati, ma va prima prelevato il riso e poi la carne, e per farlo bello l'ho disseminato di grani di melograno.
Poi è arrivato uno Strudel di noci, con pasta alla farina di noci, ripieno di noci, con salsa di yogurt e marmellata di arance; ritenuto consono anche se mai visto da quelle parti; nel frattempo mi sono convinta che lo strudel ha origini centro asiatiche, le noci sono molto uzbeke e lo yogurt pure.
Non mancava un cappello uzbeko, come quello che portano tutti signori di laggiù con gran giovamento della loro eleganza. Nero e bianco fuori, coloratissimo come mai immagineresti dentro. Per apparecchiare ho messo sari indiani, cineserie, qualcosa di isalmico, porcellane dorate "alla russa". Riassumendo: Insalata di rape rosse e patate, Uova di quaglia e molograno, Carote e ravanelli con semi di coriandolo, Chebureki, ravioli fritti con patate e menta, Agretti all'uzbeka, Cime di cavolfiore fritte, Pane uzbekiggiante, Plov degli sposi, Strudel di noci con salsa di yogurt e marmellata di arance.
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Maggio 2014. Spuntino con Chebureki, ravioli fritti dei tatari
Menu: Chebureki; Lasagne verdi al coriandolo (besciamella, mozzarella, robiola e lasagne di Pasta verde al coriandolo come si fa in Uzbekistan); Somsa (un primo tentativo; sono le samosa arrivate in India dall'Asia Centrale con i traffici della via della seta, o con i Timuridi, chissà) le ho farcite con gli avanzi di verdure della prima cena uzbeka (carote sbollentate condite con semi di coriandolo, rape rosse e patate condite con coriandolo fresco), singolarmete buone quelle con gli impropri agretti all'uzbeka, che ho messo dopo averli molto ben strizzati. Chak chak, ovvero struffoli tatari (anche qui un primo tentativo di cicirchiata tatara).
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Maggio 2014. Cena uzbeka numero due
Confesso, confesso, confesso, ho un numero imprecisato ed eccessivo di meravigliose ciotole fatte in Russia per il mercato islamico, e una cinese fatta in Cina per il mercato dell'Asia Centrale. Le schiaffo sul tavolo. In ognuna c'è un'insalata: rape rosse, patate, coriandolo fresco; carote al vapore, semi di coriandolo, ravanelli; daikon, nespole, menta; carote, daikon, cetriolo, yogurt, erba cipollina; qualcosa mi sfugge. Poi una tutta di ravanelli. Poi le ciotoline turche con: Uova di quaglia - Grani di melograno - Confettini (non tutto insieme). Presto avrò un foulard in testa, un lungo abito di velluto tutto lustrini, le pantofole di panno, un par di calzette corte rosa e nere con occhi e bocca. Esattamente: in Uzbekistan, matrone con calzette con la faccia. Maledetta me che non le ho comperate quando le ho viste, non avevo capito, e ovvìa non era così immediato. E' il secondo tentativo di cena uzbeka, la prima ebbe un plov degli sposi, questa un plov con molte erbe. Per l'apparecchiatura c'è una tovaglia africana rossa e nera, uno scialle indiano (già più pertinente) e un ricamo del Nord Europa; i tovaglioli sono ricamati a punto Assisi (molto cattolici, ma...). Piatti assai a fiori, qui va meglio, penso ai suzani. Poi il citato "pezzo forte" delle ciotole, sempre mille sui tavoli uzbeki. E una rosa; e con essa, la Persia. C'era anche del pane ispirato ai pani uzbeki, spennellato di rosso d'uovo e cosparso di semi di nigella. E' venuto così buono, ma così buono, e non so perché. Certo, buonissimo anche perchè portato in tavola appena fatto.. Trovo anche un nuovo modo di fare i Chebureki, i ravioli fritti tatari con patate, coriandolo, cumino nero; il ripieno è lo stesso dei primi ma la pasta è più buona. Menu: Buhorocha bahsh palov, green plov, pilaf verde. Uzbekistan; Molteplici insalate uzbeke; Chebureki; Pani uzbeki lievitati, solari, trapunti con il Chekich. Come dolce, Chak chak, gli struffoli tatari. Certo, non ci si improvvisa tatari così facilmente, ma forse, scavando un po', ritroviamo la via della Seta che è in noi.
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Maggio 2014. Spuntino con Shuit ashi, shuvit oshi, tagliolini verdi all'aneto, green noodles, specialità di Khiva
Per il primo pranzo sul terrazzo. Menu: Shuit ashi, shuvit oshi, tagliolini verdi, specialità di Khiva , e per accompagnare, un piccolo Arrosto di agnello e dei rotondi, solari Pani uzbeki lievitati, solari, trapunti con il Chekich, lo stampo ad aghi che li marchia con rotondi disegni.
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Maggio 2012. Si va a Furore
Trascirvo le note con cui ho accompagnato il viaggio prima passando da Napoli, poi arrivando Furore. Eccole:
- Siamo a Napoli, in una casa ospitale. Le finestre danno sulla verde massa cupa di villa Floridiana, di cui ricordo i giardini affacciati sul mare e le belle porcellane. Dopo una pastiera buonissima, mai vista, sgranata e morbida e umida, un po' spampanata, hanno tirato fuori due chitarre e si sono messi a cantare, prima uno, poi due, poi tre; così, alla spicciolata, prodigando manciate di una ricchezza musicale che sembra non finire mai, tutte le vecchie canzoni napoletane, dolci e ironiche, tutti partecipi di questo tesoro segreto così presente per loro e invece quasi perduto per noi.
- Oggi si va a Furore, luogo da sempre solo sfiorato, nel fiordo che incanta, con un nome che è irresistibile sirena.
- Furore si chiama il paese, e sta alto sul mare.
- Alti muri di pietra rinserrano orti che neppure l'incuria rende sterili, e che, se nuovamente amati, se vi si fa crescere l'insalata, il pomodoro, la vite, l'ulivo, il gelso, l'albicocco, si prodigano a gettarceli in grembo a manciate generose, unendovi tante erbe selvatiche e buone che di più non si può, che Antonella va conoscendo una dopo l'altra per le sue zuppe e insalate.
- Non avevamo ancora messo piede a Furore, che il secondo passo è stato entrare nelle cantine Cuomo, guidati dalla spiccia signora che ci illustrava la sua grotta che ha richiesto tre anni di scavo a mano, ovvero con umani armati di martello pneumatico. I nostri ospiti che hanno casa e vigna lì le danno la loro uva.
- Se gli dei volessero dire che abitano a Furore, ci crederemmo. Io sono stata loro ospite, mi sono vista offrire un formaggio d'oro, ho voluto sapere tutto. Ecco la notizia: L'azienda agricola La Volpe Pescatrice, in collaborazione con Gregorio Avitabile, pastore casaro con ovile in Tovere di Amalfi, ha inventato un nuovo formaggio, il Casone, in omaggio alla denominazione del luogo e in riferimento al caseus. Ci si tiene a notare non è il piacentinum ennese, che ha anche il pepe. Antonella, la locale dea, dice: Il Casone, grande cacio e nome con cui viene identificata la nostra casa, nasce a dicembre dello scorso anno dopo il primo raccolto di zafferano. Ci ritroviamo con un barattolino di stimmi e pensiamo di proporre a Gregorio e Carmela Avitabile, grandi casari di Tovere (frazioncina di Amalfi), di provare a produrre un pecorino allo zafferano. Con un grammo di zafferano e dieci litri di latte di pecora si produce un chilo di formaggio. Quello che abbiamo mangiato insieme aveva una stagionatura di quattro mesi. Ora stanno provando una stagionatura più lunga. L’idea di produrre il Casone nasce anche dalla voglia di valorizzare alcune sperimentazioni della Comunità Montana dei Monti Lattari, che alcuni anni fa ha provato la coltivazione del crocus sativus nei terrazzamenti con vigneto a pergola. Sotto la vite viene una buona produzione di zafferano. Questa cosa ha avuto su di noi un grande fascino e l’avventura è cominciata.
- Il pranzo sotto la Pergola del vitigno che caratterizza il bianco di Furore, il ripolo, è stato accompagnato dal vino che altre viti più anziane produssero, e che quella pure dará quando crescerà. Il mare invitava a diventar gabbiani e librarsi sull'abisso oltre il verde sprofondo. Menu: Fior di latte al limone, Mezzanelli lardiati con pomodorini del piennolo, Pancetta e Salame di maiale agerolese, Pane abbrustolito alla carbonella, Formaggio Casone allo zafferano, Zucchine a scapece, Melanzane a scapece, Insalata di frutta, Ciliegie, Dolcetti napoletani .
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Maggio 2012. La cena superleggera
Uno di noi era a dieta stretta (poco sale, niente formaggi, poca carne, farine integrali eccetera); mi sono presa lo sfizio di mettere tutti a stecchetto, ma di non farli piangere. Eravamo in dodici. Menu: Lasagne con i carciofi, Zucchine ripiene di pesce, Verdure ripiene di carne, Ratatouille come Michel Guerard Minceur, Pane senza impastare integrale, Patè verdegiallo tuttasalute, Bavarese di pere (cedimento).
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Maggio 2012. La cena del pollo alla birra
Un'amica a cena e la voglia di provare di nuovo il pollo alla birra. Menu: Crema di peperoni e pomodori rossogialla, Pollo alla birra, Ratatouille dell'infanzia, Bavarese di fragole.
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Maggio 2012. La cena della spigola sul terrazzo
Da quando il terrazzo è in pace e con lui le tormentate piante che dopo le botte ricevute stanno riprendendo fiducia negli umani e nel tempo allungando rami, mettendo foglie, facendo fiori, è un piacere mangiarci; svelta cena con amiche, e questo menù leggero: Rape siriane sott'aceto, Crema di pomodori e peperoni rossogialla, Spigola al cartoccio con limoni confit, Asparagi arrosto, Frullato gelato di ananas e yogurt.
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Maggio 2011. Venezia. Una cena primaverile tra fragole e asparagi
Rialto, ancora segnato dai leoni ruggenti che contrastano il progetto di togliergli il mercato del pesce all'ingrosso, era pieno di fragole e asparagi. Gli asparagi andarono su dei Crostini di asparagi bianchi con salsa olandese al vino bianco,le fragole in un Trifle con crema di fragole; tra gli uni e le altre, delle Spigole selvagge all'acqua pazza.
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Maggio 2011. La cena del porcetto, tutta sarda e di tutto riposo
E' bastato fare la spesa. E' un tema che merita: come invitare gli amici senza spaventarsi. Il caso felice vuole che abiti in un posto che ha un sufficiente numero di negozi e mercati. Per questa cena, due negozi di prodotti sardi. Uno operoso e industre di dame che tirano chilometri di pasta (malloreddus, culurgiones, seadas al contempo bottarga, pane guttiau eccetera), un altro, Cosas Preziosas di via Giulia, che importa tutto dalla Sardegna, con propotti particolari. Tutto è partito da un porcetto ordinato a quest'ultimo intorno a Pasqua, quando fanno arrivare maialini da latte dall'isola al continente, come dicono loro. Menu: Culurgiones di patate e menta, Crostini di fave fresche, macco di fave e pecorino, Porceddu arrosto, Pinzimonio, Patate in padella, Formaggelle, Seadas. Nunchesto ha servito Amarone Masi, che piace all'ospite, scoprendo che ha smesso di bere vino.
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Maggio 2011. Uno spuntino sul terrazzo: baccalà con i peperoni e crema di lenticchie rosse
Per un rapido spuntino in una giornata romana di fine maggio in cui un sole clemente si adornava di refoli, ho ammannito Baccalà con peperoni accompagnato da Polenta bianca e da quattro ciotoline di Crema di lenticchie rosse fredda. Pomaurea e Coriandola chiacchieravano, la prima mostrava il disco volante racchiudente collana che alla sera avrebbe portato a Polsonetta come dono di compleanno.
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Maggio 2011. A cena da Nepitella
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Maggio 2010. Cena della terrina di pere e gorgonzola
>Eravamo in sette. Ho desiderato far piovere sul tavolo tutto, e tutto insieme. Gougeres al formaggio, Panzerotti con il salame e la ricotta, Alici imbottite e fritte. Terrina di gorgonzola, pere al vino rosso e pan d'épices, Vellutata di pere e gorgonzola dolce con Crostino di gorgonzola piccante e caprino e gheriglio di noce. Creme brulée al cioccolato bianco e cardamomo e Dolcetti di Bocca di Dama. Montepulciano d'Abruzzo Marina Cvetic Masciarelli 2006, Vulcaia Fumé Inama 2007.
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Maggio 2010. Una piccola cena per tre con il maiale in agrodolce
Un'amica ha un lavoro faticoso e viene a parlarne con noi, la giornata ci ha impegnato tutti fino a tarda sera, c'è bisogno di un piccolo menu di veloce preparazione e abbastanza consolatorio. Chupe di camarones, Terrina di carote e gamberetti, Maiale in agrodolce, Tarte au citron.
Maggio 2009. Un menu di pesce di Cucurbita Serenissima
Un veramente strepitoso menu di pesce, la cui architettura va meditata, dove ogni piatto non solo si accompagna all'altro, ma si giova della procedura dell'altro. Menu: Zuppetta di coda di rospo; Cannelloni allo zafferano con farcia di pesce su salsa di piselli; Trancio di branzino con cipolle in agrodolce e crema di fagioli cannellini
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Maggio 2009. Una cena primaverile
Crostini con crema di pecorino ed erbette. Crostini con crema di uovo, ricotta, curry verde. Terrina di spinaci, prosciutto, asparagi, piselli. Uova monachine. Polpette al curry con crema di carote. Frullato di anguria, melone, marmellata di fragole, rum. Inoltre, ho servito dei bicchierini di Gelato di vaniglia con marmellata di amarene.
Maggio 2008. Uno spuntino da Paola e Alberto
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Maggio 2008. Toscana. AAA all'Argentario, la vigilia.
Sul Monte dei Frati un piccolo drappello in avanscoperta si gode la vigilia dell’incontro AAA. Dolcesca e Marco covano amorosi la bella casa in fondo allo scarrupo, a maggio orlato di setosi cisti viola e odorosi ciuffi di finocchiella; la casa annidata nel bosco, che dà sulle luminescenti acque della laguna. La covano, ma anche generosamente la aprono agli accademici lieti. Ultimi preparativi si intrecciano: un tavolo ha bisogno di una gamba, una parete di una luce; si contano le pentole, per Dolcesca mai abbastanza e mai abbastanza grandi, ci si chiede quale tavolo si userà, se dentro, se fuori, si tasta la pungente arietta notturna di maggio, si valuta la capienza del tavolo interno. Ma pure si compera una rana pescatrice la cui testa va in pentola per la Zuppa di rana e indivia riccia della vigilia, si ordinano tonno e mazzancolle, aggiungendo seppie per Seppie asparagi e patate questa sera, Artemisia acchiappa per la coda delle pere ammaccate che stavano per volare nella spazzatura e ne fa una Composta di pere e zenzero per accompagnare le raccomandabili Ciambelle rosa del forno di Porto Santo Stefano. Dallo stesso forno proviene una squisita Focaccia con acciughe e mozzarella, e appaiono Carciofini sott’olio che Dolcesca raccomanda. Il vino bianco sparisce che è un piacere e fa aumentare di una bottiglia il calcolo per domani, già di manica larga. Si chiacchiera e si richiacchera. Tutto questo promette bene. Foto di Artemisia, che si trova nel suo brodo: persone in movimento e buio pesto.
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Maggio 2008. Toscana. AAA all’Argentario. Uno spuntino prima della festa
Siamo nella cucina di Dolcesca e Marco; guardate come ricoverare le bottiglie dell’olio, dell’aceto; le tartarughe appese per la coda sono grattugie indiane. Alla sera saremo tutti insieme, ma noi fortunati siamo già lì a mangiare il Ciambellone dei Passionisti, con zenzero e pepe bianco insieme con il caffé della mattina; a pranzo c’è un’Insalata con i fiori dell’aglio e gli ottimi Formaggi e le buone Gelatine de La Parrina; ma la nostalgia va soprattutto il delicato, fresco Ravaggiolo; il Miele al pistacchio ammiratelo, sappiatelo ottimo quanto bello e fateci una croce sopra: è di un amico che fa produzione per sé e gli amici, haimé.
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Maggio 2008. L'Accademia degli Affamati Affannati all'Argentario. La sera della festa
Maggio 2004. La cena delle scimmie
Eravamo in otto. Menu: Fave catalane, un ottima combinazione primaverile la cui gradevolezza mi ha spinto a rifarla più volte; Chioccioline salvia cipolla, piccanti; Spaghetti alla chitarra con bottarga e limone; Polpettone in rete con carciofi e asparagi, esperimento riuscito; Crostata marmorizzata ai due cioccolati, l'anatra zoppa della serata (ce l'ho ancora con lei).
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Maggio 2004. Nunchesto si produce con una zuppa di agnello
Menu: Quenelle di crema di pecorino e fave fresche; Zuppa sarda di agnello e finocchiella; Formaggi: Langre, Selle sur Cher, Brillat savarin, Brie de Meaux; Pane di farina kamut con uvetta; Pane integrale al miele; Crostata con cioccolato all'85% e mandorle.
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Siamo addirittura nel 2000, era maggio, si cenò sul terrazzo. Eravamo impressionati dalla data, si saltava in un altro millennio, non avevamo idea di cosa avremmo trovato, eravamo abituati al Novecento, c'era un po' di tremore (giustificato, come sempre). E poi c'era Salvatorina, la micia prudente e tutta seria, che non sorrideva mai ed era costantemente combattuta tra il venirci incontro e lo svicolare. E così si sfogava dandoci innumerevoli, ritmiche, morbide, seducenti capocciate contro le gambe, senza stancarsi; ma non si poteva prendere in braccio, nemmeno darle una grattatina. La quarta di quattro fratelli, tre micie bianche e nere, un micio tutto nero, una madre giovanissima smilza e nera, dagli occhi di ghiaccio, che ce li scodellò sul terrazzo. Dopo poco andò via e restarono i micetti a correre lievi come folletti e a rintanarsi in tubi strettissimi, uno dietro l'altro, a ogni immaginato pericolo; poi due andarono in campagna e restò il gatto nero che nella notte se chiudeva gli occhi spariva, e lei, Salvatorina, intelligente e schiva, sottomessa da lui, lo spaccone. Poi Topo morì (così si chiamava il tuttonero, che da piccino si meritò il nome dopo un gran temporale che lo ridusse a topino) e restò lei, che dopo un profondo lutto - alla fine si amavano - si avvicinò finalmente a noi, per costellarci di capocciate amorose, conquistando la permanenza in cucina. Salvatorina, perché la credevamo, appena nata, Salvatore. Menu: Gaspacho, Strudel di salmone, Strudel di carciofi. Il resto è dimenticato.
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Un po' ci riuscirà, un po' no; oggi quegli amici sono lontani, ma non dispiacerà a nessuno di averci provato. Menu: Pizza di cicoria della zia Bianca (ricordi infatili di Artemisia, paradossalemnte, da una zia che non cucinava, ma appuntava); Tacchino al latte e aglio (pure un piatto di famiglia, questa volta della madre); Pomodori gratinati con semi di finocchio ; Patate novelle avvolte nella stagnola e cotte in forno; Pane al farro; Poirat del Berry (questo invece era dovuto alle sue esplorazioni della cucina francese di provincia; il Berry di George Sand, peraltro). Chianti non meglio specificato.
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Maggio 1991. Molti anni fa, Artemisia gioca alla padrona di casa
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