sabato 3 giugno 2023

Gennaio. Festeggiamo l'antropologo.


Gennaio 2023. Festeggiamo l'antropologo. Non che fosse il compleanno, ma gli antropologi vanno festeggiati, sempre. Eravamo in cinque, era appena inziato il mese di gennaio, si era ancora nel tempo delle feste, non so perchè avevo messo lucette, o forse so perché, volevo avere piccole pozze di conforto nel buio; poi avevo adornato il ramo fino a farlo piegare sotto il peso delle leggere palle di vetro, andavo distribuendo pacchetti. Fuori c'erano due rampicanti in fiore: la bouganvillea che faceva la pazza, e quell'altra dalle foglie grassocce e i fiori gialli che invece fioriva proprio nel suo momento, che è il pieno inverno. Appena mi ricordo come si chiama, lo scrivo. C'era ancora Teo, il mio braccio non era ancora rotto, sembrava quasi che avrei ripreso a cucinicchiare qualcosa; poi c'è stato il lungo periodo dell'immobilità, Teo perso nelle Filippine, l'arrivo di Mercedes con le sue verdurine lesse. Ma qui cucinicchiai, con l'aiuto di Teo. Tutte cose già fatte di recente, e un recupero dal passato, lo stinco al limone, fatto mille e mille anni prima e poi mai più. Questa volta ho usato la Slow Cooker. E venne buono. Dunque, menu: pane guttiau, carasau dorato in forno con un filo d'olio d'oliva e uno spruzzetto di sale; crostini con pere carammellate (appena un po') noci e camembert; vellutata di formaggio e spinaci, dal bel colore e di assoluta semplicità, adatta a una perplessa com'ero; sformato di zucchine di Cecilia, che ancora non sono riuscita a fare come deve essere: più angelico, molto più angelico, però buono abbastanza; lo stinco al limone; una fantastica torta portata dagli ospiti. 

Pane guttiau

Crostini con pere carammellate, noci e camembert

Vellutata di formaggio e spinaci

Sformato di zucchine di Cecilia

Stinco al limone

Fantastica torta portata dagli ospiti






















venerdì 2 giugno 2023

Crostini con pere caramellate, noci e camembert


Di Artemisia

E' appena iniziato il 2023. Rimetto piede nell'Orto Botanico; è così un'altra cosa, che non mi spaventerò. Ci vado con Fiorella, fa presto buio, l'occasione è l'Orto che gioca con le luci; a sproposito, le piante si scansano e si nascondono più che illuminarsi, ma che fa, chiudo gli occhi, è una giostra. Anche a casa ho messo rare ma significative lucette, che illuminano il percorso come le briciole di Pollicino. Forse non mi perderò.

Un fettina di buon pane tostato.

Una di camembert.

Tre scaglie di pera velocemente passate nel burro con un nonnulla di zucchero scuro.

Un mezzo geriglio di noce.








mercoledì 31 maggio 2023

Gennaio. Viviana e Barbara.


Gennaio 2022. Viviana e Barbara. Per tutto il periodo natalizio l'albero è stato un cesto a più piani pieno di pacchetti continuamente rinnovati. Pacchetti a cui faccio vestiti da bambola: sottovesti, gonnelline, ricami, cuffiette, nastri, e infine biglietti ricavati da qualsiasi pezzo di carta si presti come voglio. Dentro questo stratificato involucro c'è anche qualcosa: qualche volta di comperato, altre di acchiappato girando lo sguardo per casa. Gli ospiti in successione, cena dopo cena, prendono il loro; pacchetti restano, altri si infilano nel posto dei donati. La stanza nera - mi accorgo che in confidenza la chiamo così, per il predominio del colore nero, ai miei occhi così colorato - tutta stravolta dall'arrivo dalla smantellata Venezia (c'era una casa là, amatissima, ora lasciata e svuotata) del grande tavolo di legno con le sue belle zampe circonvolute che non ho potuto che appoggiare lì, in attesa che vada dove non so, ma dovrà andare. Addio addio caro gattone, o cavallo, o toro, non so che bestia sei, ma quelle zampe mi fanno pensare che camminerai e ci separaremo, dopo essere stati insieme per tanti anni e più case, fedelmente seguendomi, ma adesso è ora di dirci addio. Prima dei saluti però ti ho fatto lavorare per la prima volta davvero: appoggiato al tavolo nero, hai tenuto sulle spalle pacchetti, piatti, bicchieri, cibi, sei sembrato quasi indispensabile, hai quasi chiesto di restare lì.
Fotografo la stanza che attende, il tavolo che allestisco con un kanga tanzaniano bianco e nero. E allora piatti bianchi e neri, goti venziani bianchi, e a fare colore piastrelle berlinesi. Un kanga bianco e nero, senza scritte (in genere i kanga hanno sempre scritte sentenziose, questo no). Ha pure una curiosa aria cinese. Ma c'è il marchio del made in Tanzania: è una conquista della Tanzania. Durante l'era coloniale, i kanga, tipica stoffa locale con un densa storia di disegni, di significati simbolici, di usi che vanno dal vestito alla culla, a qualsiasi cosa si possa fare con un pezzo di stoffa rettangolare, incluso il lanciare messaggi grazie alle scritte quasi sempre presenti, erano disegnati da esperti tanzaniani, ma poi venivano prodotti all'estero e tornavano come merci importate. Dal 1880 fino alla fine degli anni '60, i produttori furono europei, poi asiatici. I fabbricanti gestivano anche il trasporto fino alle città portuali swahili, dove grossisti e dettaglianti ricevevano i tessuti finiti. I distributori, ditte mercantili o case commerciali, coordinavano tutto grazie alle conoscenze specialistiche, ai consigli e alle capacità di esperti residenti nelle città portuali swahili: mercanti indiani che sapevano come soddisfare le richieste in continua evoluzione delle acquirenti dei tessuti kanga, le donne dell'Africa orientale. Quando in Tanzania si vogliono rilanciare le fabbriche tanzaniane, la presenza dei cinesi è fortissima (quanto è lungo e stretto il rapporto Tanzania - Cina, risale al tempo del socialismo, quanto è attivo ancora oggi, con i progetti cinesi di sfruttare la Tanzania). Con la Cina, soccombere o collaborare; qui siamo nell'industria tessile. A partire dalla dichiarazione di indipendenza del Tanganica nel 1961 e dalla successiva unione con Zanzibar per formare la Tanzania nel 1964, vengono fondate fabbriche nel paese, e attivate politiche a sostegno della neonata industria tessile nazionale. Ad esempio, Urafiki o Friendship Textile Mill - che produce questo kanga - è stato un investimento congiunto tra la Tanzania dalla recente indipendenza e la Cina socialista alla fine degli anni '60. Notate quanto il disegno del kanga che uso come tovaglia sia cineseggiante.
Sì, ma le amiche? E che si mangia? Arrivano Viviana e Barbara, per la prima volta insieme a cena da me, molte chiacchiere, non sarà l'ultima, sono tessitrice di amiche nella terza vita, mi pare di capire. Uno spuntino: Pane guttiau caldo, sempre così piacevole da sgranocchiare. Lenticchie rosse con cardamomo, un piatto già fatto - mi sto avventurando pochissimo in nuovi piatti, ripeto i già fatti, un'assoluta novità per AAA, e ci sto pure provando gusto. Poi provo una ricetta di Isolina, prendendo le misure e divagando: il piatto di Isolina è bruno e ricciuto, il mio bianco come un domenicano. Subito dopo lo rifarò raddoppiando la verza e brunendolo anch'io: Verze e riso rosso. Come riso rosso userò il riso rosso del Kerala. Barbara porta un piatto di famiglia: la loro Torta rustica con formaggi e salumi. Viviana ua squisita ceese cake semifreddo con mirtilli.

Pane guttiau

Lenticchie rosse con il cardamomo. India

Verze & riso rosso un altro tortino

Torta rustica di Barbara

Ceese cake semifreddo ai mirtilli

 



















Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...