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venerdì 1 gennaio 2021

Razza in gelatina con lardo croccante di Wil Demandt, Amsterdam

Da Artemisia

Il giorno di Natale allestii un unico piatto, ma volli farlo in qualche modo notevole, tanto per far festa - ogni giorno qui si combatte a colpi di festeggiamenti il surreale clima pandemico - ripescai perciò una ricetta in attesa da anni e anni, che mi aveva sempre suggestionato, ma che poi finiva per dissuadermi, non so perché: sfiducia negli chef olandesi? Timore che il brodo col cavolo che si sarebbe rappreso? Non so. Infine mi risolsi, e ben me ne incolse: il piatto è ottimo, è facile, fa figura, e inoltre il terrazzo mi regalò bellissime foglie di acetosella dalle venature rosse e fiori di nasturzio. La ricetta la diede Martine l'olandese nel vecchio forum Cucinait. La preziosa amica Marina Vizzinisi, italiana d'Olanda, mi dice che Wil Demandt è stato uno chef apprezzatissimo; aveva un noto ristorante, Bordewijk, chiuso nel 2018, quando lui è morto. Demandt ha portato la cucina francese dell'alta borghesia, della corte, della nobiltà olandese al "popolo" che si poteva permettere il suo ristorante. Famosi i suoi coq au vin, il coniglio in agrodolce, il confit de canard. Ho proceduto con quantità ridotte, senza limone confit che non avevo, e adottando pancetta affumicata; come stampi ho usato ciotoline metalliche della grandezza di un mestolo, dove ho versato il brodo tiepido dopo averle rivestite dei più bei filetti di razza; l'effetto lo vedete nelle foto, si può optare per piccoli pezzi di pesce natanti nella trasparente gelatina; per sformare le cupolette ne ho immerso le terga in acqua calda, dopo aver passato un coltellino affilato lungo i bordi. Le cupolette più che calare di botto dal loro guscio mi sono scivolate in mano, ma lo ho potute maneggiare senza problemi, schiaffandole nei piatti. Confesso che in preda a timori non giustificati (la razza pare ricca di collagene), ho aggiunto al brodo un cucchiaino da caffè di gelatina in polvere. Ho aggiunto anche un par di gamberi saltati nel burro, caldi, da affiancare alla razza. Non ho usato la vinaigrette, ma ho circondato la cupoletta di razza con del radicchio tardivo di Treviso condito con olio d'oliva, sale e un condimento agrodolce di Modena. Ecco la ricetta di Martine:  

Martine  van Brouwershaven.  Ricetta dello chef Wil Demandt, dal libro Het Rijksmuseum Kookboek, B. Natter, Nederlands 2004, dove diversi chef olandesi si ispirano alle nature morte barocche.

Sobbollire 1kg di razza in 5dl di acqua con sale, pepe, 50g di capperi, 10g di limone confit e 1 dl di aceto di vino bianco per 20' circa. Rilevare gli aromi: il piatto sarà freddo.

Scolare la razza, spolparla, rimetterla a pezzi nel liquido. Quando sta per gelatinizzarsi, aggiungere 50g di prezzemolo tritato.

Riempire 4 stampini e metterli in frigo per almeno 2 ore.

Capovolgere gli stampini su 4 piatti, farli rivenire a temperatura ambiente (20' circa).

Vinaigrette: cuocere a fuoco molto basso 50g di scalogno tritato con 2 dl. olio d'oliva e.v., 2 cucchiai di aceto di vino rosso, sale, pepe, una foglia di alloro, per 10' circa. Tenere in caldo.

Quattro fettine di pancetta non affumicata tagliata sottile vanno rese croccanti in padella secca.

Poggiare sulle gelatine la pancetta calda, servire con la vinaigrette.









domenica 22 novembre 2020

Monografie. Francia cucina e letteratura. Le ricette della signora Maigret. Robert J. Courtine



Siamo in una raccolta: Tutte le ricette francesi e quasi francesi di AAA. Ci sono raccolte a tema: Potage, soupe e velouté (eccola), Pesci, Carni: Quadrupedi, Carni: Bipedi, Paté, tourtes et terrines (con una sezione Quiche), Dolci. Una accolta per culture e territori: Alsazia Lorena, Provenza, Borgogna, Auvergne. Una raccolta seguendo un gastronomo, Courtine: Le ricette della signora Maigret (eccola). Infine ricette sparse: Di tutto un po'.

Monografie. Le ricette della signora Maigret. Da Le ricette della signora Maigret, Robert J. Courtine, prefazione di Georges Simenon, Mondadori, Milano 1978 (c'è anche un'edizione più recente, di Tommasi). 


Courtine (1910-1998), autore di molti libri gastro, giornalista che ha scritto autorevolmente di ristorazione per le Monde per quarant'anni, critico temuto e amico di molti chef, con notorietà internazionale, si diletta nel recuperare ciò che Maigret va mangiando a casa sua, o dalla signora Pardon, o nei bistot, e ne propone attendibili ricette.

Il libretto, piccolo, rosso, consultatissimo per il fascino delle ricette d'antan, lo trovai da un bouqiniste romano, una bancarella in Prati. Anch'io, come molti francesi, scopersi solo dopo, quando fu pubblicato il suo necrologio da Le Monde, che Courtine era un personaggio allarmante. A volerlo sapere, lo si poteva: fece per il suo collaborazionismo cinque anni di prigione. Fu steso un velo, forse pietoso; il necrologio che discretamente rievocò tale passato fu scritto da un giornalista, Jean Planchais, che aveva fatto la resistenza.

Da pourcel-chefs-blog.com

"Le 18 avril 1998, le passé collaborationniste de Robert Courtine, qui a tenu la chronique gastronomique du « Monde » quarante ans durant, est prudemment évoqué dans la nécrologie que lui consacre le journal du soir. Cet article de trois feuillets à peine fait l'effet d'une bombe.
Dans les allées du cimetière de Colombes (Hauts-de-Seine), une petite dizaine de personnes, silhouettes voûtées par l'âge, suivent lentement le cercueil, dans le vent frais du printemps. Quelques jours plus tôt, le 14 avril 1998, l'ancien chroniqueur gastronomique Robert Courtine, mieux connu des lecteurs du Monde sous son nom de plume de La Reynière, s'est éteint doucement, à 87 ans, veuf et sans enfants, dans une maison de retraite de la région parisienne. La rédaction du quotidien n'a délégué aucun représentant à ses obsèques. Elle n'a fait envoyer ni fleurs ni couronnes. Comme si Le Monde voulait effacer celui qui avait pourtant été, quarante ans durant, l'une de ses plus fameuses signatures. [...] De ces deux vies [il collaborazionista e il critico], la première est ignorée de presque tous les lecteurs. Pendant quatre décennies, ils ont dévoré avec gourmandise, chaque week-end, les chroniques de cet amoureux de littérature et de cuisine française, qui pouvait débuter un article comme s’il commandait son déjeuner : «Vous savez comme j’ai horreur de la truite aux amandes…» Ils ont vu ce petit homme au crâne dégarni, qui porte une chevalière et raffole des calembours, sur les plateaux d’«Apostrophes», où Bernard Pivot l’a reçu deux fois. Même après sa retraite, en 1993, des lettres ont continué d’arriver pour La Reynière, que le rédacteur en chef Jean-Pierre Quélin, qui a pris sa succession dans la page « Goûts » du quotidien, lui a fait suivre pour consoler sa solitude. Et les voilà qui, en lisant cette nécrologie si discrète, découvrent tout un pan de son passé, sombre et insoupçonné!".

Questa è l'ultima frase dell'articolo:

« De la plus exécrable des politiques à la lointaine succession de Brillat-Savarin, l’itinéraire n’étonnera que ceux qui n’ont pas connu les tempêtes d’hier. ».
  
La sua supremazia gastronomica fu messa discussione da Gault e Millau, che lo resero "vecchio":

"A la fin des années 1970, le voilà pourtant bousculé par Henri Gault et Christian Millau. Eux défendent la « nouvelle cuisine » – ce « gadget publicitaire », fustige Courtine. En vérité, ces deux-là [...] ne sont pas si loin de la cuisine défendue par Courtine. Mais le duo Gault et Millau, bien mieux rompu à la communication, donne un coup de vieux à La Reynière [pseudonimo di Courtine, evocante il primo critico gastronomico francese, Grimod de la Reynière], dont les textes sont traduits dans le Times de Londres, mais qui passe mal à la télévision."

Ne ho provate varie ricette.

Zuppa di pomodoro. Courtine
 

Zuppa di cipolle gratinata. Come a Lione


 Vichyssoise

 

Boeuf à la Bourguignonne di Courtine con e senza Slow Cooker. Francia. Borgogna
 
 

  
Spezzatino olandese, da Courtine

  
Francia. Alsazia. Pollo al Riesling. Courtine


Ragù di bue alla paprika

 
 Boeuf Miroton


Cote de boeuf braisée, da Courtine. Costata di manzo brasata


Potée lorraine. Courtine. Lorraine, Lorena. Francia.

Razza al burro nero


Omelette alla fattoressa

 
Crema al cioccolato di Courtine
 

  
Torta di mandorle


Torta di mele

  
Uova al latte


Dolce alle mandorle


Torta frangipane con le albicocche o altri tipi di frutta


Dolce di noci e nocciole

venerdì 26 ottobre 2018

Africa sub sahariana. Minestra di patate e cocco. Coconut Potato Soup, Supu Viazi. Tanzania


Da Artemisia

Siamo in una raccolta: Monografie. Un'Africa approssimativamente sub sahariana, cucina inclusa. E' il mio secondo pentolone di minestra tanzaniana; il primo erara stato con l'Old Cape cream of tomato soup. Minestra molto Cape Malay. Questa volta è meno esagerato, ma sempre considerevole; le minestre del resto godono dell'abbondanza e dell'essere riscaldate. E' una versione piacevolissima della Supu viazi, Coconut Potato Soup, ispirata a una ricetta tratta da "Kumbe I can Cook," the 2012 Peace Corps Tanzania Cookbook un magnifico libro on line ricchissimo di ricette. Mi sono dedicata a fare dadolate molto precise. Nel menu di Ottobre 2018. Menu africano per un libro siciliano.

Con quantità in ciotola per me umane direi che è per dieci persone.

In una pentola:  a fuoco medio, 1 cipolla affettata e 3 spicchi d'aglio ridotti in crema: appassirli in due cucchiate d'olio vegetale (noi d'oliva, assente in quei luoghi).

Aggiungere 1 peperone verde a dadini e 3 carote a tocchetti. Altri 5'.

Aggiungere 3 pomodori pelati ma non privati di acqua e semi tagliati a dadini, aumentare un po' il calore e cuocere fino a quando i succhi non evaporano e i pomodori non si asciugano bene; questo potrebbe richiedere 10-15'.

Aggiungere un pizzico di semi di cumino indiano, uno di curcuma, uno di paprika, uno di chiodi di garofano, due di spezie miste (un mix con tutto che tengo in un barattolino), sale.  Mescolare di tanto in tanto.
 
Aggiungere un cucchiaio di concentrato di pomodoro, 7 patate medie (meglio ancora 6 patate e una banana - non un platano, proprio una banana - acerba) pelate a tagliate a dadolata, 500g di latte di cocco 500g di acqua.

Continuare la cottura fino a quando le patate sono tenere (30' circa).
 
Servirla calda.

Si può guarnire con una dadolata di avocado, o con delle foglioline di cerfoglio, o con tutt'e due. Il l'ho servita "liscia".

 





Ispirazione da qui:



martedì 1 maggio 2018

Zuppa alla Santé. Abruzzo e Molise.


Da Artemisia

Vedo passare la Zuppa alla Santė su una pagina FB dedicata alla cucina abruzzese: Accademia della Cucina Teramana (ancora una volta, influenze francesi: potenza della cucina di guerra); la acchiappo al volo, mi pare magnifica. Scopro che è di Agnone, Molise; la cultura culinaria da quelle parti d'Italia è tanto localissima (dispute tra Teramo e Campli, a pochi chilometri, su chi possa fare le Virtù, piatto gloria locale) quanto del tutto ignorante le recenti divisioni regionali, ovviamente. Sono entusiasta di questa scoperta: Zuppa alla Santé, alla francese (ricordo delle passate napoleoniche invasioni, ipotizzo, quelle stesse che lasciarono scrippelle a Teramo). Di codesta Santé, se solo Agnone la rivendica e la perpetua con fierezza e chiarezza, ce ne sono varie versioni non solo a Sud (Calabria, Campania, con dentro scarola, foglie varie; sempre definita come festiva, spesso associata a Santo Stefano) ma, scopro grazie a Isolina, anche in Toscana: fette sottili di pane raffermo intervallate da spinaci cotti nel burro - esotismo in qui luoghi - strati di parmigiano, brodo di pollo e poi sopra uova sbattute - una ogni due persone - altri spinaci e brodo a far zuppa. Anche Treccani ha da dire: "santésãté› s. f., fr. (propr. «salute»). – In gastronomia, zuppa santé, nome tradizionale di una zuppa di verdure tagliate sottilmente e cotte lentamente nel burro in modo che non si coloriscano, poi bollite nel brodo, con guarnizione di crostini (in Francia è chiamata soupe paysanne o, anche, julienne avec croûtons).". Pallottine di carne e di cacio, brodo di gallina, caciocavallo a dadini che fonderà, pane imbevuto nell'uovo con nonnulla di cannella e tostato; io ho aggiunto non previsti dadini di rapa. Poetica. La provo un paio di volte, la seconda mi pare buona. Le polpettine della mia prima versione, di formaggio e di carne, erano di calibro uguale; ma in frittura quelle di cacio gonfiano; perciò segnalo di fare quelle di formaggio un terzo più piccine di quelle di carne. Di seguito la versione del sito abruzzese, quella di Artusi, e infine la mia. Nel menu di Aprile 2018. Una cena che resterà nel cor.

Zuppa alla Santė di  Bianca Maria Iadanza‎, Accademia della Cucina Teramana
Zuppa alla Santė, pietanza delle feste più familiari molisane, soprattutto pasquali. Abruzzo e Molise fino al 1973 erano un'unica Regione, per questo sono molto affini nella tradizione culinaria. Brodo di gallina nostrana, pane casereccio raffermo tostato con l'uovo (si bagna la fetta di pane raffermo nell'uovo sbattuto e poi si passa in forno per abbrustolirlo. Una volta freddo ci si toglie la crosta e si taglia a dadini, stessa misura del caciocavallo e della pizza di Pasqua, in modo da avere delle dimensioni simili), polpettine di vitello lessate, polpettine di formaggio fritte e tocchetti di caciocavallo molto stagionato e a volte ci si mettono anche dei quadretti di pizza di Pasqua al forno (frittata al forno: uova, parmigiano e un po’ di farina sbattute e cotte in forno) e durelli di interiora di pollo lessi. Le dosi si fanno "ad occhio" in base ai commensali. Considerando minimo due fette di pane a testa. 

Zuppa Santė di Artusi
Questa zuppa si fa con diverse qualità di ortaggio qualunque. Dato che vi serviate, per esempio, di carote, acetosa, sedano e cavolo bianco, tagliate questo a mo’ di taglierini e fategli far l’acqua sopra al fuoco, strizzandolo bene. Le carote e il sedano tagliateli a filetti lunghi tre centimetri circa, e insieme col cavolo e con l’acetosa nettata dai gambi, poneteli al fuoco con poco sale, una presa di pepe e un pezzetto di burro. Quando l’erbaggio avrà tirato l’unto, finite di cuocerlo col brodo. Frattanto preparate il pane, il quale è bene sia di qualità fine e raffermo di un giorno almeno; tagliatelo a piccoli dadi e friggetelo nel burro o anche nell’olio vergine o nel lardo; ma perché assorba poco unto tenete quest’ultimo abbondante e gettateci il pane quando è bene a bollore altrimenti arrostitelo soltanto a fette grosse mezzo dito e tagliatelo dopo a dadi. Ponete il pane nella zuppiera, versategli sopra il brodo a bollore insieme coll’erbaggio, e mandate la zuppa subito in tavola. Usando i ferri del mestiere si possono dare agli ortaggi forme graziose ed eleganti. 


Zuppa alla Santė di Artemisia

Fare un brodo di gallina: gallina in acqua fredda con cipolla, grani di pepe, chiodo di garofano, scorzetta di limone, scorza di cannella; da quando sobbolle, 4h, schiumando. Oppure pentola a pressione tre ore. Farlo il giorno prtima per poter eliminare quasi tutto il grasso.

Polpettine di formaggio: 300g di formaggio grattugiato, metà grana - metà caciocavallo, più un uovo e 80g di pangrattato. Fare delle polpettine grandi come un cece. Friggerle in olio d'oliva profondo. Perché siano grandi come quelle di carne dopo la frittura, debbono essere in partenza di un terzo più piccole.

Polpettine di carne: 300g di manzo macinato molto finemente, mescolato con un pugno di parmigiano, un cucchiaio di pan grattato, la buccia grattugiata di mezzo limone, un pizzico di noce moscata, uno di pepe, uno di sale. Cuocerle rotolandole in padella con un fondo di olio d'oliva. Bastano pochi minuti.

Dadini di pane: quattro fette di pane raffermo, denso, private della crosta e tagliate a dadini. I dadini vengono fatti rotolare fino a intridersi in una tazza dove avete battuto un uovo con un goccio di latte e avete messo anche un pizzico di cannella. Stendere in una teglia coperta di carta da forno e far dorare in forno; 10/15' circa.

Dadini di caciocavallo: quattro fette di caciocavallo di 5mm vengono tagliate a dadini.

Dadini di rapa: due o tre rape bianche vengono tagliate a dadini di 5mm di lato. I dadini vanno fatti cuocere nel Mo per 3'. L'aggiunta di rapa è eterodossa.

Ho assemblato in fondo alle ciotole: polpettine di carne, polpettine di formaggio, dadini di caciocavallo, dadini di pane dorati, dadini di rapa.

Quindi ci ho versato su brodo di gallina bollente; da fare in tavola o subito prima, per non inzuppare pane e polpettine di cacio eccessivamente.


 











mercoledì 21 marzo 2018

Indici. Risi. Risotti.

Siamo entro una raccolta dedicata ai risi: Risotti. Di tutto un po'Risotti di pesceTielle, timballi, sartù, gratin,   Questo e quello, Neri, rossi, integrali, Esotici: pilaf, pilav, pilau, polow, pulaka. Medio oriente, Asia Centrale, Esotici; i dorati risi persiani, tah-dighEsotici. India, Esotici. Pilau dell'Africa sub shariana.

Iniziamo con il risotto alla milanese di  Carlo Emilio Gadda, in Verso la Certosa (1961).

L'approntamento di un buon risotto alla milanese domanda riso di qualità, come il tipo Vialone, dal chicco grosso e relativamente più tozzo del chicco tipo Caterina, che ha forma allungata, quasi di fuso. Un riso non interamente « sbramato », cioè non interamente spogliato del pericarpo, incontra il favore degli intendenti piemontesi e lombardi, dei coltivatori diretti, per la loro privata cucina. Il chicco, a guardarlo bene, si palesa qua e là coperto dai residui sbrani d’una pellicola, il pericarpo, come da una lacera veste color noce o color cuoio, ma esilissima: cucinato a regola, dà luogo a risotti eccellenti, nutrienti, ricchi di quelle vitamine che rendono insigni i frumenti teneri, i semi, e le loro bucce velari. Il risotto alla paesana riesce da detti risi particolarmente squisito, ma anche il risotto alla milanese: un po' più scuro, è vero, dopo l'aurato battesimo dello zafferano.
Recipiente classico per la cottura del risotto alla milanese è la casseruola rotonda, ma anche ovale, di rame stagnato, con manico di ferro: la vecchia e pesante casseruola di cui da un certo momento in poi non si sono più avute notizie: prezioso arredo della vecchia, della vasta cucina: faceva parte come numero essenziale del « rame » o dei «rami» di cucina, se un vecchio poeta, il Bussano, non ha trascurato di noverarla nei suoi poetici « interni », ove i lucidi rami più d'una volta figurano sull'ammattonato, a captare e a rimandare un raggio del sole che, digerito il pranzo, decade. Rapitoci il vecchio rame, non rimane che aver fede nel sostituto: l'alluminio.
La casseruola, tenuta al fuoco pel manico o per una presa di feltro con la sinistra mano, riceva degli spicchi o dei minimi pezzi di cipolla tenera, e un quarto di ramaiolo di brodo, preferibilmente di manzo: e burro lodigiano di classe.
Burro, quantum prodest, udito il numero de' commensali. Al primo soffriggere di codesto modico apporto, butirroso-cipollino, per piccoli reiterati versamenti, sarà buttato il riso: a poco a poco, fino a raggiungere un totale di due tre pugni a persona, secondo l'appetito prevedibile degli attavolati: né il poco brodo vorrà dare inizio per sé solo a un processo di bollitura del riso: il mestolo (di legno, ora) ci avrà che fare tuttavia: gira e rigira. I chicchi dovranno pertanto rosolarsi e a momenti indurarsi contro il fondo stagnato, ardente, in codesta fase del rituale, mantenendo ognuno la propria « personalità »: non impastarsi e neppure aggrumarsi.
Burro, quantum sufficit, non più, ve ne prego; non deve far bagna, o intingolo sozzo: deve untare ogni chicco, non annegarlo. Il riso ha da indurarsi, ho detto, sul fondo stagnato. Poi a poco a poco si rigonfia, e cuoce, per l'aggiungervi a mano a mano del brodo, in che vorrete esser cauti, e solerti: aggiungete un po' per volta del brodo, a principiare da due mezze ramaiolate di quello attinto da una scodella « marginale », che avrete in pronto. In essa sarà stato disciolto lo zafferano in polvere, vivace, incomparabile stimolante del gastrico, venutoci dai pistilli disseccati e poi debitamente macinati del fiore. Per otto persone due cucchiaini da caffè.
Il brodo zafferanato dovrà aver attinto un color giallo mandarino: talché il risotto, a cottura perfetta, venti-ventidue minuti, abbia a risultare giallo-arancio: per gli stomaci timorati basterà un po' meno, due cucchiaini rasi, e non colmi: e ne verrà fuori un giallo chiaro canarino. Quel che più importa è adibire al rito un animo timorato degli dei è reverente del reverendo Esculapio o per dir meglio Asclepio, e immettere nel sacro « risotto alla milanese » ingredienti di prima (qualità): il suddetto Vialone con la suddetta veste lacera, il suddetto Lodi (Laus Pompeia), le suddette cipolline; per il brodo, un lesso di manzo con carote-sedani, venuti tutti e tre dalla pianura padana, non un toro pensionato, di animo e di corna balcaniche: per lo zafferano consiglio Carlo Erba Milano in boccette sigillate: si tratterà di dieci dodici, al massimo quindici, lire a persona: mezza sigaretta. Non ingannare gli dei, non obliare Asclepio, non tradire i familiari, né gli ospiti che Giove Xenio protegge, per contendere alla Carlo Erba il suo ragionevole guadagno. No! Per il burro, in mancanza di Lodi potranno sovvenire Melegnano, Casalbuttano, Soresina, Melzo, Casalpusterlengo, tutta la bassa milanese al disotto della zona delle risorgive, dal Ticino all'Adda e insino a Crema e Cremona. Alla margarina dico no! E al burro che ha il sapore delle saponette: no!
Tra le aggiunte pensabili, anzi consigliate o richieste dagli iperintendenti e ipertecnici, figurano le midolle di osso (di bue) previamente accantonate e delicatamente serbate a tanto impiego in altra marginale scodella. Si sogliono deporre sul riso dopo metà cottura all'incirca: una almeno per ogni commensale: e verranno rimestate e travolte dal mestolo (di legno, ora) con cui si adempia all'ultimo ufficio risottiero. Le midolle conferiscono al risotto, non più che il misuratissimo burro, una sobria untuosità: e assecondano, pare, la funzione ematopoietica delle nostre proprie midolle. Due o più cucchiai di vin rosso e corposo (Piemonte) non discendono da prescrizione obbligativa, ma, chi gli piace, conferiranno alla vivanda quel gusto aromatico che ne accelera e ne favorisce la digestione.
Il risotto alla milanese non deve essere scotto, ohibò, no! solo un po' più che al dente sul piatto: il chicco intriso ed enfiato de' suddetti succhi, ma chicco individuo, non appiccicato ai compagni, non ammollato in una melma, in una bagna che riuscirebbe schifenza. Del parmigiano grattuggiato è appena ammesso, dai buoni risottai; è una banalizzazione della sobrietà e dell'eleganza milanesi. Alle prime acquate di settembre, funghi freschi nella casseruola; o, dopo S. Martino, scaglie asciutte di tartufo dallo speciale arnese affetto-trifole potranno decedere sul piatto, cioè sul risotto servito, a opera di premuroso tavolante, debitamente remunerato a cose fatte, a festa consunta. Né la soluzione funghi, né la soluzione tartufo, arrivano a pervertire il profondo, il vitale, nobile significato del risotto alla milanese.

Risotto con le erbette, e riso al salto con erbette e asparagi.



Risotto con cipollotti e asparagi.

Risotto alla cannella con ricotta salata e due pepi

 Risotto con i carciofi al limone.



Risotto ai funghi porcini con croste di parmigiano in crema, pancetta arrotolata soffritta


Risotto alla vignarola.


Risotto con spinaci, piselli, acetosella rossa, melissa.


Risotto al cavolfiore con brodo di carne


Risotto al cavolfiore con brodo di spezie


Risotto con arance e radicchio tardivo

Riso al salto farcito. Risotto robiola e yogurt con i carciofi

Risotto con yogurt e mirtill


Risotto al limone



Risotto con il guanciale


Risotto alla crema di parmigiano

  Risotto con i porcini e formaggio di capra




Risotto con gremolada


Quasi panissa vercellese


Riso con le fragole


Risotto con la 'nduja


 

 Risotto verde


Risotto allo champagne


Risotto all'arancia




Risotto al whisky come negli anni '70



Risotto con il radicchio di Treviso


Risotto con lo zafferano e le zucchine romanesche

 

Risotto con carciofi stufati e lardo


Risotto con la zucca 1 e 2


Risotto con bruscandoli e sciopetin, ovvero luppolo e silene


 Fagioli e riso come un risotto


Per quelli di pesce, cercate qui

Risi. Risotti di pesce


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