Se così è, se ci vogliamo bene come ce
ne vogliamo, rimetteremo piede sul terrazzo e torneremo a cucinare,
anche affidando molto a Mercedes, che fa due piatti: Pollo alla Mercedes con il ketchup piccante (inventa anche, Merceds, con quello che trova in
cucina), Tortitas de arroz, frittelle di riso. Salvador (queste sì salvadoregne, niente male). Io
farò gli Spaghetti pignoli con i pomodorini e l'Insalata di melanzane e peperoni arrostiti . Fiammetta non mancherà di passare da Le Levain per
tornare con un vassoio di dolcetti. Nel vicolo passa la processione! Con
la banda! Viva Sant'Antonio. Purtroppo mi pare che la confraternita sia
tutta maschile.
Giugno 2023. Laboratorio di Micragne
Turbata dal fatto che sembra non bastare
la descrizione per comunicare come vada fatta la Vera Micragna,
schiacciata, schiacciatissima, croccante, ho proposto un Laboratorio.
Sono arrivate allievi con farce, io ho messo a disposizione cucina,
forno, farina. Vennero perfette, ne mangiammo tre diverse: con carciofi
alla romana, con scarola, con melanzane a funghetto. Qua e là si
aggiunsero alla farcia formaggi molli. Dò come riferimento Torte salate. Micragne. Le
Micragne sono focacce sottili, croccanti, con un minimo di farcia. Tale
minimo può essere cucinato ad hoc, ma forse la morte sua - della farcia
della Micragna - è l'avanzo. Ne basta una ciotolina. La farcia va
disseminata a fiocchi, mucchietti, con ampi spazi tra gli uni e gli
altri. Poi quando si mette il sottilissimo coperchio - la pasta deve
essere sottilissima - le mani schiacciano e rischiacciano, e la farcia,
che deve essere sapida, si spande sottile sottile anch'essa. Olio
d'oliva nella teglia e sopra è invece non micragnoso, e contribuisce in
modo determinate alla croccantezza - forno al massimo, dieci minuti -
quando la micragna viene tagliata, la fetta è rigida. Si fa con questa
pasta matta: 200g di farina00, 2 cucchiai di olio d’oliva extravergine,
acqua. Questa quantità deve bastare per foderare una teglia rettangolare
da forno, di quelle grandi, che
occupano tutto il vano, e per fare adeguato coperchio. Menu: Micragna con carciofi; Micragna con scarola; Micragna con melanzane a funghetto; Vellutata di pomodoro tanzaniana con spezie e latte di cocco; Gelato
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Tutto freddo, tranne due fritti e una focaccia. Sul tavolo: Vellutata fredda di rape rosse e wasabi; Terrina di tonno all'aioli (su quest'ultimo mi adopero perchè non sia ricordo indelebile); Ricotta di pecora (quanto mi piace il bianco torreggiare di una ricotta intera, intonsa, intatta, fresca com'era fresca questa); Mozzarella di bufala affumicata; Panelle portate da Cecilia, sempre apprezzatissime, ma le stelle del convito furono certi magnifici Pomodori verdi fritti (fatti da Cecilia, che li dice molto calabri: come i contadini recuperavano pomodori non giunti a maturazione); Polsonetta porta Pomodorini in insalata (la benedizione dell'estate); in conclusione Visneli ekmek tatlisi. Dolce di ciliegie (una sorta di zuppa turca).
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Giugno 2019. Facimmo ammuina
Precipitiamo nella cucina di sotto, dove ci sono 22 gradi; stretti ma felici (abbastanza). Numerosi, chiaccheranti, prendiamo le misure del lavoro fatto nella passata stagione e oscilliamo sull'orlo dell'estate, che tutto liquefa: ci buttiamo o no? Sul tavolo: Vellutata di peperoni allo zenzero (la moltiplico per molti, ed eludo la dadolata di pomodori che rallegrò le coppette per due, l'ammuina proibisce delicate bellurie); Sformato di spinaci e piselli (questa volta lo servo tiepido, con un'insalata dentro e le sante erbette del terrazzo, ancora vive); Pomaurea porta una Teglia di pizze assortite (ci rivela che sotto casa abbiamo una pizzeria degna); Pane di Le Levain; metto sul tavolo anche un Mammellone di mozzarella di bufala da un chilo; infine, una Crostata resuscitata alle pere e cioccolato con mirtilli e lamponi.
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Giugno 2019. Il bianco e blu concilia le chiacchere
Tre giovani, una signora, due vecchietti. Le belle mescolanze di casa nostra, per cui si chiacchiera tra generazioni come se nulla fosse, con elargizioni di saggezza spero moderate da parte di quelli che si prestano a fare la parte degli Anziani. Questi ultimi fortunatamente versano anche Champagne e cucinano terrine. Quindi: Vellutata fredda di avocado; Terrina di pesce, rape rosse e wasabi (è la prima volta che la provo, piccoli timori e tremori, prevale la curiosità, riesce, mi riprometto migliorie e in effetti dopo poco replico); Focaccia; Insalata di papaya (magnifica, apprendo da un'ospite che la fanno in Ruanda quando si hanno problemi che noi risolviamo con le prugne); Tatin di albicocche; Dolce di Le Levain (portato dai tre).
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Giugno 2019. Qualcuno commissiona un disegno ad Arte'
E una sera viene a prenderselo. Lo vuole per una copertina di un libro. Arte' si dimentica di scanerizzarlo, addio, è partito! Due fratelli dilettanti, a tarda età si divertono. Fa bene alla salute, si sa. Gelsomino spande profumi come una fattucchiera; più segreto, in un angolo, fiorisce un sorprendente mirto; la casa è avvolta di foglie e fiori, è un momento di gloria, in attesa che l'ardente sole faccia giustizia sommaria. Menu: Vellutata di peperoni allo zenzero; Sformato di spinaci e piselli; Pallotte cacio e ova; Torta rovesciata di ciliegie e albicocche.
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Giugno 2019. Una cena quasi estiva con un nuovo piatto giapponese
Non siamo passati invano da Yaki in via di Santa Maria del Pianto: ecco un indispensabile piatto nuovo. Futto della perfezione giapponese. Menu: Vellutata di peperoni e cozze, rifatta dopo anni, che iniziò con una crisi di nervi e poi riuscì meglio che mai con una novità acquisita anche per le prossime edizioni, crostini di cozze e 'nduja; Riso nero al vapore, carciofi e asparagi al forno, calamari in padella: un piatto ottimo rifatto una volta tanto dopo poco tempo dalla sua nascita; Terrina di salmone al limone, in attesa di essere provata da tempo, convincente e fresca; Insalata di fiori, portata da Polsonetta che arrivava da Capalbio dove i vicini coltivano un orto alla Filemone e Bauci e lei ha rose bellissime; un par di Formaggi di capra che stavo per dimenticare sulla credenza, se non che un profumo intensissimo mi svegliò dall'incanto e poggiati in tavola furono preda di un'attrazione che il pasto pareva ricominciato; c'era pure una Torta di cioccolato, zenzero, arancia, finalmente riuscita dopo vari tentativi, ma fu sospinta nell'ombra della dispensa da un ottimo Semifreddo al pistacchio portato dagli ospiti.
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Giugno 2018. Quattro amici e pretesti per vedersi
Di pretesti ne troviamo di importanti, necessari, da sbrigare solertemente. Così fu anche per questa cena tutta fredda, con una crema di vedura-frutta, un vitel tonné ri-provato in versione carne lessa invece che brasata, e un cremoso frullato finale di gelato-albiocche. Dunque: Vellutata di mango, cetriolo, zenzero (non la commemoro: nonostante zenzero e paprika, fu piacevole ma restò scioccherella); Vitel tonné; Pane stellare uzbekiggiante (continuo a divertirmi nel farmi uzbeka devota ai pani); Pomodorini spaccati (approfittiamone, è il tempo loro, non c'è nemmeno bisogno di condirli); Frullato di albicocche caramellate e gelato gianduia (anche alle albicocche sono del tutto devota).
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Giugno 2018. Quindici, alla fine di una giornata di lavoro.
Torno da Napoli, non posso cucinare, Teo non c'è. Non mi resta che farmi invitare a casa mia: Nunchesto farà un veloce Risotto allo Champagne, Dolcesca cucina lì per lì dei magnifici Tournedos alle erbette che ha preso dal macellaio di fiducia e porta anche la Mousse fredda di carote e patate, Fiammetta ha con sé un vassoio di Docezze di Le Levain (il cocco di tutti gli amanti dei dolci, che per fortuna nostra sta sotto casa). Intrecciamo una fitta conversazione con l'ospite tedesca: il confronto è scottante, nostalgico, emozionante, vero, molto europeo.
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Giugno 2017 . La cena degli auguri e del bel tegame. Con le zucchine bastarde (né scapece, né concia, né saor, ma un cugino)
Con le zucchine bastarde (né scapece, né concia, né saor, ma un cugino). C'era un compleanno da festeggiare. Mi sembrava divertente riportare all'aperto un bel tegame di coccio ormai praticamente di antiquariato, ed esibirlo insieme alla porcellana. Per il contenuto, ho pensato a un classico d'inizio estate, ma ho voluto fare una variante. Quindi non vero scapece, non saor, non concia romana, ma sorella bastarda di tutte. Hanno avuto molto successo, nonostante l'abbondanza delle altre cose in tavola. Eccetto le Zucchine bastarde, tutto fatto dai cari Miller. Carol: Nachos fatti in casa con jalapegnos, cipollotti, salsa di fagioli refritos, salsa di formaggio; Fagioli neri con a latere altra salsa di formaggio, panna acida e salsa pico de gallo. Jeff: un Costoleccio in barbecue cotto per 5 ore con frequenti spenellate di una salsa di aceto, zucchero, cipolle (tutto opera sua). Non griglia, ma vera barbecue. 5 ore di lenta cottura e affumicatura, spenellamenti ripetuti con la salsina ad hoc, un capolavoro. Una bontà divina. Ancora Jeff fa una delle torte migliori del mondo, cioè la Pecan pie. Si è bevuto Champagne, poi abbondanti Margaritas al mezcal, quindi vini...
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Giugno 2017. Frittata con lo scialle e spuntino.
Da mangiare fredda in una sera estiva, sotto una pergola di uva fragola, con i piedi nudi nell'erba piena di grilli e cioccioline. In mancanza, scegliere altra stagione e altra poesia (e magari mangiarsela calda). Io questa volta avevo un incontro di lavoro con cinque fanciulle; ho accompagnato la Frittata con lo scialle - fresca e bella e gradita - con un Pane stella uzbeko, un Dolce di riciclo alle albicocche e un Frullato di melone, gelato di vaniglia, rum.
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Giugno 2017. La cena del bianco e del blu
Un'amica vuole parlarci - di un caso da sbrogliare, di una rivista con un numero da concludere - la invitiamo a cena; arriva vestita di bianco e di blu; le contingenze come sempre sono guidate dagli astri, è una prova: tutto è bianco e blu. La stanza al piano terra attira porcellane bianche e blu come una calamita: i piatti pakhta uzbeki bianchi e blu (che blu profondo!), le ciotole giapponesi bianche e blu (che blu azzurrino!) sono già da un pezzo tutti insieme stretti stretti nella credenza rossa, certi altri piatti bianchi e blu (come sono francesi!) sono appena scesi qui dal piano di sopra, la zuppiera bianca e blu (piena di fiori di ciliegio) non ha potuto sottrarsi, i piatti norvegesi bianchi e blu (che blu sfumato, profondo, quanto era brava quella ceramista dispersa sul bordo del mare di Norvegia!) erano sul tavolo. E Cecilia che fa? Arriva in bianco e blu! (ma anche con meravigliose ortensie viola, che calano come il piede di Cenerentola nella scarpa in un vaso blu petrolio). Menu superleggero: Salmorejo al pomodoro e basilico, rotonde Panelle (portate da Cecilia, su cui Nunchesto si butta come non ci fosse niente altro in tavola), Ricotta al limone (copio Isolina), Sarde in saor, Frullato di melone e pesche (questa estate è piena di frullati).
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Giugno 2017. La Festa della Tartelletta
La faccenda era questa: ho
sfidato un gruppo di sessanta persone a una sorta di scommessa
impossibile. Fate conto, una cosa del genere: mancano sessanta timbri di
sessanta uffici pubblici che avremmo dovuto raccogliere dagli otto anni
fa al giorno prima: cercate gli uffici, di cui nel frattempo è spesso
cambiato il responsabile se non il medesimo ufficio, convincetelo che si
può fare, recuperate il timbro, e fate presto. Un po' come nelle fiabe,
quando i fratelli partono con consegne impossibili e poi tornano,
vissute inverosimili avventure, dopo un anno, e vincono la mano di
principesse varie. Bene, invece delle principesse promisi alcune
tartellette.
Nel momento in cui l'impresa riuscì, e mi trovai con i sessanta timbri,
alla gioia si mescolò la perplessità. Mò che faccio? In primo luogo ho
risolto la quantità: sei dolci, uno ogni dieci eroi. E che fossero al
cucchiaio: che gli eroi non si trovino a tagliare, fare porzioni,
incasinare. Ogni dolce può, a cucchiaiate, essere assaggiato da molti.
Con frutta di stagione, che è estate. Tutti uguali, che ci vuole un
stile, nella forma rotonda e nel diametro. Tutti uguali rotondi e bassi,
che li infilerò in stampi di alluminio da infilare a loro volta in
contenitori da pizza, che li debbo impilare e portare altrove. I
cucchiai furono cinesi, di metallo, a pochi soldi per poter essere
abbandonati senza lacrime; perfetti, della forma dei cinesi di
porcellana.
Risolto il paradigma, il resto è venuto da sé: Cajasse quercynoise con le ciliegie, Torta di farina gialla e fragole, Flognarde di albicocche e pistacchi, Torta di cioccolato e amaretti (sì, una di cioccolato ci
voleva), Crumble di fragole e mandorle. Le tartellette furono
accompagnate da birra e panini in una sorta di centro sociale ospitale e
simpatico, dove andava di continuo, su uno schermo, la corazzata
Potëmkin, mentre sul pavimento correvano diversi bambini nuovi e
nuovissimi prodotti dagli eroi nell'arco dei medesimi otto anni in cui
si sarebbe dovuta fare la raccolta dei timbri.
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Giugno 2017. Dei tirocinanti vengono introdotti all'arte della tavola d'antan
Ci siamo sovraccaricati di impegni: allora, ogni tanto, di un
incontro di lavoro facciamo una cena: cerchiamo di essere più contenti,
di restare con parvenza di civiltà, e intanto sollecitiamo l'arte
conviviale. Insomma, ci si arrangia. Questa volta c'era anche una
consistente manciata di giovani, oltre a noi vetusti; non è detto
fossero da introdurre, ma certo abbiamo proposto loro una situazione
vecchio stile, d'antan, dove arte della tavola vuol dire sedersi a
tavola. Loro, dediti agli aperitivi in piedi, ricorderanno con i
nipotini: Una volta fui invitato... Menu: Arancine al burro; Timballo di fusilli al ragù di polpo; Pie di rombo, porcini e guanciale; Frullato di pere, gelato al cioccolato, zenzero, cannella; Dolcetti
assortiti di Le Levain (dono dei suddetti giovani, e testimonianza che
la formazione funziona). Post scriptum: quando si esce da casa nostra,
si esce in gruppo, e il gruppo si ferma a lungo a chiacchierare nel
vicolo: è una costante (li cacciamo via troppo presto?). Ogni tanto
dalle finestre buttiamo loro un saluto, un telefonino dimenticato.
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Giugno. Una cena per quattro cavalieri
Incarichiamo quattro giovani cavalieri (dei due sessi) di portare a buon esito un seminario. Li incoraggiamo con: Penne di Gragnano con ragù di polpo (continuiamo a sperimantarlo, era squisitissimo così), Polenta pasticciata alla Cellini, Torta di zucchine e riso ligure avvolta in più sfoglie, Modesta di ciliegie tiepida (calda è ancor meglio! l'avanzuccio, scaldato al micronde il giorno dopo, era squisito...non farsi impressionare dall'estate. ), Gelato alla vaniglia. La stanza al primo piano in cui ci rifugiamo nel calor per la sua ombrosità riposta, invita a furoreggiare in colori: la poltrona con la stoffa di Joseph Frank, quella rossa da giudice (ci hanno detto: non vedete com'è alta? è da giudice! e noi abbiamo abboccato), i mobili cinesi pure rossi, sono tutta un'incitazione a delinquere. Le porcellane uzbeke, con i fiori del cotone di un meraviglioso bianco e blu, oramai hanno casa nel mobile cinese e ci mettono un attimo a saltare in tavola, i kanga tanzaniani sono nell'armadio prossimo e anche loro ci volano subito su, i vecchi bicchieri messicani, richiamati dalla pensione, vengono schierati con le loro aperture larghe, adatte a far colare la fresca acqua estiva ai lati della bocca, come fossimo baccanti sobrie (non che Nunchesto abbia messo di mescere vini); si aggiungono posate veronesi le cui forchette sembrano strappate ai Tritoni, adatte a infilzare per uccidere più che per nutrire, ma in ogni caso le ospitiamo volentieri.
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Giugno 2017. Spuntino seminariale e rigatoni al pomodoro
Giugno 2017. Spuntino seminariale e Rigatoni al pomodoro. Ode ai rigatoni - certo, ottimi, Gragnano - con un semplice sugo di pomodoro - aglio olio d'oliva, peperoncino, passata Mutti, parmigiano. Essì, tanto buoni. Perché agitarsi a fare questo e quello? Ci aggiungemmo del Pollo allo zenzero e arancia, una Frittata con pomodorini, Prosciutto e melone: Viva l'Italia.
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Giugno 2016. Voglia di Argentario
Le case ospitali sono vive. Rifugiatevi, chiudete la porta, fatevi la tana, vi capisco; ma le case vive, vivaci, sono quelle che disegnano perimetri di vita sempre nuovi per gruppi di amici; amici, che siano famiglia, o no. La storia della convivialità dice che la moderna - nel Settecento - nasce con gli amici per condividere e chiacchierare, non nella famiglia che celebra l'appartenenza. Preludio al dire: la casa di Dolcesca e Marco è viva, e ci siamo tornati. Quella dell'Argentario. In mezzo al bosco, sul monte. Gli alberi cresciuti hanno nascosto il mare, ma intanto il loro bosco - quello intorno alla casa - ora si può attraversare; ci sono sentieri, la sorgente è stata liberata. Riemergono le vecchie macere che ancora qualcuno, lì, sa resturare, e che una volta delineavano terrazze coltivate. Fanno giri avvolgenti e armonici di belle pietre tra un albero e un altro, anche quelli resuscitati a nuova vita dopo aver strisciato e allungato il collo entro una selva che solo i cinghiali sapevano percorrere. Sono rispuntate delle marasche, un nocciolo, un fico che non si sa se fa frutti selvatici o no. C'è un nuovo grosso gatto affettuso, Tonton, figlio di Jojo, mentre la scontrosa Mimì è sempre lì a guardar storto e scappar via. E c'è una veranda nuova, una vera stanza senza pareti, anzi con pareti di bambù che si avvolgono e filtrano la luce come un ricamo; c'è una cucina in muratura, un grande tavolo, un divano. Marco ricrea ancora una volta l'Oriente con la sua sapienza e conoscenza di quello; le sue stanze dove non si sa se sei dentro o sei fuori, e a un passo, dopo una cortina di bambù - vivi, questa volta - c'è il bosco e le tracce dei cinghiali in quotidiana visita. Ci danno una stanza fresca, con cortine di bianco cotone leggero, un bagno pieno di conchiglie e di pietra sempre bagnata, come fosse fontana di giardino: la casa è amata. Qualche giro ci ricorda che siamo in terra di vino - visitiamo una cantina disegnata da Renzo Piano, tutta segni rossi e verdi, come un castello nella campagna - sfioriamo tombe etrusche (che sempre parlano fitto). Menu: Guacamole, Albicocche e fichi farciti come l'estate vuole, Pizza di patate, peperoni ed erbette, Agnello brodettato, Crema di piselli, Torta ad anelli con cioccolato, acqua di fiori d'arancio e scialle di glassa, Gelato di crema.
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Giugno 2016. Invitiamo i libri a cena
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Giugno 2010. Cene a Capalbio
Capalbio, si sa, è abitata da romani vogliosi di bollente spiaggia nera e senza conchiglie, di accenti toscani, di spini di istrice e di odorosa campagna. Polsonetta e Cornucopio vi hanno messo radici, in quella zona di costa campestre e di casali che è stata ente Maremma, e insieme a loro diversi amici; ogni tanto Nunchesto ed io vi abbiamo fatto rapide puntate, questa volta mi sono fermata due giorni, il che vuol dire due cene (e l'intera lettura di un libro di viaggi: Freya Stark nell'Hadramaut). Ci furono due cene in stile campestre, marino e amicale. Si perde tempo, indaffarati, tutto il giorno; si va in spiaggia, si visita l'orto dei vicini per chiacchiarare e prendersi frutta e verdura, e solo all'ultimo si stende la tovaglia, si pulisce il pesce, si lava l'erbetta e insomma in rapidità si ammannisce un buon pasto mentre arrivano gli invitati, molti portando o cucinando lì per lì qualcosa.
Cornucopio ha fatto per due volte il suo cosiddetto Pilaf al limone, e due volte - a grande richiesta - i suoi Pomodorini fondenti. Preciso con contrizione che il riso è venuto meglio la seconda volta, quando ho compreso che non era un pilaf e quando Cornucopio ha capito che non doveva seguire i miei consigli. I pomodorini sono stati perfetti ogni volta.
Polsonetta ha provato le Alici arriganate e un gran pesce al cartoccio, Nuna gli ottimi Pesce al sale e Dadolata di tonno. Mentre si spadellava si facevano grandi osservazioni e consulti, e per inciso comunico che abbiamo deciso che la ricetta delle alici arriganate va messa a punto: così com'è i peperoni sono pochi e le alici stanno lì troppo e tendono a disfarsi. Abbiamo deciso che quando un calabrese dice "poco olio" (è l'amico di Polsonetta che le ha dato la ricetta) dobbiamo raddoppiare quello che ci metteremmo di testa nostra.
C'è stata la Torta della nonna di un celebrato forno di Orbetello, io ho ho cucinato la Flognarde di pesche e lavanda, accompagnata da un Gelato di cioccolato agli agrumi. Inoltre ho fatto una Pseudo quiche con il tartufo. Qui si è aperto tutto un altro capitolo: la casa di Polsonetta e Cornucopio rigurgita di pentole, teglie e padelle - tutte formato "passa la fame" - ma non c'erano né teglie di porcellana da forno adatte alla flognarde o alla pseudo quiche, né matterello per stendere la pasta. Rimediati dei sostituti per i primi due scopi, ho iniziato a perorare la causa del manico di scopa ben lavato per l'ultima bisogna, ma mi sono state proposte bottiglie e infine è stato adottato il manico di un cucchiaio di legno bello lungo, che ha steso una pasta sì gobutella, ma che si è prestata a fare la sua parte. Sul tavolo: Alici arriganate , Dadolata di tonno, Pilaf al limone alla maniera di Cornucopio, Pomodorini fondenti, Torta della nonna, Flognarde di pesche e lavanda, Pseudoquiche con tartufo, Gelato di cioccolato agli agrumi
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Giugno 2006. Un frammento di cena
Chi eravamo? Cosa ci fu oltre a queste poche tracce che ne restano? Non riesco a credere che mi baciò la Dea della Creanza, ma vedo tre sole portate: Zuppa di agnello e finocchiella (amava farla Nunchesto, tra i pochi piatti in cui mai si cimentò, degnamente buona); Sformato di ricotta alle erbe con capello di indivia (questo era mio: lo avevo pensato, me ne ero compiaciuta); Sbriciolata frattese (ricordo la delusione, non mi piaque, fu uno scorno; sono decenni che mi riprometto di ripeterla per vedere se non c'è nulla da fare, quanto il difetto fu nel manico).
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