martedì 31 marzo 2009

Tachin. Sformato iraniano di riso e pollo.

Siamo entro una raccolta dedicata ai risi: Risotti. Di tutto un po', Risotti di pesce, Tielle, timballi, sartù, gratin, Questo e quello, Neri, rossi, integrali, Esotici: pilaf, pilav, pilau, polow, pulaka. Medio oriente, Asia Centrale, Esotici; i dorati risi persiani, tah-digh, Esotici. India, Esotici. Pilau dell'Africa sub shariana.

Da Artemisia

Seguo la traccia che di questo piatto dà Claudia Roden, La cucina del Medio Oriente e del Nord Africa, Ponte alle Grazie 2006. Avrete un guscio morbido e dorato al tempo stesso, e un interno soffice e sgranato; l’insieme dei sapori è elegante, delicato e insieme assai definito e suggestivo; direi che è un piatto ottimo. Ho intenzione di provarlo anche con polli interi, cotti con altre cotture. Per questo piatto Roden dice di usare un pollo, comunque cotto, disossato, e la quantità di riso indicata è il doppio della mia. In questo caso gli strati si moltiplicano. Mentre aumenta lo spessore dello sformato, badare che il riso con lo yogurt salga anche sui lati della pentola. Roden non usa mirtilli, ma crespino, che ha frutti aciduli. E' il più noto e tradizionale dei piatti iraniani. Sempre Roden dice che si può anche cuocere in forno. Io ho usato una grande padella spessa e antiaderente; se fosse una pentola più leggera e non antiaderente, prima di mettere il riso ungetela di olio, e al momento di sformare poggiatela su una superficie fredda e bagnata per favorire il distacco della crosta. Protagonista di Aprile 2009. Un menu mediorientale (si fa per dire) stringato (questo sì) ma seducente. Qui vedete come avvolgere, per questo piatto, il coperchio con una pezza: Il coperchio aviluppato per il riso persiano, tah-digh.

Per sei persone.

Tagliate in piccoli pezzi un petto di pollo. Fatelo rosolare in padella con olio d’oliva e una cipolla tagliata finemente. Se volete far meglio, fate prima rosolare la cipolla, poi tiratela via, quindi rosolate il pollo, poi rimettete tutto insieme. Questo permette di controllare meglio la cottura sia del pollo che della cipolla. Fate cuocere coperto finché il pollo non è cotto, controllando i liquidi ed eventualmente aggiungendo un po’ d’acqua.

Salate e pepate con pepe nero appena macinato.

Sciacquare due tazze (ogni tazza, 250g) di riso basmati mettendolo in un setaccio e passandolo sotto l’acqua.

Metterlo in una ciotola e coprirlo di acqua tiepida salata. Lasciarlo per qualche ora, anche tutta una notte.

Cuocerlo assai brevemente, versandolo a pioggia in una pentola con abbondante acqua salata e tirandolo fuori molto al dente.

Battere in una ciotola due vasetti di yogurt greco intero e un uovo; sciogliere un cucchiaino di zucchero in un cucchiaio d’acqua, aggiungere un pizzico di pistilli di zafferano. Mescolare ogni cosa.

Immergere i pezzi di pollo in questo yogurt zafferanato.

Mescolare metà del riso nello yogurt che resta.

Versare il riso con lo yogurt in un’ampia padella con il fondo antiaderente.

Fare uno strato di pollo.

Aggiungere una manciata di mirtilli rossi essiccati, sparpagliandola sul pollo.

Coprire con il resto del riso senza yogurt.

Pressare delicatamente, nel caso aiutandosi con un velo di pellicola che poi ovviamente toglierete.

Coprire con un coperchio a perfetta tenuta avvolto in un telo.

Far cuocere a fuco bassissimo per almeno 45’. Dopo i 45’ fate la prova del dito: bagnate la punta del dito con una goccia d’acqua, avvicinatela al fianco della pentola; se evapora sfrigolando, è fatta. In base a tale prova, io sono andata oltre di un quarto d’ora.

Rovesciate lo sformato su un piatto e portatelo in tavola.







Erbazzone dolce con le bietole. Emilia Romagna

Nell'ambito delle Crostate, siamo nelle Crostate. Di tutto un po'

Da Artemisia

Ricevo la ricetta da Grazia, un'ospite di AAA. La frolla è un po' risicata, si potrebbe aumentare, la creativa griglia dell'erbazzone fotografato, del 2022, dipende dal fatto che non avevo molta pasta. Se le mandorle le dovete tritare, fatelo unendovi zucchero e amaretti. Al posto del Sassolino, usai del Pastis. Verrà una torta grande - per dieci - e buonissima. In AAA c'è anche un Erbazzone dolce n.2, oltre al classico erbazzone salato: Erbazzone. Reggio Emilia.

Frolla


300g di farina00, 150g di zucchero, 150g di burro, 1 pizzico di sale, 3 tuorli, 3 cucchiai di marsala.

Foderare con la frolla uno stampo a cerniera di 24cm - o una fascia di acciaio -  tenendo da parte un po' di pasta per la griglia.

Farcia

Lavorare 200g di ricotta con 75g di zucchero.

Unirvi 50g di mandorle con la buccia tritate.

Poi 50g di amaretti tritati.

Poi 250g di bietole lessate e tritate.

Poi 3 albumi montati a neve.

Poi un bicchierino di Sassolino (un liquore all'anice piuttosto dolce).

Riempire il guscio di pasta e fare una griglia come per una crostata.

In forno a 180° per 45/50°.




Soufflé di patate e gorgonzola.


Siamo in una raccolta di sformati, terrine, mousse a base di ricotta e formaggi, più qualche polenta alquanto pasticciata. Soufflé di fontina, di patate, di baccalà, di sedano, di zucca, di triglie e olive nere; ma anche quelli che crescono dentro un guscio di pane, di pasta matta, di brisée. Sformati e terrine di formaggio; Polente pasticciate e condite; Soufflé.

Di Artemisia.

Le temuta souffleizzazione del cibo è non solo più semplice di quanto si creda, ma anche un aiuto in caso di una cena approntata in fretta e furia. In questo caso ha dato un certo non so che alla semplice congiunzione patate – gorgonzola, rendendola più festosa. Uno dei piatti di Aprile 2009. Un menu mediorientale (si fa per dire) stringato (questo sì) ma seducente.

Lessare quattro o cinque patate, sbucciarle, schiacciarle con lo schiacciapatate versandole in una pentola.

Aggiungere mescolando, su fuoco basso, un paio di bicchieri di latte e finire con sale, un pizzico di noce moscata e una noce di burro che farete sciogliere. Quando tutto è amalgamato, avete finito la cottura.

Aggiungere 100g di parmigiano grattugiato.

Aggiungere uno a uno quattro rossi d’uovo, sempre mescolando.

Adesso è il turno dei quattro bianchi montati a neve, aggiunti con garbo e mescolando da sotto in su per non smontarli.

Avrete già tagliato a tocchetti 150g di gorgonzola dolce.

Imburrate e cospargete di pan grattato un piatto da forno con i bordi alti, quello che i francesi chiamano plat sabot; capienza: un litro.

Versate metà del composto di patate.

Cospargete di gorgonzola.

Completate con l’altra metà del composto.

Mettete in forno già caldo, 200°, per mezz’ora; scoccata la mezz’ora, aprite e date una bottarella al soufflè per valutarne la consistenza; se la mossa che farà è ancora molto “liquida”, lasciatelo cinque minuti in più. Sappiate comunque che non lo volete di marmo, ma state solo valutando che l’interno sia molle ma non del tutto fluido. Quello della foto è stato in forno 35’.




lunedì 30 marzo 2009

Pseudo quiche con un guscio dolce e farcia di formaggio e mortadella.


Siamo in Torte salate, in particolare Torte salate. Quiche.

Di Artemisia

Ho pensato alla napoletana torta con pasta frolla dolce e farcia di ricotta salata, una bontà. Questa Pseudo quiche con un guscio dolce e farcia di formaggio e mortadella è stato il secondo piatto della cena per le due amiche in supposta dieta, insieme a una crema di finocchio con pane carasau e radicchio di Treviso. La farcia tenera e quasi molle, un po’ acidula, troverà un contrappunto nella frolla dolce. Rifatta per una cena di lavoro a novembre 2024.

Farcia

Avevo 400g di formaggio fresco e acidulo di mucca, quello che per misteriosi motivi si chiama caprino, 250g di yogurt greco intero, una manciata di parmigiano grattugiato, quattro uova. Ho frullato tutto.

Ho aggiunto poscia, a frullamenti avvenuti, 200g di mortadella tagliata alla julienne e ho mescolato.

Pasta frolla


200g di farina00, 70g di burro, 80g di zucchero, qualche goccia di essenza di vaniglia, un uovo.

Ho versato la farcia – si presenta come un composto molto liquido - nel guscio di frolla steso in una teglia di porcellana da forno di 26cm.

Forno già caldo a 180° per 30’.



Crema di finocchio con carta da musica e radicchio tardivo di Treviso rosolato


Siamo in:

Zuppe e creme di pane, in particolare, in Zuppe e creme di pane. Vegetali.

Monografie. Radicchio
.

Monografie. Italia. Cucina e passeggiate, in particolare, SardegnaPane carasau, carta da musica

Di Artemisia Comina.

Due amiche in sedicente dieta venivano a cena, e mi avevano ingiunto di non fare nulla di tentatore; ho voluto cucinare con ciò che avevo in casa, giurando di contenermi. Sono soddisfattissima di questa improvvisata zuppa, che non so perché è venuta assai buona, e forse così non verrà mai più. Ciò che mi è piaciuto è l’uso della lieve, croccante carta da musica, il ragù di cipollotto e radicchio con una punta di dolce nell’amaro, l’ingenua crema fatta di niente con un bel colore che la foto serale punisce.

Per quattro.

Pulire e fare a pezzi un bel finocchio di buona stazza, pelare e tagliare a tocchetti una grossa patata, sbucciare uno spicchio d’aglio, togliere l’eventuale germoglio.

Mettere tutto in pentola con un bicchiere d’acqua, salare, far cuocere finché le verdure non sono disposte a disfarsi; ci vorrà circa mezz’ora di fuoco basso.

Spegnere.

Aggiungere un abbondante ciuffo di foglie di prezzemolo, una ricca manciata di parmigiano grattugiato, una noce di burro.

Frullare tutto finemente. Si avrà una crema di un tenero verdino punteggiato di verde brillante.

Triturare un piccolo cespo di radicchio tardivo di Treviso e un paio di cipollotti freschi.

Mettere in padella con un po’ d’olio d’oliva e.v. e far rosolare senza insistere e far disfare le verdure, ma smettendo appena appassiscono.

Aggiungere un pizzico di panela, o comunque di zucchero scuro; far caramellare lasciando sul fuoco ancora un minuto.

Pepare con pepe nero appena macinato.

Tostare delle schegge di pane carasau (basterà un minuto di tostapane), mettervi sopra il trito di radicchio e cipollotti.

Versare nelle ciotole la crema calda, e deporvi sopra qualche scheggia di carasau con il radicchio.





sabato 28 marzo 2009

Soba in brodo.


Estremo Oriente, in particolare, Minestre e Vellutate Estremo Oriente.

Minestre e minestroniMinestre e minestroni. Vegetali.

Da
Artemisia 

Tento avvicinamenti a quelle magnifiche coffe di soba in brodo che mangia nel ristorante giapponese. Degli spaghetti soba dicemmo già che sono ottimi oltre che belli e li provammo con le seppie, oggi diciamo pure che è ottimo tale brodo.

Ho dei soba verdi (spaghetti giapponesi con grano saraceno e tè matcha), delle bustine di miso soup istantanea allo zenzero (miso al riso: pasta di fagioli di soia con riso, maturata in barili di cedro; una crema marrone dorato), dei funghi orientali essiccati, del mirin (una sorta di sakè dolce giapponese molto usato in cucina), della salsa di soia. Non basta; ho pure del shichimi togarashi, un condimento piccante fatto con un misto di peperoncino, scorza d’arancia, sesamo nero, sesamo bianco, pepe giapponese, zenzero, alghe in polvere.

Per due.

Far bollire per due minuti in quattro tazze d’acqua una zucchina privata dell’anima semosa e tagliata a julienne molto molto fine, un cipollotto affettato pure finemente, un ciuffo di funghi orientali essiccati messi prima a mollo in acqua tiepida.

Sciogliere due bustine di miso con due mestoli di questo brodo, riunire al resto.

Aggiungere da due a quattro cucchiai di salsa di soia, secondo il vostro gusto, e due di mirin.

Bollire per tre minuti 100g di soba verdi, scolarli e raffreddarli con acqua fredda, metterli sul fondo di due ciotole di lacca, una nera e una rossa (non indispensabili, però fanno la loro parte), coprirli con il brodo bollente.

Se si vuole, cospargere con una spruzzatina di shichimi togarashi.

Servire con le bacchette, e alternare ciuffi di soba afferrati con le bacchette e sorsi di brodo. Se ci si fa coraggio, quest’ultimo si sorbisce rumorosamente.



venerdì 27 marzo 2009

Marzo. La cena del disastro pilaf, con elogio della conversazione.


Marzo 2002. La cena del disastro pilaf, con elogio della conversazione. Un bel disastro, cui parteciparono due amici, una coppia che venne a cena da noi; riassumo sotto il nome di Disatro Pilaf. E' pure l'occasione per tessere l'elogio della conversazione ed evocare un soufflé dolce davvero ben riuscito, ma forse irriproducibile. Menu: Crostini di fegato, Anatra all'anice stellato, Riso pilaf la limone (esploso), Sformato di carciofi e piselli, Soufflé di cioccolato con salsa di arance. Per questi meriti, la cena acquisice il tag  Officina riparazioni

Crostini di fegato 

Anatra all'anice stellato 

Riso pilaf al limone (esploso),  

Sformato carciofi e piselli 

Soufflé al cioccolato

Salsa di arance


Come sempre vado di fretta. Ammannisco un'anatra all'anice stellato agli ospiti solerti, che trasgredendo le cincischianti mollezze romane che sempre inducono al ritardo sono da noi a piatti in corso d'opera. Gli sbatto davanti dei crostini di fegato. Mando al fronte Nunchesto, che comunque non vede l'ora di versare vino. Ficco nel forno ancora fumante un piatto di vetro blu sul quale ho rovesciato in furia il previsto riso pilaf al limone. Avvio il microonde (il mio forno è tradizionale e micronde in tutt'uno) per dare una scaldatina; chiudo, mi giro, sento un clicchete. Poche storie: tutto è fin troppo chiaro. Dò un'occhiata e vedo il piatto trasfomato in acuminati pugnali, come se una banda di feroci saladini ammannisse bocconi di grondante riso su minacciose scimitarre. Richiudo il forno. Estremi rimedi: non faccio una piega. Fronteggio a piè fermo il fatto che il dolce non è concluso e che bisogna temporeggiare: si tratta di un soufflè di cioccolato, che va ficcato nel disastrato forno 20' prima di venir mangiato.

Mi soccorre l'ospite. La foga ardente della sua conversazione si espande in lungo e in largo, riempiendo i vuoti di tempo e di cibo. La sedia viene furiosamente cavalcata, il tappeto tormentato e ritorto, gli animi distesi e distratti. Arpeggia anatemi, sempre nutrienti. La vita universitaria italiana presta così bene il fianco. Sullo sfondo fa baluginare storie di convivialità dotte e lontane, vissute in anfratti nordici dove sverna in sabbatico. Lì consessi di studiosi, buttata la carta stagnola delle Discipline per avventarsi sull'acciaio dei Problemi (splendente metafora haimè non mia: sto parafrasando un tale del quale mi sfugge il nome) avviano fecondi confronti durante austere ma intellettualmente proficue convivialità.

La foga dell'amico era contrappuntata dalla malizia della paziente compagna, che insinuava con accenti toscani aver sentito chiedere che si passasse il sale. L'introduzione di toni sfumati non faceva che accrescere la seduzione di tutti quei temi e situazioni appassionatamente evocati e insieme l'invidia e la partecipazione mia e di Nunchesto. Per gareggiare con quelle iperboree tavole rotonde, noi ci si buttava gioiosamente contro i flutti del discorso dell'amico, tentando a nostra volta qualche spruzzo, o gocciolina.

In breve, io al pilaf non ci pensavo più; si mangiava invece uno sformatino di carciofi e piselli non eccelso che la penuria faceva forse apprezzare, ma chi - tranne il critico Nunchesto, che poscia ha battuto il tasto più volte - osava lamentarsi?

E il soufflé, direte voi, se appena appena state simpatizzando con la cuoca? Be', fu ammannito. Tra un'ondata e l'altra, gridando ancora dalla cucina un parere non so più se sul rapporto tra Harun-el-Rashid, Carlo Magno e Bisanzio, oppure sulle cause della morte dell'elefante che il primo regalò al secondo, oppure sulla questione: l'uomo è in grado di sviluppare le potenzialità del suo cervelluccio alla velocità con la quale modifica l'ambiente? E' apprendista stregone, degno figlio di Gaia, o perfino intelligente? Questo, tanto per darvi l'idea, ma non vi dico cosa siamo stati in grado di accumulare, fino all'ultimo momento, ancora infilando i cappotti e baciandoci sulla porta...

Insomma, per tornare al Disastro, vado in cucina, infilo marzialmente un paio di guanti di gomma, afferro la teglia in cui cosse l'anatra, marcio verso il forno, lo apro, prendo con mano ferma un tagliente frammento via l'altro, li schiaffo nella teglia, abbranco a manciate e schiaffoni il riso, ripulisco, sprofondo la recuperata monnezza nel secchio; mi volgo al soufflè, monto i bianchi d'uovo, mescolo - qui c'è il tocco umano: combatto un cedimento e stringo i denti - verso nello stampo, metto in forno!

Torno alle tempeste intorno al tavolo, che ora mi sembrano tranquillo lago con rispecchiata luna, e mi godo l'accento milanese dell'amico. Che è tanto più accentuato quanto più è determinato il suo esilio da quelle regioni, che tuttavia non manca mai di evocare, come porto che continua a sfiorare con la mente, al quale sempre potrebbe approdare e sempre sfugge. Amico acquatico senz'altro, infatti non ha radici, ma chiglia, e giustamente si tiene la preziosa ancora della sua milanesità. La tosca compagna, con cui ha un bel bambino che forse ancora non si sa se ha chiglia o radici, coltiva anche per lui terreni erbosi e alberati, perchè abbia qualche carota e qualche mela da ficcarsi nella bisaccia quando prende il mare.

Si, ma il soufflé al cioccolato? Il soufflè ci mise del suo, crescendo con una lentezza che avrebbe turbato un animo meno temprato; ma io quella sera, io stessa, ero passata dalla carta stagnola al duro acciaio, e tutta rilucente me ne fregavo, continuando a chiacchierare perdutamente.

Però alla fine, diciamolo, era parecchio buono; crosticina croccante in superficie, calde e cedevoli mollezze interne, una squisitezza... Perchè non dò la ricetta? Debbo verificare il tempo che stette in forno, non so più quanto: non posso dirvi 20 minuti e farvi aspettare due ore: se non aveste un ospite come il mio, che cavolo fareste? Pensate a quelli che aspettano il piatto successivo come collegiali tristi alla mensa, quelli che quando hanno il cibo davanti, mettono giù la testa e ingollano, e quando hanno finito, tirano su la testa e vi guardano. Cosa fareste? Vi vorrei vedere!






FRANCIA. AVEYRON. CONQUES. SAINTE FOY.


Particolare. Secoli V (?) – XVI. Lamine d’oro e d’argento dorato sbalzate, filigrane, pietre dure, cammei, perle, smalti, cloisonnés, perle di vetro e di cristallo di rocca. Testa in oro del basso impero (V secolo?). Anima in legno, cammei, intagli antichi e primo rivestimento in oro dell’ultimo quarto del IX secolo. Apporto di elementi nuovi nel X secolo (corona, orecchini, bande filigranate, trono). Palle di cristallo e loro supporto del XVI secolo. Avambracci e mani in argento dorato del XVI. Le placche delle calzature e il filetto d’argento che le incastona sono stai riferiti a prima del XVII secolo. In data indeterminata un opercolo quadrilobato è stato praticato all’altezza della cintura per permettere di vedere la reliquia. Tesoro dell’antica Abbazia do Conques, Aveyron, Francia.

Testo e immagine da FMR, n.1, marzo 1982.



Immagine, da Visiter Conques, Fau J.C., èd. Sud Ouest,1999

Nell’abbazia di Conques, un reliquiario rappresenta una figura umana in maestà. Un po’ Sainte Foy, la santa del luogo, un po’ un imperatore romano del basso impero di cui si recupera il volto per incastonarlo nel nuovo idolo, un po’ un prototipo delle Vergini nere che popolano l'Auvergne.

Un simbolo intorno al quale non si è cessato di trafficare per secoli, mescolando, aggiungendo, confondendo, arricchendo. Avventurosamente scampata alla Rivoluzione, resta a fissarci con i suoi occhi che non ci guardano.

giovedì 26 marzo 2009

Pizza con verza, salsiccia e provola affumicata


Siamo in Torte salate, in particolare in Torte salate lievitate.

Di Artemisia Comina

Amo assai le torte fumanti con l’involucro di pasta lievitata cosparso di sale grosso e le trippe di saporita verdura.

Lessare al dente in acqua salata le foglie di una piccola verza.

Sgranare la carne di tre salsicce in una padella, farla rosolare.

Affettare mezza scamorza affumicata, ricavarne delle striscioline.

Pasta


500g di farina00, 200g di acqua, 100g latte, 30g di olio d’oliva, un pizzico di sale, uno di zucchero, mezzo panetto di lievito di birra. Iniziare dal lievito e dall’acqua tiepida, mescolare con lo zucchero, attendere che schiumi, aggiungere il resto, impastare, attendere la lievitazione.

Stendere  due dischi di pasta, uno un po' più grande.

Poggiare il disco più grande in una teglia metallica, oliata, di 28cm di diametro.

Mettervi verza, salsiccia, scamorza.

Chiudere con l’altro disco di pasta sigillando per bene i bordi, che sfrangerete con la punta delle forbici.

Bucherellatene la superficie con la punta di un coltellino affilato.

Fare un giro zigzagante d’olio d’oliva sulla superficie della pizza, cospargerla di sale grosso.

Cuocere in forno già caldo ad alta temperatura, 250°, finché non è dorata; calcolare una ventina di minuti.




VENEZIA. CAPITELLI DEL PALAZZO DUCALE. GLI ANIMALI.















Per i nostalgici di Venezia...

foto di Nunchesto e Artemisia.

martedì 24 marzo 2009

Marzo. Una cena medio orientale, poichè si va in Turchia.



Entro la Monografia: Medio Oriente - Nord Africa AAA dedica un post ai Menu. Alcuni sono caratterizzati da ricette molto turche, come quelle che si trovano qui: La cucina turca di AAA, altri spaziano nel più ampio ambito del Medio Oriente.   

Marzo 2009. Una cena medio orientale, poichè si va in Turchia. Ci si incontrava per combinare un estivo viaggio in Turchia. Mi sono messa di buzzo buono a creare un’atmosfera medio orientale. Per prima cosa, ho raccolto tutte le mie ceramiche marocchine ed egiziane, meditando su cosa ci avrei schiaffato dentro. Ho fatto un tale tuffo, con la fantasia, in questo tipo di cucina, che penso mi ci attarderò per un po’. Il cesto di carciofi è stato un gradito dono. Ho ammannito: Hummus di ceci (portato da Polsonetta), sempre apprezzato da tutti, Crema di carote marocchina, fredda e lievemente piccante, che contrastava con la soavità della crema di fave calda, Crema di fave turca con cipolle rosse e menta, Crostini e pane arabo, Chilau, riso all’iraniana, sgranato, soffice, e con crosticina dorata e croccante, che accompagnava i molli succhi della tajine e del koresh, Tajine di agnello con albicocche e prugne, Koresh iraniano di manzo con rabarbaro, Basboussa con pistacchi, fresca nel suo bagno di sciroppo non troppo dolce, Crema di pere all’acqua di rose, Dolci turchi portati da Lucia. Per finire, Caffé e Tisana ai frutti rossi.

Hummus di ceci

Crema di carote marocchina

Crema di fave turca

Crostini e pane arabo

Chilau, riso all’iraniana

Tajine di agnello con albicocche e prugne,

Koresh iraniano di manzo con rabarbaro,

Basboussa con pistacchi

Crema di pere all’acqua di rose

Dolci turchi

Caffé e Tisana ai frutti rossi














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