Febbraio 2011. La cena della débâcle. Si prevedevano piatti leggeri ruotanti intorno a un piattone che, se mangiabile, avrebbe avuto l'invadenza del piatto unico. Era la baekeoffa, carni grasse di manzo, maiale, agnello, lungamente marinate in vino d'Alsazia con molte erbe e verdure, fatte cuocere infinitamente a calore basso e sigillato. Sull'infinitamente cadde l'asino. Le tre ore previste risultarono nulla per l'enorme riottoso malloppo - c'era anche una coda di manzo, oltre tutto. Deposto con sforzo in tavola, l'immane peso subito rivelò sotto l'argenteo, lacerato sarcofago un contenuto pressoché vivo, e venne velocemente riportato in cucina, avendo deposto appena un frammento in ogni piatto di quei pochi pezzi che mostrando un po' di pietà stavano virando verso il cotto.
La cosa curiosa su cui ho avuto modo di stupirmi e che rivelo spudoratamente è che io, la cuoca, non ho sentito - capperi! - imbarazzo alcuno: le guance non arrossavano, il cuore non si contraeva, le ginocchia non tremavano. Piuttosto ho visto con odio e sollievo sparire dalla vista il pentolone, e mi sono subito rasserenata pensando che c'era abbondanza di formaggi francesi, cui aveva provveduto Nunchesto: non c'era rischio si morisse di fame. Solo ho sentito la preoccupazione di cosa farne, dell'orrida massa. Come fronteggiarla in due, ammesso che mai cuocesse, la scellerata? La campagnola retriva che è in me, che coltivo con rispetto perchè mi dice che non si butta nulla, e così come non butto gli avanzi non getto via nemmeno lei, già si preoccupava della fine di quel ben di dio. Solo questo pensiero oscurava la mia serenità. Mi sono accorta che non perdo la faccia: ce l'ho appiccicata sull'osso come una patella, restava lì nonostante le occhiate di fuoco di Nunchesto mi raggiungessero dall'altra parte del tavolo come la pioggia dell'Apocalisse. Lo stesso Nunchesto che usciti gli ospiti ha fatto il gesto del dito a gancio picchiato sulla fronte, facendo uscire dalle labbra contatte la parola daube (un certo stracotto francese che una volta o due mi riuscì bene e che spererebbe di rivedere, invece di tutte queste sperimentazioni) e qualcosa del tipo: dobbiamo loro presto un'altra cena.
Càpita che sulla nostra tavola compaia rarissimamente due volte lo stesso piatto, poichè il mondo è vasto, la curiosità alta e la possibilità di mangiare a quattro palmenti ridotta. Non restano che gli ospiti, cui dedicare le esplorazioni di cui non posso fare a meno. O la va o la spacca, quindi, e benchè l'espressione di Nunchesto suggerisse che tali débâcle accadono continuamente, io invece vi dico che così plateale è la prima volta che mi succede. Altre volte - non infinite, checchè ne dica la vipera - un piatto marginale è sparito in cucina senza parere, e l'insieme non ne ha risentito. Ma questa volta il fulmine si è abbattuto sul supposto piatto centrale, quindi... Per i curiosi: la bestia è stata cotta e ricotta e infine domata e un po' mangiata, ma oramai senza equanimità di giudizio; il resto è sparito nel freezer.
Gli ospiti? Non hanno fatto una piega. All'altezza della situazione, insomma. Ma i baffi di Alfredo (l'Alfredo che con Ida che ci ha accolto così, per dire) sono diventati man mano più malinconici: la prossima sarà una cena tradizionale (vedremo cosa mi verrà in mente), non bisogna strapazzarlo con sperimentazioni. Per tali motivi, questa cena va in Officina riparazioni dove si narra di disatri accaduti, mancati, recuperati.
Voglio dire due parole sui disastri. Sono il sale della cucina: non sono d'accordo su chi poi si uccide, temere il peggio dà al lavoro quel certo non so che che non deve mancare. Da quando tengo questo blog, dal dicembre 2006, questo è il primo vero disastro (lo dico per la reputazione, poiché va bene la patella, ma...); uno che accadde prima di quella data è raccontato qui: disastro pilaf ed elogio della conversazione, un altro più recente qui: un soufflè dolce che esplode continuamente.
Sì, ma il menu? Allora: un Formaggio di capra mescolato al gorgonzola piccante avvolgeva dei chicchi d'uva e poi era stato rotolato nei pistacchi, oppure avvolgeva una prugna ed era rotolato nel cocco. Poi una Crema di castagne al pastis con un cappelletto di radice di prezzemolo fritta. Poi, eluso il piattone, la Baekeoffa, e ci si è consolati con Formaggi francesi. Quindi una magnifica Misticanza. Avevo pure fatto dei gonfi Panini allo strutto, con aglio gli uni, peperoncino gli altri. In fine, una Zuppetta di frutti rossi con crema di pere allo zenzero.
Ricette (quelle che vale la pena di dare):
Formaggio di capra al gorgonzola, chicchi d'uva e pistacchi, oppure con prugna e cocco
Crema di castagne al pastis con radice di prezzemolo fritta
Formaggi francesi
Misticanza
Panini allo strutto con aglio e peperoncino
Zuppetta di frutti rossi con crema di pere allo zenzero
12 commenti:
Non è ragionevole fare 'prove' preventive per un piatto monstre come la baekeoffa. Si tratta di fondamentali esperienze in comune e gli ospiti-amici lo sanno. Altrimenti che Accademia è? E poi c'era uno sterminio di delizie a tappare qualsasi buco.
E staremo a vedere le voluttuosità che saprai trarre dalla materia semibruta in freezer.
Scusami, Artemisia, ma sto ancora ridendo per la tua patella e le occhiate incendiarie e i baffi mesti...
Approvo incondizionatamente l'imperturbabilità di Artemisia.
Approvo, approvo, approvo tutto, specie questo Artemisia-pensiero:"Voglio dire due parole sui disastri. Sono il sale della cucina: non sono d'accordo su chi poi si uccide, ma temere il peggio dà al lavoro quel certo non so che che non deve mancare."!
Arté, io non mi sarei arresa all'ammasso di carni semi crude... Avrei riacceso il forno al massimo e con una bottarella di grill, in 10-15 minuti avrei portato tutto a cottura... :DDDDDD
analoga patella appiccicata alla mia faccia, analoga voglia di sperimentare con risultati talvolta disastrosi, specie se scordo le cose dentro il forno.
analoga voglia di riderci e capire perfino la campagnola che è dentro di te ma anche dentro di me.
che sia un vizio?
Intanto la tua débacle ci ha procurato una lettura stupenda, quindi... E poi sono sicura che il difetto stava nel manico, cioè nella carne. Per qualche ragione rifiutava il trattamento. Non sei stata tu!!!
Ci delizi sempre, comunque
bene: facciamo un club: quelle con la faccia a patella :))
isa, mi hai ricordato una vecchissima vicenda, che accadde in una cucina di tanti anni fa, me giovinetta. una certa gallina che avrebbe dovuto essere in brodo cosse e cosse e cosse per ore restando lucente e dura come un sasso. vinse lei. ne ricordo la beffarda durezza intatta giacente sulle verdure carbonizzate nel fondo della pentola oramai asciutta. la chiamai l'arcangelo Gabriele e attribuii alla divina qualità delle sue carni la sua immortalità.
e a mia volta una débâcle storica: un'oca ruspante mega. Una cena importante non avevo timori perchè l'oca non mi era nuova (ma quella sì nata negli US, dove mi trovavo allora). Cuoce nel forno per 4h, la tiro fuori: stupenda... Gridolini di ammirazione. Taglio qualche fettina dal petto, delle belle porzioncine di croccante pelle... ed è tutto: il resto mmangiabile, duro e fibroso.
Per fortuna, appunto, c'è l'intorno e dintorno.
Mi piace l'idea del club
allora dico la mia,
vuoi chiamarla debacle, fai pure, a me pare un'esagerazione, ma che disfatta sarebbe se nella sostanza è un banale problema di cottura? la cuoca sbagliò i tempi ma non è faccenda di bravura ergo una se la cava con gran sorrisi e una divertita nenia di pardon m'è sfuggito il tempo! che vuoi che sia in tempi di relatività! ci credo che non sbiancasti né arrossisti di cosa poi avresti dovuto pagar il fio? gli occhi di fuoco di nunche! ma dai! col quel po' po' di tavola che s'allestisce in casa vostra con quel clima conviviale di cui perseguite maxime l'arte, ti par credibile dire debacle per una storia di forno?! via non è cosa!ad una wonderwoman quale tu sei io penso che tutti gli astanti avrebbero dovuto farti applausi a scena aperta e magari a mezza bocca perché no? un plausibile sospirino di sollievo della serie c'è giustizia a questo mondo, anche le performer d'eccellenza possono toppa'! un po' d'umanità per giove capitolino! con tutto quello che tu fai che a me mi pari sovrumana, su tutti i piani e sono tanti ed è un mistero credo per tante di noi capire come tu faccia nella gestione concreta dell'eccellenza operativa dove sono incanalati i tanti tuoi talenti!! (ah vuoi ridere?t'ho sognata una volta munita di poteri straordinari! il sogno dà una spiegazione sai com'è?!) perciò cara la mia artemisia la tua papaverina amica, se lì fosse stata presente un abbraccio t'avrebbe dato giacché la vulnerabiltà almeno un po' com'è liberatoria! ed ogni attimo liberatorio virtuosamente provoca contagio e tutti si rilassano ingaggiati -succede! a flussi d'autocoscienza e a racconti personali di identici accidenti capitati!
Eh insomma il piatto clou che entra ed esce immantinente fa la sua figura!
Associazioni "anch'io" lì per lì non se ne ebbero, poiché ho avuto il genio di produrmi in questa scena con Ida, che - basti vedere il link alle sue due cene - non ci pensa proprio a correre i miei rischi. Vero è che non ha fatto una piega ed è rimasta lietissima, in linea con l'inappuntabilità. Quanto a Pomaurea, l'altra ospite, ne ha già viste abbastanza in questa casa e partecipato ai retroscena della cucina per sentirsi forse più da quella parte che in camera da pranzo. Grazie a dio non si è prodotta in associazioni del tipo "ti ricordi quella volta che hai offerto il maiale ad Ester e poi come non bastasse Carlo le ha bombardato il piatto con schegge di porcellana e quindi lei non solo mangiò maiale ma anche cosparso di ceramiche"?
Papavero, vieni un po' ad abbracciarmi, che 'stabbraccio qui lo prendo con gran piacere!
che voglia di un abbraccio fisico con te! quando succederà?
scorre l'attesa ma prima o poi accadrà!
io verrei a mangiare a casa tua per vedere dal vivo i piatti, le tovaglie (specialmente quelle da te ricamate), per mangiare quei meravigliosi formaggi e per bere quelle stupendissime bottiglie, per carezzare Nuvola e per godere dei tuoi esperimenti riusciti o da mandare in officina riparazione :-)
Dal tuo commeto direi che te lo meriti senz'altro, un invito.
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