mercoledì 25 maggio 2016

Insalata di limoni della costiera amalfitana. Campania.


Da Artemisia.

A maggio 2012 siamo sulla costiera. Tra Ischia Furore. Giorni felici, snocciolo gli appunti che ho preso.

Ischia. E così apprendo che sono seduta su un vulcano sottomarino. Ma caso mai gli venisse in mente, è più facile che sputi una colata di lava piuttosto che fare un botto. Mi consolo?

Visita a certi giardini di quelli dove la vegetazione ischitana rigurgita di salute, foglie, linfa, fiori. Piscine ovviamente; termali anche, e mare battente prossimo. Annunciano mostra piante rare - bugia, ma i fiori eccoli; felici, ovviamente - però gli annunciati insetti giganti che non pensavamo di trovare ci sono eccome, e la trascinante energia della loro balia maschio che li tira fuori dalle teche facendoseli passeggiare sul braccio spaventando chiunque (tranne una vecchia strega) ci seduce. Insetto foglia, insetto ramo, insetto cornuto, insetto che fischia, insetto che sputa, tutti li ammiriamo, mentre lui prudentemente li vezzeggia e insiste col dire che quando noi non ci saremo più loro ci saranno ancora.

Ischia. Regina Isabella. Non dimentico la vecchia icona che cenava sola, cappello in testa, tintinnando come una Santa di legno appena poggiata a terra dai portatori, rifinita e acconciata come un pacchetto di gioielliere. Sola, ripeto. Tutte le sere. Vecchia, perfettamente curata, sola, lo sguardo che non cercava

Ischia. Regina Isabella. Mi piace lo stile napoletano. Ironia non confidenziale, accennata, mezzosorriso tra occhi e bocca, nella padronanza del ruolo. C'è anche molta pazienza (maître, camerieri; tranne quello che mi ha cazziato perché mi ha trovato accanto alla macchina delle spremute che ragliava sputando bucce; mi sono fermamente dichiarata innocente).

Ischia. Regina Isabella. Il maître mi dice che vent'anni fa c'era anche lui. Eravamo tutti ragazzini; voce velata di malinconia ischitana. Ragazzini cresciuti qui, dentro l'albergo. Aumentando la taglia dell'impeccabile giacchetta.

Ischia. Regina Isabella. Il sogno della prima colazione, ingenua onda speranzosa, si infrange in morti rivoli sul molo della banalità al servizio della fisima, ma non del gusto e della fantasia.

Ischia. Regina Isabella. Colazione sul mare luminoso con una macchina per la spremuta d'arance progettata da Kafka che sanguina sulla tovaglia ruminando rugginosamente e tremando come metallico orco che medita massacri.

Ischia, Regina Isabella. Ricordi di venti anni fa. Ma il tempo si confonde ancora, e mi pare di esserci stata negli anni Cinquanta, cui rimanda tutto, qui. Siedo su una poltroncina anni Cinquanta, sento il mare che sospira anni Cinquanta.

Ischia. Giardini della Mortella. Questa mattina cerchiamo lady Walton, genius loci - era viva quando venimmo la prima volta, ora c'è il suo monumento commemorativo -  la sua pozza nascosta e limpida, così come lui ha una roccia spavalda.

Ischia. Congedo. L'autista dice: qui i crateri sono cinque, torno torno, coperti di vegetazione ma si vedono, è tutto un vulcano fino a Pozzuoli, vengono su i fumi dalla terra, il suolo viene su e ricade giù. (quelli abituati ad abitare sul bordo dell'altro mondo).

Costiera, Furore. Il tempo graffiante, il bel terrazzo, il gentile giovane, la mola che sta nella sua casa che è anche B&B. Tenuta La Picola, Via Picola 1, Furore SA, 333 948 0587. Accarezzo i bei limoni sottratti con destrezza al gentile giovine; uno gentile davvero - si vede - che possiede il più bel terrazzo di Furore. E un albero gonfio di rami, la chioma esplosiva avviluppata di garze scure come un rajastano col turbante, sotto le quali vedo rilucere un numero spopositato, davvero spropositato di limoni giallo vivo; non sa se sfasciarlo o no, il tempo soffia e graffia, l'aria è fresca freschissima, le nubi corrono, lui dubita. Intanto ne ha un cestino di colti, li dona agli amici, li arraffo con gli occhi. Che debbono fare gli amici? Me li cedono. Non mi vergogno (forse un po'). Ora, come un cacciatore, debbo fare omaggio alla preda e al suo dio. Chiedo ad Antonella che farne. L'insalata di Ischia, mi dice; ora però la fanno in tutta la costiera: limoni, arance, finocchio; l'olio non serve.

Insalata di limoni della costiera amalfitana
 
In due ne mangiamo una coffa, felici. Nel menu di Maggio 2016. Un diner in due tappe.

Limoni amalfitani affettati in piccoli spicchi, sopra arance idem (la volta dopo adotto arance pelate al vivo), finocchio affettato (l'olio non serve).

Ci metto su una spolverata di pepe nero di mulinello.

Poi li rifaccio. Sul tavolo di cucina, schieramenti che fronteggiano la cena che si approssima. Nel menu di Settembre 2019. Un menu vegetariano, ma non ce ne siamo nemmeno accorti.

Affetto finemente un limone sfusato, taglio ogni fetta in piccoli spicchi (per questo lo vedete poco, ma c'è, c'è).

Affetto polputamente un arancio, taglio le fette in quarti (penso sia meglio che la bocca incontri la ricca polpa dolce dell'arancio e la minuta agra del limone).

Affetto abbastanza finemente un grosso cuore di finocchio femmina.

Un po' di sale

Mescolo ogni cosa subito prima di servire.













 




2 commenti:

Pellegrina ha detto...

L'insalata di agrumi è buonissima, ma a me serra il cuore. Ogni volta che leggo ricette del genere mi riesplode nel cervello una delle scene più tristi della letteratura: i contadini messinesi, pagati in natura dal padrone, che tentano di andare a vendere le arance in Calabria, ma non ci riescono, e non hanno altro da mangiare che quelle, con disperazione, nel vento freddo del traghetto, in pieno inverno.
(Ovviamente Vittorini, Conversazione in Sicilia. L'ho letto a scuola e mi si stringe ancora il cuore ogni volta che ci ripenso.)

artemisia comina ha detto...

Siamo crudeli, spesso.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...