sabato 8 ottobre 2011

GRECIA. DODECANESO. LEROS. PANDELI
















Leros è curiosamente variegata. Ricordo la mente che vagava lontana e il corpo paziente, affidato alla fedele sedia impagliata, delle signore che passano il giorno nella chiesa della Madonna del Castello piena di santi; la malmostosità irritata, la guida brusca, il parlottare tra loro per poi rivolgerci dure ambasciate dei due tassisti che ci hanno accompagnato per due ore sulle sue creste ricche di golfi che andavano continuamente aprendosi al nostro sguardo e che ci consolavano del fatto che noi volevamo andare da una parte e loro ci portavano dall'altra; la malinconia silente, abbandonata, vuota, geometrica di Lakki, un tempo Portolago; quella ancora più cocente di quella parte dell'isola dove un tempo ci fu il disperso tempio di Atena e ora c'è un areoporto che si perde nel mare e l'aspro ricordo degli esuli politici e della guerra degli italiani; l'aleggiare del nascosto manicomio, che nella sua invisibilità onnipresente benché dissolto incombe ancora su ogni parte dell'isola; la quotidianità tranquilla e viva del porto di Pandeli pieno di piccoli pescherecci e bordato di locande e famigliole al bagno; il sorprendente fuoco di un tramonto incendiario; il rifugiarsi nella calma oscura e risuonante di cicale che non volevano mollare il canto della baia della piccola Arcangelos, l'isoletta a nord, in una notte ventosa.

Su Leros. Sotto la pianta della Lonely Planet.

2 commenti:

isolina ha detto...

fa bene al cuore pensare che esistano ancora posti così

Anonimo ha detto...

bello!

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