mercoledì 21 settembre 2011

GRECIA. DODECANESO. LEROS. LAKKI, UN TEMPO PORTOLAGO
















Prendiamo un tassì e chiediamo di fare un giro indicando alcune mete; niente da fare: il giro segue ciò che il tassista ha deciso essere ciò che l'ospite dell'isola deve vedere, e ci porta – alquanto rabbiosamente - dove gli pare. Quindi dopo il Kastro e percorrendo vie che si snodano lugo serpeggianti coste che mostrano sempre specchi di mare molto azzurro tra brulle creste, si va verso nord, dove un tempo ci fu il disperso tempio di Artemide e poi secoli dopo un posto di confino per esiliati politici, passando per la stretta e lunga spiaggia di Àlinta affollata, popolare, separata da una fila di casette dalla risicata via costiera, mentre le chiese bizantine da noi desiderate restano fuori dalla portata forse anche per il solitario e non disturbato sognare cui le lascia la tranquillità dell’isola, non dedita ai turisti.

Il supremo sonno lo mostra la malinconica Lakki, assolata e deserta, con il sole del pomeriggio che massimamente ritaglia l'aspetto tra giocattolo e solido geometrico che hanno gli edifici costruiti dagli italiani tra le due guerre, in un desiderio modernista e coloniale di ridisegnare la fisionomia del Dodecaneso che in questa cittadina, un grande porto chiuso come un lago vista l’imboccatura stretta e per ciò ribattezzato Portolago e attrezzato militarmente, trova una delle sue espressioni più compiute, per così dire da capo a piedi, dalla rotondeggiante urbanistica (vedi la foto dall’alto del 1935 e pensa a tal Sardeli e tal Caesar Lois, ingegneri, che pare ne siano gli artefici) agli edifici (tra gli architetti, Armando Bernabiti e Rodolfo Petracco).

Il cinema teatro dalla facciata cilindrica è oggetto di un restauro dovuto all’Unione Europea che chissà se mai sarà concluso; sotto le sue arcate un gruppo di nomadi alloggia con grazia, felicemente stravolgendo con un sol colpo di gonna l’aria dechirichiana del luogo, che pure riluce nelle vicine arcate della scuola.

Dietro la parata degli edifici si affollano verdi consolanti alberi, palme e pini odorosi che qui mostrano tanta felicità di crescere, assai più degli umani con i loro pochi negozi che non si sa se sono aperti o chiusi e i due tassisti in (eterna) attesa seduti su un par di sedie con l’aria assorta e persa di chi sta per diventare un filosofo.


Su Portolano, urbanistica.unipr.it

Sull’architettura fascista nel Dodecaneso (da lì anche la foto dall’alto) daithaic.multiply.com

Foto di Artemisia e Nunchesto

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