lunedì 30 marzo 2020

Pollo al cardamomo quasi come in India


Da Artemisia orientalista.

Artemisia indiana segue ricette indiane; qui non posso dirlo; mi definisco perciò orientalista; spesso ho pensato, sottovoce: peccato che Said non apprezzi certe ibridazioni interessanti, fantasie di Oriente che hanno prodotto cose belle anzi bellissime, come la traduzione di Burton delle Mille e una Notte. Artè per accompagnamento ci mette un'attrice di Bollywood. Ho un polletto, un galletto (a voi suggerisco un pollo), al mercato non c'era altro, proviamo indianerie per due con quel che c'è in casa - siamo chiusi nella lunga quarantena coronavirus. Con la testa sotto delirate palme, tenendo per mano Parvati, procedo così.

In una grande ciotola mescolo 170ml di yogurt intero, 2 cucchiai di masala (quel misto di spezie che noi chiamiamo curry; potremmo averne di già pronti in barattolo, fatti da noi o comperati), i semi di quattro baccelli di cardamomo,  e il succo di metà limone.

Ci schiaffo un galletto tagliato in quattro parti e mescolo tutto fino a galletto rivestito.

Sale; rimescolo.

Dopo un paio d'ore:

Padella, due cucchiai di ghee, fonderli, aggiungere mezzo cucchiaio di semi di senape nera, farli scoppiettare;

aggiungere un peperoncino verde triturato, parzialmente privandolo dei semi.

Mettervi il pollo scolato dalla marinata, farlo dorare (5').

Aggiungere la marinata rimasta nella ciotola, e una tazza d'acqua.

Cuocere a fuoco lento fino a galletto tenero, controllando che resti un sugo fluido (eventualmente aggiungere acqua).

L'ho accompagnato con steamed rice, riso al vapore (un basmati integrale), spinaci lessati, un fiocco di yogurt intero. Entrambe le cose stanno perfettamente con lo speziato piatto.





1 commento:

Pellegrina ha detto...

Sai a me le ibridazioni piacciono poco. Mi sanno di falso, di scorciatoia. Sensazione quasi sempre confermata se riesco a mettere le mani sull’originale. Tutto diviene all’improvviso più armonico, senza sforzo, calza come un guanto, ha un aspetto più elegante.
Ma capisco che possano piacere. Il guaio è quando:
1) te le spacciano per autentiche, serbando persino il nome, mentre sono semplificazioni, banalizzazioni, adattamenti specie se a pro della miglior commercializzazione, anche a mezzo stampa o quella sua estensione che è il web,
2) soffocano l’originale, rendendolo di difficile accesso, realizzazione, conoscenza, persino memoria,
3) facilitano la scomparsa delle sue componenti, ad esempio in cucina uno o più ingredienti, magari più artigianali o che richiedono più sforzi per essere prodotti, roba che poi magari andiamo a ritrovare con compiacimento nei mercatini selezionati in centro - chi può come tempo-denaro-logistica-informazione-curiosità, ovvio. Perché anche la curiosità è ahimé questione di mezzi intellettuali, culturali cioè in ultima analisi economici.
Insomma quando le ibridazioni si traducono nella perdita di qualcos’altro, manco a dirlo a vantaggio della potenza egemone e della dimensione di sfruttamento economico su larga scala. Ecco perché Saïd ci serve.
Francamente con il gianduia divenuto nutella o la pizza col groviera non direi ci si sia guadagnato un granché, noialtri.

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