giovedì 13 gennaio 2011

VENEZIA. RISTORANTE AL COVO



Dopo molti anni di assenza siamo andati Al Covo e ci siamo trovati così bene da avere voglia di tornarvi subito a cena. Speranzosi. Verso mezzogiorno eravamo passati per un panino dal maestro dei panini di Venezia, a La Cantina, e ne abbiamo mangiato uno ottimo al salame accompagnato da un rosso morbido. Un salame che levati. E sì: se a Venezia mangiate male, vuol dire che non vi siete informati.

Dunque, Al Covo. Accoglienza rosea, sorridente, attenta. Ti rifugi con piacere nella sua luce dorata (hai attraversato una Venezia buia come una città antica, appena punteggiata di luci che vanno spegnendosi e ti sei infilato nel sestiere dell'Arsenale protetto dai suoi molti leoni di pietra, giù giù allontanandoti dalla terraferma e andando verso l'oscurità della laguna), in un ambiente sommessamente elegante come la sua cucina. Pochi i veneziani, ma sarebbe ora di dire che "i turisti" non esisistono (non più dei "cinesi che sono tutti uguali") e che le bontà e gli stili e gli ambienti scelti dai veneziani e dai turisti avvertiti spesso non sono gli stessi (tra i due mondi c'è una guerra, avvertita più dai primi che dai secondi, che vanno a spasso in preda a un'insensata felicità che li protegge dai conflitti e che provoca i primi).

Il padrone di casa viene a sussurrarci, chino su di noi come la tata sul principino, le novità del menu. Meravigliosa pasta con il limone nell'impasto, al torchio, condita con una cremosa granseola (veniamo puntigliosamente avvertiti, con bisbigli suadenti ma determinati, che la cremosità non è data da altro che da lei, la bestia).

Poi agnello al forno perfettamente cotto con lenticchie, patate con la buccia e una stupenda salsa alla menta in cui continuo a tuffare bocconi di carne, trasparente come un'ambra liquida e punteggiata del verde minutissimo delle aromatiche foglioline. Miele e menta?

Quindi crema fritta alla veneziana, come quella che avresti voluto dalla mamma, e salsa al mandarino a ricordare la stagione e il Natale (eravamo verso la fine del 2010). Freschi assaggi di Soave Filippi Castelcerino.

Il Nunche: tartare di tonno, sogliola arrotolata con un cappellino di finocchio, esclamazioni approvanti.

Al Covo.
Castello, 3968
041 522 3812

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie alle tue preziosissime indicazioni ho festeggiato lì il 50.mo compleanno (anzi,un giorno prima, perchè di lunedì il pesce non si mangia!).
Io ,da donna di pianura distante almeno 100 km dal mare, resto sempre desiderosa dei piatti di più facile approccio, poi, satolla di quelli, posso tentare altre proposte. Dunque ho ordinato un sontuoso, fragrante, perfetto fritto misto senza sale (che provocava le mie papille dal bordo del piatto,contenuto in una ciotola in cui tuffare i pesciolini e le patatine fini fini e croccantissime ) e poi ho concluso con la crema e la salsa di arancia , di dolce e materno sapore, concordo con te.
Ad innaffiare la meraviglia e stemperare i bilanci complicati dei 50 ....Soave Filippi, non per enologica conoscenza, ma per (tua) amichevole ed ultima indicazione.
Claphands!
:-)
Roberta

artemisia comina ha detto...

tornando dalle vacanze, è stato uno dei primi commenti che ho letto, e mi ha subito messo di buon umore. quale migliore uso del proprio blog? grazie.

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