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giovedì 7 febbraio 2019

Frappe. Federica e sua nonna


Frappe di Federica e della nonna Antonietta, che preferisce farsi chiamare Tonina perché era la più piccola di casa e perché le avevano raccontato che le Antoniette "perdono la testa". Dolci di carnevale. Sul tavolo di Gennaio 2019. Un confortevole Fort Apache. Bugie, cenci, lattughe, galani, crostole, frappe, sfrappole, rosacatearre, zonzelle, pampuglie. Su AAA: Frappe. Federica e sua nonna, Frappe romaneSfrappole romagnole, Zeppole fritte di nonna Enza, Napoli, Zeppole della zia Clelia.    

Battere 4 uova con 4 cucchiai di zucchero, aggiungere 4 cucciai di olio di semi,  4 cucchiai di liquore di credenza (Mistrà, Sambuca, Cognac, Vermuth etc.) e qualche goccia di essenza di vaniglia

Aggiungere a 500g di farina00  un cucchiaino di lievito per dolci.

Versare i liquidi nella ciotola della farina, mescolando.

Aggiungere 1 buccia di limone grattatae un pizzico di sale.

Impastare, stendere la pasta sottilmente, fare dei grandi rettangoli, inciderli senza romperne i bordi con la rotella dentellata.

Friggerli in olio di semi di arachide, profondo, in pentolino con bordi alti, un rettangolo per volta.

Scolare su carta da cucina, zuccherare.

 






martedì 17 maggio 2016

Frittelle di mele di Celeste



Arte' dedica alle frittelle una bambina di giardino (ce ne sono, come ce ne sono di terrazzo, di cortile, di città, di campagna), come fu Mentuccia (fu pure di soffitta, ma questa è un'altra storia); tali bambine giocano con sassi, erba, foglie, fiori, e si fanno formiche per fare giardini alle formiche, allineando verzure e facendo vialetti per le disgraziate che capitano loro a tiro, sfortunate soprattuto quando l'architetta dei giardini vuole mettervi laghetti e fiumi secondo lo stile inglese. Chi fu bimba di giadino (o di soffitta) lo resta per sempre. Artemisia, che pure lo fu, conserva con cura oggi come allora semi e cortecce. Frittelle di mele magnifiche ci furono nel menu di Novembre2010. Una festa a sorpresa nella quale si riesce a far cucinare il festeggiato

Da Mentuccia Fibrena; attingo di nuovo dal quaderno di mia madre, Aida; non fate un romanzo: non sono ricette che ricordano un'operosa vita di cuoca, ma appunti di giovine sposa presto stufa di tenerle in armonioso ordine; anzi, forse stufa lo fu subito, perché questa è chiaramente non è scritta da lei, sia per stile ironico che per ordinata scrittura. Sospetto Giovanni, suo marito e mio padre, trovando nella stesura la precisione di un atto notarile, liberata di contenuti noiosi e finalmente dedita a esplorare il mondo. C' è in ballo anche un altro personaggio, Celeste la cerluea, la moglie del farmacista, l'amica del cuore; infatti quella, cercando pure lei di addomesticarla in estremis, diede ad Aida molti appunti di ricette quando andò sposa a Giovanni. Questa è una di quelle. Allora, trascrivendo alla lettera:

Un chilo di grosse mele, di quelle che hanno la buccia qua molto rossa e là piuttosto verde. Togliete a ognuna, con ogni cura, la sottile buccia, e con ogni parsimonia l'aderente polpa. Se possedete l'apposito istrumento togliete a tutte il torsolo, altrimenti tagliate ogni mela sbucciata in tante fette trasversali rotonde, alte circa mezzo centimetro e con un coltellino appuntito togliete il torsolo dal centro di ogni fetta.

Disponete queste a strati in una insalatiera, e di mano in mano spolverate ognuna di zucchero e sopra ognuna sgocciolate qualche poco di rhum (o di cognac oppure di marsala o semplice vino bianco).

Coprite l'insalatiera con un piatto e fate riposare per due ore, affinchè le mele si imbevano dello zucchero e dell'alcool.

Mezz'ora prima di cena, sbattete in un'insalatiera due cucchiai di zucchero e due uova intere, a poco a poco aggiungerete farina bianca fino ad ottenere una pasta molto densa, e poscia sempre a poco a poco e sempre mescolando, aggiungete latte, fino a ottenere una pastella omogenea e densa quanto... un assai molle polenta.

Ponete a fuoco, in padella di ferro, dell'olio (Nota di curatore: d'oliva e ottimo, non c'era altro).

Quando bolle, immergete nella pastella ad una ad una le fette di mele servendovi della forchetta.

Buttate nella padella ogni fetta dopo averne lasciato sgocciolare l'eccesso di pastella, ma buttate non più di due o tre fette la volta.

Togliete dalla padella quando sull'una e sull'altra faccia le fette le vedrete tutte rigonfie ed imbrunite.

Stendetele mano a mano su carta asciugante  per togliere un po' di grasso, inzuccheratele e servitele calde.



 

sabato 23 aprile 2016

Fritti di latte, ovvero crema fritta come nell'ex Regno di Napoli.


Da Mentuccia Fibrena.

Copio gli appunti di mia madre Aida, che a sua volta portava con sè, fresca sposa, le note che aveva scritto per lei, sprovveduta, l'amica Celeste, giovane sposa di esigente farmacista di cittadina a nord dell'ex regno di Napoli; cittadina vivace da cui Aida, figlia di notaio intrinseco al farmacista, si allontanava con animo esule per affondare (così sentiva) in remota rurale campagna nella casa del marito. Le note, ricche di consigli e ricette, prospettavano comunque un futuro da padrona di casa che avrebbe ricevuto spesso ospiti, come aveva fatto la madre di Aida e come faceva Celeste; haimé, poi successero moltre altre cose; tra le altre, tagliò la testa al toro la seconda guerra mondiale. Ecco la nota di Celeste sui fritti di latte tradotta da me (alla lettera la riportiamo sotto; straodinari gli stili con cui si scrivono le ricette, a volte veramente demenziali).

Fritti di latte, traduzione di Mentuccia

Mettere a sobbollire sul fuoco  250g di latte intero, tre cucchiai colmi di farina (regolarsi, ce ne potrebbe volere di più) e un tuorlo; si mescola e si tira indietro quando il composto è abbastanza duro.

Aggiungere un cucchiaio raso di zucchero e un pizzico di sale, un altro tuorlo, la buccia grattugiata di mezzo limone e una noce di burro (verificare la durezza del composto: se è troppo duro, si può aggiungere del bianco d'uovo).

Mescolare di nuovo fino ad avere un impasto omogeneneo; stendere in un vassoio rettangolare e far raffreddare.

Quando ben fredda, tagliare la crema a piacere, passarla in uovo battuto e poi nella farina, e friggere in olio d'oliva a fuoco moderato. 


Fritti di latte come dice Celeste

Dose per un uovo: per ogni bicchiere (da vino) di latte tre cucchiai colmi di farina (e anche più se occorre) e un uovo (solo il torlo).

Mettere sul fuoco a bollire latte e farina insieme, e si gira sempre e si tira indietro quando il composto è abbastanza duro.

Si aggiunge un po' di zucchero e un po' di sale, un torlo d'uovo un po' di limone grattugiato e burro quanto una noce.

Si gira fino a formare una pasta omogenea e poi si mette a gelare in un piatto spiano.

Gelati che siano si tagliano con forme a piacere e si indorano all'uovo battuto, si passano alla farina (o viceversa) e si friggono a fuoco moderato.

Lo zucchero si può mettere anche prima, insieme al latte e alla farina. Se il composto viene troppo duro oltre i torli mettere anche il bianco. Quando non si vogliono sciupare le uova si può adoperare anche il bianco; e un uovo intero può bastare per un mezzo litro (più o meno) di latte.


Da Maria Luisa

La cugina di Mentuccia, la figlia di Virgilio fratello di Aida aggiunge:

Dal baule dei ricordi di una ragazzino sempre alle calcagna delle sorella darorata: Aida la bella con un lungo abito d'oro che ne fasciava il corpo sontuoso e giovane, in un'altra vita e un altro fidanzamento, poi finito a rotoli...e pare che il padre della futura sposa dicesse confidenzialmente al futuro genero: Ma pensaci bene, questa è tutta matta! O il quadretto domestico madre-figlia (bella tenzone ad armi pari!) in cui nonna Gigina rincorreva una figlia caparbiamente decisa ad abbandonare la lunga chioma trecciuta in favore dei nuovi tagli "a la garconne", fanciulla che brandiva un paio di forbici e che, appena fuori della portata e delle grinfie materne, si girò verso di lei e, con decisione, disse: "Guarda!" e...zac, addio treccia...scene che quel ragazzino estasiato serbava ancora nel cuore e nella memoria, alle radici della sua storia, e ne ha trasmesso traccia a me ed a mio figlio, di generazione in generazione.

domenica 21 febbraio 2016

Zeppole della zia Clelia


Da Mentuccia Fibrena

Prezioso ricordo infantile: Clelia, la vicina di casa, alta, bianca, vestita di nero, bella, con un accenno di baffi che la rendeva sorprendente, mite, vedova di un uomo bizzarro e cupo la cui leggenda mi faceva meravigliosamente paura, piena di nipotine di cui sbirciavo la vita cinciallegra, "zia" per un giro lontano di parentele che la campagna rispetta, un giorno scese le scale con una scintillante ciotola di zeppole e me ne regalò una: giramenti di testa, bontà divina!
Scavo nel ricordo: sento una voce angelica che dice, come una tromba lieta: Clelia ha fatto le zeppole! La voce attraversa il Cortiletto, ovvero il cortile scavato nel cuore della grande casa, quello che divideva la casa della zia dalla nostra, il cortile sempre ombroso, così misericordioso in estate, pieno di rondini, dove qualche volta le donne si incontravano sedute sui gradini, in chiacchiere e sferruzzamenti (non la zia Bianca, raramente tipo da gradino e chiacchera, ma la zia Evelina in visita da lei, e mia madre); il cortile su cui affacciava l'antro di Maria La Longa, quello dove cucinava le patate in padella di ferro, con una finestra così alta che non si vedeva che luce indovinando il cielo, quello dove si allungava un terrazzino dove (lì sì) la zia Bianca sferruzzava in solitudine, la solitudine cui aveva dovuto avvezzarsi fino a identificarcisi, il terrazzino che scorreva lungo la quarta parete del cortile, in alto, separando il cortile dalla strada, parete su cui si apriva una finestra la più folle, una finestra tra due cieli: il cielo interno alla casa, quello del cortile, e il cielo del vicolo su cui dava.
La voce attraversò il cortile, mi raggiunse - ero in casa della zia, forse in visita alla nonna Bice, ancora viva, che abitava con lei. Era un invito, andai nel vicolo, la zia Clelia scese le scale. Qualche dio mi disse di chiedere ricetta. Dolci di carnevale. Bugie, cenci, lattughe, galani, crostole, frappe, sfrappole, rosacatearre, zonzelle, pampuglie: Frappe. Federica e sua nonna, Galani veronesi, Frappe romaneSfrappole romagnole, Zeppole fritte di nonna Enza, Napoli.

In una casseruola col manico: un litro d'acqua; tre cucchiai d'olio d'oliva; due cucchiaini di sale; un rametto di rosmarino; un po' di buccia di limone.

Far bollire; togliere dal fuoco e versare nella casseruola, mescolando, mezzo chilo di farina00; continuare a mescolare rimettendo la casseruola sul fuoco fino a quando la farina non é ben amalgamata.

Mettere dell'olio d'oliva sul tavolo e versarvi sopra la pasta; schiaffeggiarla un po'.

Fare tubicini di pasta e legarli a cravattina; friggere in olio d'oliva molto caldo.

Passare nello zucchero condito con un po' di cannella.


domenica 21 marzo 2010

Tedescherie, krapfen calabresi. Calabria


Da Cecilia

Si sa che spesso qui ci si vede la sera per lavoro, ma che si tenta pure una consolazione, un conforto. Questa volta se ne è occupata Cecilia, che ha portato un bellissimo cesto di krapfen così come li fa la sua mamma calabra, in effetti chiamandoli tedescherie. Dice Cecilia:

Ecco la ricetta dei krapfen così come riesco a ricostruirla. Intanto: a casa mia si chiamavano "le tedescherie" .

Con queste dosi si riescono a fare più di 30 krapfen.

In due dita di acqua tiepida si stemperano 20g di lievito di birra e si aggiunge un quarto della farina00 (in tutto 300g, quindi un pò più di 50g). Si fa velocemente una pasta morbida morbida e si lascia lievitare, in una ciotola, per una ventina di minuti. Raddoppia di volume, come una bolla.
Attenzione agli spifferi: i krapfen li temono!

Preparare la pasta con il resto della farina a fontana sul tavolo, e al centro tutti gli altri ingredienti: 50g di burro, 3 uova intere, un cucchiaio colmo di zucchero, un pizzico di sale.

Aggiungere la pasta lievitata. Impastare velocemente e senza timore di impiastricciarsi le mani, anzi. La pasta va "sbattuta" sul tavolo per almeno dieci minuti, fino a quando diventa lucida e morbidissima. Se si stacca dal tavolo senza sbriciolarsi, è fatta. Si mette a lievitare per un paio d'ore.

Si rimette sul tavolo e delicatamente si "sgonfia" con le mani, poi si piega tre o quattro volte sempre sgonfiandola con le mani.

Con il mattarello bene infarinato - la pasta tende ad appiccicarsi- si prepara una sfoglia di mezzo centimetro e si ritagliano dei dischi tondi cinque centimetri circa. I dischetti devono essere di numero pari.
Una parte dei dischi può accogliere un po' di marmellata di albicocche o di visciole (bene anche la crema pasticciera). Con i rimanenti dischetti si riveste il krapfen cercando di chiuderlo con garbo e decisione.

Si lasciano lievitare su un panno infarinato una mezz'ora circa.

Si friggono in abbondante olio. Il kraphen ben fatto riesce a fare delle capriole in padella.

Si servono sia caldi che freddi. Calde sono buone accompagnate da una salsa di frutta. Fredde si spolverano di zucchero a velo.





lunedì 23 febbraio 2009

Galani veronesi, dolci di carnevale


Da Lucia, che fa i galani di Isa.

Una romana fa i galani veronesi cercandone la ricetta con determinazione e amore, poiché ricorda un’amica. Lucia, che non ama cucinare, ma ama le persone, ha fatto dei galani più che buoni. Ha aggiunto un sorso di Cointreau, per sbronzare i galani. Ma ha omesso la noce di burro o l’equivalente in olio d'oliva che alcuni veronesi aggiungono. Così come alcuni veronesi mettono Marsala secco invece che grappa. Altra variante: buccia d'arancia grattugiata. Il giorno dopo sono ancora più che buone. Conservatele in un vassoio coperte di carta da cucina, sono fragilissime. Nel menu di Febbraio 2009. La cena dei galani. Dolci di carnevale. Bugie, cenci, lattughe, galani, crostole, frappe, sfrappole, rosacatearre, zonzelle, pampuglie. Su AAA: Frappe. Federica e sua nonna, Frappe romaneSfrappole romagnole, Zeppole fritte di nonna Enza, Napoli, Zeppole della zia Clelia.    
 
500g di farina00, un uovo e due rossi, un cucchiaio raso di zucchero, un pizzico di sale, della grappa, un mezzo guscio d’uovo di succo d’arancia.

Impastare bene, e tirare con la macchinetta abbassando gradualmente lo spessore, fino ad arrivare al minimo. Qui passate un paio di volte, anche tre, l’impasto.

Quindi tagliatelo in rettangoli e incidetene l’interno con alcune fessure alla Lucio Fontana fatte con la rotella dentata. Oppure fate nastri.

Frittura in olio profondo quattro dita, tegame di 23cm circa, alto 8, non più di tre galani per volta. Lucia ha usato olio di girasole di prima spremitura a freddo e lo ha cambiato una volta.

Dopo la frittura, abbondante spolverata di zucchero a velo.




sabato 14 febbraio 2009

Le frappe romane


Da Dolcesca.

Le frappe che si sono sempre fatte in casa mia, qui nel Lazio, sono preparate con la stessa sfoglia all’uovo delle fettuccine e delle lasagne. Diverse da tutte quelle che ho mangiato, perché è un impasto completamente senza zucchero; il dolce gli viene dalle gocce di miele caldo che gli si cola su e si distribuisce irregolarmente sulla superficie e nelle pieghe. Forse questa particolarità gli viene dalle origini romane visto che Apicio dice che la lagana non veniva bollita ma fritta. Dolci di carnevale. Bugie, cenci, lattughe, galani, crostole, frappe, sfrappole, rosacatearre, zonzelle, pampuglie. Su AAA: Frappe. Federica e sua nonna, Frappe romaneSfrappole romagnole, Zeppole fritte di nonna Enza, Napoli, Zeppole della zia Clelia.    

Ho tirato 5 uova di pasta con 500 grammi di farina e un pizzico di sale. Per stenderla più comodamente ci ho mischiato un cucchiaio abbondante d’olio d’oliva.

Questa quantità è abbondante e va bene per una decina di persone e più.

Una volta che l’impasto ha riposato quindici, venti minuti, l’ho tirato con la macchinetta Imperia per farne tante strisce sottili. Le ho tagliate di larghezze, 3- centimetri, e lunghezze diverse, 12-15 centimetri, per farne poi tanti nodi.

In una padella di ferro ho messo tre dita abbondanti d’olio d’oliva e ho fritto i nodi, che si gonfiano finché non diventano dorati e friabili.

Le ho lasciate a scolare sulla carta del pane e poi gli ho colato su del miele caldo prima di impilarle su un piatto.




sabato 10 febbraio 2007

Sfrappole di Carnevale romagnole


di Capaltazia Romagnola

Ottime, sottili e fragili come vetro soffiato. Ricetta strappata a brani da Artemisia a una cuoca divagante - credo, la quantità non la so, ecc. Codesta cuoca è il terrore delle ricette. Non ne rispetta una a morire. Appare madre di famiglia devota, ma cova sotto le camicette ricamate una vena anarchica pronunciata, che si manifesta tutta quando mette le mani in pasta. Le sfrappole, però, insieme con i passatelli e poco altro sono da lei sacralmente rispettate. Per fortuna, ciò preserva lo strutto dalla dannazione che altrove lo perseguita. Raviola, romagnola, dovrebbe chiamarle sfrappole. Dolci di carnevale. Bugie, cenci, lattughe, galani, crostole, frappe, sfrappole, rosacatearre, zonzelle, pampuglie. Su AAA: Frappe. Federica e sua nonna, Frappe romaneSfrappole romagnole, Zeppole fritte di nonna Enza, Napoli, Zeppole della zia Clelia.    

200g di farina, un uovo, il succo di un'arancia, una noce di strutto, un pizzico di bicarbonato (mescolarlo con la farina subito, altrimenti a contatto con uovo e arancia comincia subito a reagire e si smonta); impastare bene.

Stendere la pasta fino allo spessore più sottile possibile con l'aiuto della macchinetta. Arrivare allo spessore più sottile per gradi, passando per il penultimo spessore permesso dalla macchina; a questo stadio far asciugare, quindi procedere con l'ultimo. Questo passaggio evita alla pasta di lacerarsi.

Friggere con lo strutto (200g) in un tegamino di circa 15 cm di diametro, abbastanza alto, una sfrappola per volta.



venerdì 9 febbraio 2007

Zeppole fritte di nonna Enza, Napoli.


Siamo in:

Monografie. Italia. Cucina e passeggiate, e in particolare Napoli e la CampaniaItalia. Napoli e la Campania. Cose dolci.

DolcettiDolcetti fritti.

da Nepitella Vesuviana.

Dolci di carnevale. Bugie, cenci, lattughe, galani, crostole, frappe, sfrappole, rosacatearre, zonzelle, pampuglie. Su AAA: Frappe. Federica e sua nonna, Frappe romaneSfrappole romagnole, Zeppole fritte di nonna Enza, Napoli, Zeppole della zia Clelia

350g di patate lessate con la buccia e passate, 500g di farina00, 50g di zucchero, 40g di burro morbido, 25g di lievito di birra, le bucce grattugiate di un limone e di un'arancia, 4 uova: impastare il tutto a partire dalla la solita fontana di farina, all'interno della quale si depositano tutti gli ingredienti liquidi e il lievito sciolto in una tazzina di acqua tiepida.

Aggiungere un po' di farina se l'impasto lo richiede e dopo aver formato rotoli di pasta grandi come un dito, allacciare tante cravattine.

Lasciare lievitare per un'ora su una tovaglia infarinata, che ripiegata su sé stessa coprirà le zeppole.

Tuffarne tre alla volta in olio di semi di arachidi.

Scolarle dall'olio e poggiarle su della carta assorbente adagiata in un colapasta.

Rotolarle nello zucchero semolato mischiato ad un po' di zucchero a velo.





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