venerdì 24 ottobre 2008

Irlanda. Dublino. Shelbourne Hotel. Un tè perfetto.










Siamo dentro Monografie. Cucina anglofona. Inghilterra Irlanda USA, ovvero una raccolta: qualche passeggiata e ricette anglofone di AAA, più o meno inglesi, irlandesi, USA. Divise in Di tutto un po' e Dolci.

Un tè perfetto, nella Lord Mayors Tea room del Shelbourne Hotel.

Un albergo storico, inaugurato nel 1824, oggi cinque stelle. Ristrutturato nel 2006 spero senza danno; quando ci andammo per il tè nella celebrata Lord Mayors Tea era il punto di incontro di tutta Dublino, e non solo dei suoi ospiti.

Il venerdì della settimana prima di Natale era vivacissimo nei suoi bar e nella sua sala da tè, sia dentro che fuori, e le diavolesse dublinesi, eredi delle vichinghe dei tempi delle scorrerie che in Dublino andavano a ritemprarsi da battaglie e viaggi per mare al caldo del sud, esibivano al vento e alla pioggia sandaletti luccicanti, gambe nude e top di velo dove io mi avvolgevo in parecchie molteplici sciarpe. Diavolesse che furono una delle più liete sorprese della Dublino ritrovata in piena esplosione, alle soglie del 2005, dopo le visite di anni prima alla città bella e fatiscente, cattolica e povera. Il primo ristorante dove ci ritrovammo, un vietnamita mi pare – grande mescolanza di cucine oggi a Dublino, che si affianca ai vecchi pub che resistono impavidi e colmi all’inverosimile di chiacchiere e di birra – ci sembrò a tutta prima un ritrovo gay. Tavolate di felici fanciulle abbigliate per la festa si radunavano a chiacchierare, bere e mangiare in grande apparente felicità. Quando le vedemmo ripetersi numerose in ogni locale capimmo quanto eravamo scemi. Si trattava delle ragazze di Dublino contente di ritrovarsi tra loro. Auguro alla città dalla riscoperta gioia di sopravvivere alla bufera finanziaria che anche su di lei ora si abbatte, e in particolare lo auguro alle liete ragazze.

La musica di strada imperversava con la caratteristiche dell’alta competenza che in Irlanda caratterizza il dilettante. Ricordi di estati passate in caccia della traditional music dal vivo e delle sue gighe scatenate e barocche, dei suoi musicisti che cavano di tasca un flauto, e si uniscono al violino che già sta andando con la naturalezza con cui un uccello si posa accanto a un altro su un ramo, e inizia a cantare in perfetta assonanza, dei suoi cantori che di punto in bianco si alzano dalla loro sedia al pub e si buttano in un a solo patetico e dolce, musicale e straziante, per poi tornare a sorseggiare la loro assorta birra.

Quante cose sull’Irlanda, quanti ricordi. Quante memorie, Marzia, di lanose pecore dalle zampe sottili sotto l’enorme manto di riccioli. Dei loro occhioni lucenti nel buio della notte, della sorpresa di vederle vagare in solitaria passeggiata sul pizzo di una rupe sul mare, su un prato alto sul colle fino al calare più profondo della sera, solo a volte radunate dai piccoli cani quasi-volpini con i loro veloci zig zag, mentre un airone in maestoso volo passa sulla tua testa, grigio azzurro sul grigio azzurro del cielo nuvoloso.

Gli scones migliori? Mangiati in una “sala da tè” allestita in piena campagna del Connemara dentro un garage, da un signore che arrotondava con qualche soldo il suo reddito assai contenuto. Disse queste sante parole: “Gli scones che vi offro sono ottimi, perché li ho appena fatti”. Parole da ricordare assolutamente, per quanto riguarda gli scones.

I tè più opulenti? Quelli del Cashel Hause Hotel, ancora in Connemara, in un altro Natale; eravamo tra gli ospiti supernutriti che non rinunciavano neppure al tè e alle mince pie imbiancate di glassa, presi tra i fuochi dei molteplici camini che riscaldavano il susseguirsi di stanze piene di poltrone, libri e i bibelot più disparati, testimoni di un certo gusto inglese che conserva memorie di ogni tipo, dalle vecchie bambole alle cartoline, mostrando tutto in vetrina.

Sì, questo del Shelbourne fu un tè perfetto. Giusta l’infusione, la temperatura, freschissimi i burri, gli scones, i tramezzini, i piccoli dolci. Perfetta la sala con le morbide poltrone dai velluti rossi e i suoi avventori – anche qui una tavolata di liete ragazze - perfetto il pianista buffo e tenero che dopo aver gettato un’occhiata verso di noi aggiunse anche Volare al suo repertorio. Se vi capita di andare da quelle parti, provate.

Il signore in nero davanti al portone rosso è un parroco che raccoglie le offerte di Natale.



4 commenti:

Elena Bruno ha detto...

Mi sono crogiolata nel tuo racconto, e se prima mi stuzzicava l'irlanda ora ne sono definitivamente conquistata: la musica, le pecorelle e ...una passione (che pensavo del tutto personale) per gli scatti alle porte d'ingresso ... e interessanti spunti culinari! E se penso che è solo la prima puntata ... Cosa ti devo dire sono golosa ... :-)))

dede leoncedis ha detto...

tocca tornarci al più presto, sono passati secoli

a.o. ha detto...

già, tanti ricordi, tanta stout, e salmone, e agnello, tanta musica e muretti e castelli e campagna, oceano, pioggia fitta fitta, e mai bevuto tanto latte in vita mia. nostalgia.

artemisia comina ha detto...

twostella, aiuola, dede, tutte in Irlanda, su, anch'io voglio rivedere i muretti, leggere di nuovo le Fiabe irlandesi di William Yeats, tutte le storie di spettri e del piccolo popolo, seduta accanto al fuoco di una qualche magnifica country houses o dormire in un piccolo B&B tra scogli e mare.

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