venerdì 26 luglio 2013

Lazio. Rivodutri. Sorgenti Santa Susanna. Ristorante La Trota, due brillanti stelle Michelin.



Emergo dalla (forse) strana reticenza che non mi fa postare da molto tempo molte cose - per esempio alcune esperienze stellate in Francia, per restare nel firmamento.
Esperienze dove ho sconfermato la mia avventata teoria che tre stelle significasse uno standard di accoglienza che liberasse il ristorante dalle fisime del cuoco, per affidarlo sano e salvo a una competenza a prova di bomba che le nascondesse nel backstage. Invece niente, abbiamo visitato un tre stelle borgognone dove la malmostosità dello chef arrivava fino in sala come una nebbiolina opaca, che offuscava i sorrisi del personale e si riverberava nei passi piatti e preoccupati del suo alto, scuro, massiccio maître. Allora ne abbiamo visitato un altro, di tre stelle, per scoprire che il quasi esotico chef - siamo vicini all'oceano questa volta, verso la fine del mondo e i paesi d'oltremare - aveva rinunciato a tutte e tre per liberarsene; già lo stavamo piangendo, quando scopriamo che era restato sulle sue immense spiagge amate, e mandava avanti, in un altro ristorante, senza mostrarsi direttamente, un personale giovane e cordiale su cui aleggiare come un nume sparito tra le nubi per donarci un pranzo luminoso e marino e odoroso di spezie, di grande gioia (un posto dove tornerei di corsa). Ebbene, neppure quello ho raccontato.

Questa volta invece voglio tirarmi fuori le parole di bocca, anche per ringraziare l'amica - grande chef generosa e bella - che mi ha consigliato La Trota, e i due fratelli che così cortesemente hanno risposto all'appello.

Desideravo infatti molto festeggiare un compleanno; volevo un posto vicino a Roma, non stancante; ma anche abbastanza lontano da essere altro mondo, possibilmente bello. Ho chiesto all'amica, lei mi dice de La Trota, le cui due stelle da sole non mi avrebbero mai portato fin là (ve l'ho appena detto, le stelle possono significare troppe cose, sono più una conferma a posteriori che un sicuro vale il viaggio), ma con la sua parola – sua e del competente sposo - hanno cominciato a brillare il bastante, e dopo che ci siamo stati brillano sicuramente fino a consigliarvi di andarci appena potete.

Inizio parlando della sorgente. Un possente getto d'acqua del tutto trasparente, domato da due alte sponde verdi ombreggiate di alberi che si chinano per strisciarne appena la liscia superficie; rive morbide, barbute, potenti, che lo rendono regolare, univoco, deciso ad andare tutto insieme, senza capricci laterali, senza salti, senza intorbidarsi mai, ogni goccia uguale all'altra, tutte della medesima limpidezza affascinante che si fa verde, turchese, azzurra e attrae parecchio al tuffo (Ofelia sarebbe saltata lì in un attimo) ma di una forza che incute a ogni cosa rigida il timore di essere immediatamente piegata.

Nessuna paura di questo per un agile pescetto che subito è saltato fuori alto per poi rituffarsi veloce - per la felicità, ho pensato, ma quella sarei stata io; prevalse l'ipotesi della mosca appetita; gallinelle d'acqua e folaghe dal cappellino candido passeggiavano galleggiando tra flutti e erba. Sarei stata lì un pezzo, ma quella grande lacrima di dea - o dio - è restata comunque con me per tutta la sera, rilucendo attraverso le finestre de La Tota che su di essa affacciano.

Certo che il menu aiuta: abbiamo preso quello che cucina pesci di acqua dolce e continuamente ricorda la lacrima gelata (aggiungo: sembra acqua di ghiaccio appena sciolto, quella propizia alle trote) con le sue offerte di tinca, di luccio, di erbe delle rive.

Dico che tutto a La Trota rimanda a quel rivo liscio, gelato, verde, lucente, limpido. L'aria che sembra piena di vaporose goccioline sospese, il cibo, i due fratelli; che pur essendo perfettamente asciutti, in qualche modo rimandano a una coda, a una pinna che lasciano di giorno per riprendere di notte, e se non fosse una squama, sarebbe una penna; di airone penso, perché il cormorano pur presente non è amato per niente. Diciamo airone, quindi, o anatra.  In altri termini, i due fratelli sembrerebbero essere assolutamente di Rivodutri; al più  discendono dai romani che fittamente da quelle parti ebbero molte ville, tra ozio e coltivazioni accorte; oppure sono nipoti di una qualche matrona che lasciò lì, magari in un cesto foderato di muschio e abbandonato all’onda, qualche pupino di troppo, visto che andavano a bere le acque ferrose che moltiplicavano il latte.  Ho indagato: la perfetta tecnica di cucina, la creatività del piatto non si nutrono di permanenze in qualche brigata prestigiosa in giro per il mondo, ma nascono lì, tra quelle erbe, dentro quell’acqua.

Quindi ecco cosa immagino dei due: che siano pesce o uccello, molto del luogo, e molto legati alla grande, divina lacrima. Mettiamo che ti venisse in mente di dire: ma che ci fanno qui, tra questi prati pur belli, tra questi monti pur affascinanti, in questa campagna così miracolosamente non devastata, ma così remota, così lontana da quelli che la sera dicono: dove andiamo a mangiare oggi? E non vogliono, assolutamente, un abbondantissimo piatto di tagliolini ai gamberi di fiume surgelati. La risposta è che ogni notte tornano nella sorgente, o dentro a nuoto, o sopra a galleggiare. Quindi si tratta semplicemente di raggiungerli dove stanno, e di cercare un posto acconcio per la notte; forse meglio ancora andarli a trovare di giorno, perché mi pare abbiano la buona abitudine di aprire anche a pranzo, e così si potrà fare una passeggiata lungo l’acqua vedendone ogni magnifico lucente colore.


Come si mangia? In molti hanno tessuto giuste lodi con acconce parole. Vi rimando a quelli. Io se son qui che mi ingegno di dire qualcosa è per dirla specifica, che venga dal ricordo vivo che ancora colora la serata di ieri; e allora celebro la panzanella (foto sopra; quel riccolo bianco è olio d'oliva ed è buono, quel dado è anguria, quei filini verdi vengono dalla dea sorgente) con cui ci accolgono e immediatamente seducono; l’incantevole brodo erbaceo che affoga e cuoce il nido di tinca e capellini; il dolce - salato che non delude (ci si può restare così male con i dolci che mangiamo quando non ne possiamo più, temendo di perderci qualcosa, e poi scopriamo che l’astinenza  non era danno); i grissini di vetro filato; i deliziosi tubetti di carpa dalla perfetta cottura avvolti in crosta croccante di papavero; la pasticceria minuta spesso divertente ma qui divertentissima, perché, per dire, la crème brûlée era di peperoni arrostiti, e mentre riconoscevo perfettamente il sapore (e mi piaceva assai), non sapevo dirne il nome, la mente era stupefatta; il carrello dei formaggi italiani magnifico, mi pareva di essere in Auvergne o in Borgogna (perché scordiamocelo che se ne trovi uno ricco in tutta la Francia), ma arricchito di pecora lì assente, mi facevano notare; il garbo cortese e competente con cui si viene accolti, il non essere afflitti dalla finta domanda: come va (così irritante), ma l’essere interpellati veramente, cosa rara.  



link con foto, menu, prezzi, indirizzi

il sito del ristorante

cucchiaio d'argento

foodwineadvisor

pignataro 

viaggiatore

link sulla sorgente

il canale santa susanna

le sorgenti

il molino

8 commenti:

isolina ha detto...

Quelle merveille!!!!

Ana Miravalles ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Ana Miravalles ha detto...

Te extrañaba, ARtemisia, qué alegría volver a leerte. Un beso.

Mi fa piacere leggerti! Un bacio

Ana Miravalles ha detto...

(sono stata io a cancellare il commento precedente perche avevo scritto proprio male in italiano...)

Giulia Pignatelli ha detto...

grazie per questo bellissimo post... ma ora aspetto i commenti ai francesi

simona ha detto...

... Torno a leggere con infinito piacere (che sembra un modo di dire un po' formale. Ma non lo è).

Anonimo ha detto...

Sono stato, magnificamente, dai fratelli Serva una sol volta, troppo tempo fa. Mi hai fatto venire la voglia di tornare. Grazie per questo tuo bellissimo blog, che seguo, da spettatore silente, da diversi anni.

Alessandro

artemisia comina ha detto...

grazie Alessandro dell'intervento, fa piacere sapere che si condivide.

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