venerdì 23 marzo 2012

VENEZIA. DA ROMANO, IL RISOTTO CON IL GO.




Amo i ristoranti con i camerieri vecchio stile, giacca, farfallina, aria di chi la sa lunga, controparte accudente e sorniona di clienti sprovveduti; mi riempio di bella nostalgia, mi ritrovo piccina, rivivo un mondo perduto; se poi mi danno un buon piatto, come mi piacciono! A Venezia vi ho già indicato La Madonna, in città; eccone un altro, a Burano. Gomito a gomito con il nuovissimo, attuale, contemporaneo Venissa.

Anche qui abbiamo mangiato il risotto con il go; ottimo come quello di Venissa, e gloria di Romano da anni, uno dei piatti della tradizione veneziana. Maffioli nel suo imperdibile libro sulla cucina veneziana ci fa tutto un poema, dilungandosi sui modi della caccia al ghiozzo di laguna, con le mani, appostati all'imboccatura della tana. La mattina ne avevamo viste guizzanti e polpute cassette a Rialto, come pure avevamo visto sacchi e sacchi di capelonghe, che pure ci sono state offerte.

Candido il risotto, e all'onda come si deve - i go invernali, mi dice il cameriere, sono meno riccamente nutriti degli estivi, e quindi più chiari per il freddo digiuno e forse un filo meno saporiti - e poi annerito da una nuvola di essenziale aromatico pepe, all'onda anche grazie a un tocco di burro e cremoso pure in virtù di un pugnetto di parmigiano (ve lo ridico: a Venezia nel risotto di pesce si mette burro e parmigiano); mi faccio raccontare: mettete il ghiozzo sventrato e per il resto intero - deve essere viscido, dice il cameriere, vuol dire che è fresco, e poi la pelle viscida contribuisce al mantecare - in pentola con acqua, sedano, carota, cipolla; fate cuocere fino a che non si disfa, mettete nel cinese, raccogliete il brodo che cola, usatelo per il risotto, aggiungete in fine burro e parmigiano. Mio nonno - racconta sempre il cameriere - se li mangiava fritti, con tutte le spine, più grossi di questi - haimé non ci sono più - ed è campato cent'anni.

Ci sono anche le moeche fritte, e le capelonghe alla piastra. Un amico prende i folpetti - polipetti il loro brodo, e mi ci fa fare la zuppetta.

Burano fuori risplende dei suoi colori, raddensati dal bel bigio del cielo, che ti fanno venir voglia di pittare anche tu la tua casa, ed eravamo lì a scegliere di colore le volessimo.

Qui si propone una ricetta di risotto con il go di Romano.

Un'altra gita di AAA a Burano, mangiando Al gatto nero.

2 commenti:

papavero di campo ha detto...

era il giorno in cui passando sotto la tua casa vidi finestre aperte!
...nel leggere le tue note descrittive-goderecce penso a venezia e mi viene il magòn

artemisia comina ha detto...

e un piccolo Oe! come fanno i gondolieri, no? del tipo Papavero è qui?

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