lunedì 9 giugno 2008

Agnello brodettato



da Dolcesca.

Questa, così come è stata sempre preparata in casa mia, è una versione semplificata e addolcita della ricetta tradizionale. In effetti pur essendo un piatto tipico della cucina romana, ha origini abruzzesi. L’originale mette assieme sapori più decisi, utilizza la cipolla, il prosciutto, il pecorino, il succo di limone, l’erba persa (maggiorana) e talvolta la mentuccia. Per me è troppo ricca e densa di contrasti con il rischio di sovrastare il gusto dell’agnello. Così nello spostamento di territorio ha perso ingredienti e si è alleggerita. Artemisia, che ha assaggiato questa versione, la raccomanda.
 
Per un assaggio per la cena per 30 persone ho disossato un piccolo abbacchio ricavandone circa 2 chili di polpa e tenero grasso. Se si trattasse dell’unico secondo di un pranzo, prenderei 1 chilo e duecento grammi per 6 persone, spalla o coscio, spezzettato e senza togliere le ossa, per cui darò le quantità per questo peso di carne.

Ho rosolato la carne, finché non si è dorata, in una casseruola bassa e larga con olio d'oliva e 2 spicchi d’aglio interi e con la buccia.

A questo punto ho aggiunto sale, pepe nero appena macinato e 2 abbondanti bicchieri di vino bianco secco.

Quando il vino si è asciugato ho proseguito la cottura per circa un’ora e mezzo aggiungendo acqua o un po’ di brodo di carne che avevo.

A fine cottura la carne deve essere tenera e nel tegame deve restare un dito di brodino che farà da base per la salsa all’uovo. A parte ho battuto 4 uova intere finché la superficie non è diventata spumosa. Ho aggiunto la scorza grattugiata di mezzo limone, 50g di parmigiano grattugiato e una abbondante presa di prezzemolo tritato.

Ho cotto la salsa a ridosso del momento di mangiare l’agnello. Tenendo la casseruola fuori dal fuoco, ho versato il battuto di uova assieme all’agnello.

Rimesso il tutto sul fuoco, tenuto bassissimo, ho mescolato continuamente con una spatola di legno. Questa è la fase delicata della cottura perché l’uovo deve mescolarsi al sughetto addensandosi senza stracciarsi. Senza fretta, si aspetta che si formi una crema morbida, spegnendo quando accenna ad avvolgere e separare i pezzetti di agnello.

Nel buffet di Maggio. Una cena per trenta su un terrazzo romano.

***

Nel menu di Giugno 2016. Voglia di Argentario

Artemisia racconta. Questa volta la nostra buona fortuna ci ha portato nella casetta boscosa dell'Argentario di Dolcesca e Marco, dove riassaggiammo tale agnello brodettato secondo i dettami di famiglia, con buccia di limone e prezzemolo (io non ricordavo il prezzemolo, Dolcesca ha detto: IMPOSSIBILE, tutte le lettere con la maiuscola, si sentiva bene). Soave soavissimo. Il fagotto era immenso, mezzo agnello - non tutto per noi, ma Dolcesca va sempre in grande - immensa la pentola - per fortuna l'invidiato fornello è professionale. L'agnello è stato accompagnato da una ruvida crema di piselli (molta cipolla, olio d'oliva, piselli, cuocere, frullare): dagli anfratti è uscito un certo annoso mixer, convinto a muoversi un po' con le buone e un po' con le cattive; gli si chiedeva forse setosità, quello ha dato granulosità morbida: l'amato effetto tweed, che ci stava benissimo. Nel calar della sera fuori dalla finestra della cucina un certo cespuglio chiaro s'è messo a risplendere come una fata o un celestiale spettro, non gli staccavo gli occhi di dosso; dentro la cucina, femminili mani consone armoniose manovravano pentoloni. La crema di piselli era ciò che ci voleva, per sapore e colore.

















6 commenti:

papavero di campo ha detto...

in abruzzo si chiama cac'e ova:
si cucina l'agnello come si conviene, a fine cottura s'inonda di una stracciatella composta di uova e parmigiano battuti insieme con un po' di pepe, non mi pare con altre erbe (ma si sa le abitudini sono regionali ma pure familiari) i grumi d'uovo devono rapprendersi ed essere visibili, ed è sempre l'agnello a strafare con il suo sapore accentuato!
la versione di Dolcesca più ricca (limone e prezzemolo)senz'altro accattivante

ps: questa della stracciatella è una costante anche con certe verdure, tipicamente con il cardone e nulla vieterebbe di usare tale trattamento a dei carciofi (quasi quasi!)

artemisia comina ha detto...

anch'io ero abituata alla versione raggrumata (e comunque con il limone), ma per l'appunto ho apprezzato il velluto di quella cremosa.

la fortuna di poter alternare :)

sciopina ha detto...

Mi chiedo dove possa trovare il tempo per cucinare tante e tali prelibatezze!
I tuoi ultimi post sono magnifici...comprese le poesie...
A presto

artemisia comina ha detto...

cara sciopina, anche tu mi sa che per cucinare non devi avere tutto questo tempo, eppure... :)

Unknown ha detto...

Basta con questa supponenza di "alleggerire" i piatti. Per reinterpretare bisogna prima saper interpretare.
Una ricetta tradizionale è spesso frutto di stratificazioni e selezioni naturali di equilibri, territori e consapevolezze che richiedono rispetto.
Chi non percepisce e non si emoziona di fronte alle affinità elettive tra la carne d'agnello e un pecorino come il Moliterno, per esempio, dovrebbe esimersi dal dare lezioncine!

Yanez ha detto...

Mi associo a Fabio. E poi il 'cibo' (?)...
Veicolo per viaggiare. Per chi ama davvero è insieme la meta e il mezzo di trasporto.

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