giovedì 14 febbraio 2008

Filtri. Circe conosce la virtù di ogni foglia. Ovidio e Dosso Dossi.



Ulisse è in viaggio per Itaca sulla sua nave. Incontra una boscosa, ombrosa isola molto silente e apparentemente deserta. Macareo e qualche altro vanno in ricognizione, incontrano un imprevisto palazzo, entrano. E' il palazzo della maga Circe, che conosce la virtù di ogni foglia. Cadono vittime dei suoi filtri che li trasformano in animali e altre bestie; ma, si noti la finezza, a seconda della loro nascosta e intima natura.

Notate anche la leccornia:  una miscela d’orzo tostato, grano, miele, vino puro e latte cagliato. Una sorta di ricca polenta liquida.

 
Macareo racconterà poi:

Sedeva in una bella sala, su un imponente trono e vestiva un abito splendente sopra il quale portava un mantello d’oro. Insieme a lei stavano nereidi e ninfe, che non occupavano le loro dita a filare la lana ma erano intente a dividere erbe e fiori dai colori più svariati, che giacevano per terra alla rinfusa, e a disporli in canestri. Circe in persona controllava la loro opera: lei che ben conosce la virtù di ogni foglia e il modo migliore di mescolarle, con molta attenzione pesava ed esaminava le erbe.
Non appena ci scorse e ci fummo scambiati i saluti, il suo volto si aperse in un sorriso e ci colmò di premure. Subito ordinò che si apprestasse una miscela d’orzo tostato, grano, miele, vino puro e latte cagliato: vi aggiunse però di nascosto dei succhi, che dovevano essere mascherati dalla dolcezza dell’intruglio. Accettammo dalla sua sacra destra le tazze. Ma non appena, assetati, vi accostammo le labbra aride, mentre la terribile dea ci sfiorava i capelli con la verga, accadde qualcosa che mi vergogno di raccontare, eppure lo farò: mi sentii tutt’a un tratto coperto di rigide setole e non riuscivo più a formulare parole ma al posto di queste mi usciva solo un roco mormorio; poi caddi a terra e a faccia in giù. Quella mia faccia la sentii indurirsi e mutarsi in un largo grugno, il collo gonfiarsi di muscoli, mentre le mie mani, quelle con cui poco prima avevo afferrato la tazza, divennero piedi che lasciavano impronte sul suolo. Gli altri compagni subirono la stessa metamorfosi (tanto grande era il potere del filtro) e con essi fui rinchiuso in un porcile.


Ulisse, avvisato dell’accaduto dal capo spedizione che era sfuggito all’incantesimo poiché non aveva bevuto il filtro, va alla riscossa. Su suggerimento di Mercurio, che nel frattempo interviene impicciandosi delle vicende umane come sempre gli dei, mescola alla bevanda che Circe gli porge un antidoto, l’erba moli, più stregone della maga. Il filtro di Circe fallisce, elegantemente la maga si dichiara sconfitta e restituisce forma umana ai trasformati. La storia continua con Ulisse che resta felicemente con lei per un anno, dimostrando che era in grado di apprezzare donne assai poco convenzionali.

Ovidio, in Le metamorfosi, Bur, Milano 1999.



Le due immagini di Circe sono entrambe del sempre ineressante Dosso Dossi. La prima (su cui c'è un dibattito: si discetta se si tratti di Circe, o della maga Melissa) della Galleria Borghese, la seconda della National Gallery of Art, Washington.

La prima immagine, e il seguente commento, dal sito della Borghese.
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L'opera, verosimilmente, giunse da Ferrara nella collezione di Scipione Borghese intorno al 1607-1608, tramite il cardinale Enzo Bentivoglio. - See more at: http://galleriaborghese.beniculturali.it/index.php?it/113/dosso-dossi-la-maga-circe#sthash.dSGXsPAF.dpuf
Il dipinto è da collocarsi negli anni della prima maturità del pittore ferrarese. Raffigura una donna in primo piano dall'aspetto imponente, che indossa un turbante e abiti sontuosi dai colori sgargianti. Immersa in un paesaggio boschivo, è seduta all'interno di un cerchio in cui sono trascritti simboli che richiamano la Cabala ebraica; nella mano sinistra impugna una fiaccola, mentre con la destra regge una tavoletta con disegni geometrici.La figura femminile è stata identificata con una maga, inizialmente Circe, successivamente Melissa, la maga buona descritta nell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto (VIII canto 14-15), che libera da malvagi incantesimi alcuni paladini: il riferimento potrebbe trovarsi nelle piccole figure umane appese all'albero sulla sinistra dell'opera. Il restauro ha evidenziato vari pentimenti: sulla sinistra del dipinto, al posto del molosso e dell'armatura c'era una figura maschile stante a cui la maga volgeva lo sguardo.

Un'analisi del dipinto, in www.stilearte.it in cui si fa pure l'ipotesi che il primo quadro le sintetizzi entrambe, Melissa e Circe.

La seconda immagine, dal sito dell’ University of Wisconsin-Milwaukee.



1 commento:

papavero di campo ha detto...

Circe la Maga
nella solitudine
magia d'amore

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