Da Artemisia
Questi dolci di Francia più o meno cremosi fatti di impasti fluidi di uova, latte, zucchero e farina, spesso con frutta, appartenenti alla grande famiglia dei flan, si chiamano in vari modi in rapporto alla regione e forse anche al modo con cui sono fatti (forse, perchè le ricette mutano entro la stessa categoria forse più di quanto non mutino tra claufoutis e flognarde, tra folognarde e cajasse). L'universalmente noto è il clafoutis del Limousin, fatto con le ciliegie nere con il nocciolo. Ma clafoutis oramai si chiamano non solo quelli con le ciliegie, ma con ogni tipo di frutta e perfino quelli salati che seguono più o meno la stessa procedura. Altrove, per esempio nel Quercy o Perigord, troviamo oltre al clafoutis che arriva dal vicino Limousin, la cajasse (io stessa contribuisco a confodere le acque mettendo in una cajasse, che è tendenzialmente senza frutta, delle ciliegie come si fa con il clafoutis) o la flognarde (che è sempre con della frutta, dalle prugne all'uva). Riassumo. Cajasse: Perigord, Quercy, Midi-Pyrénées, senza nulla, accompagnata da marmellata, con la frutta; Far: Bretagna, senza nulla, con le prugne; Flognarde: Auvergne, Limousin, Perigord, con pere, mele, prugne; Clafoutis: Limousin, Massiccio Centrale, con le ciliege non denocciolate: l'impasto - una crèpe épaisse - varia tra le varie versioni ed entro le varie versioni, ma si somiglia. Oggi chiamo flognarde questo dolce che ha il medesimo impasto fluido a base di latte-uova-zucchero, in cui schiaffo pesche. L'unica cosa certa è che flognarde in Perigord si dice di pupa vezzosa; di lì forse proviene il nome del dolce. Nel menu di Giugno 2010. Una cena di quattro signore e un solo Nunchesto. Anche sul tavolo di Giugno 2010. Cene a Capalbio. Ho due libri sulla cucina del Perigord; uno è una bibbia, La bonne cuisine du Périgord, di Madame Mallet-Maze detta La Mazille, libro di nel quale si parla di flognarde e clafoutis; l'altro è un libretto contemporaneo, La cuisine du Périgord, di Clémentine Thibault, con una ricetta di cajasse. Ho in mente, come sempre ben al di sopra delle mie reali possibilità, prove su prove. Una nota sull'etimologia del clafoutis da lemessager.fr:
Originaire du Limousin, l'étymologie du nom clafoutis proviendrait, selon une première version, du nom occitan clafotis, dérivé du verbe clafir ou claufir qui signifiait « remplir ». Une deuxième version, qui paraît tout aussi valable, attribue l'origine du nom clafoutis à la traduction de l'ancien français « fixer avec des clous », ceci en référence aux cerises qui, cachées dans le flan, représenteraient visuellement des clous répartis dans le gâteau. Un étymologiste éminent s'est penché sur la question et a conclu que l'origine de clafoutis n'était autre que le verbe « clafoutoir » ou « clafoutir », voire « clafouter », dont le sens s'est perdu depuis longtemps dans les grimoires oubliés de l'ancien français. Il est quand même certain que l'on « clafoutait « encore sous Rabelais, comme en témoigne cet extrait du Quart Livre : « Après avoir bien joué et beluté temps, il convenoit boire quelque peu et clafoutir la bergière ». On retrouve le verbe dans une fable de La Fontaine : « La belette aurait pu finir limace/encore eut-il fallu qu'elle clafoutasse »... Si la prononciation du nom est exquise, le gâteau l'est encore davantage. Dans le Limousin ainsi qu'en Auvergne, le clafoutis est parfois appelé « milliard » ou « milard ». Composée de cerises, la recette traditionnelle admet certaines variantes à base de fruits tels que la pomme, l'abricot ou la prune d'Ente. Dans ce cas, le gâteau porte le nom de « flognarde ».
Flognarde con pesche e lavanda
Ne ho fatte due versioni, una con scaglie di mandorle, una senza.
Mescolare battendo e nell’ordine: 6 cucchiai di zucchero in polvere (130g), un cucchiaino di pasta di semi di vaniglia, 3uova, un bicchiere di latte (250ml), tre cucchiai di farina (90g), un cucchiaio di rum.
Imburrare uno stampo di porcellana da forno, disseminarlo di 500g di fette di pesca gialla sbucciate, versarvi il composto. Aggiungere qualche fiore di lavanda e volendo scaglie di mandorle.
Forno già caldo a 210° per 40’.
All’uscita dal forno far intiepidire e spolverare di zucchero a velo.
6 commenti:
mi hai illuminato su un pò di preparazioni francesi...nonchè colpito con questo tocco di lavanda che adoro insieme alle pesche!
ricetta e post stupendi!
mi hai illuminato su un pò di preparazioni francesi...nonchè colpito con questo tocco di lavanda che adoro insieme alle pesche!
ricetta e post stupendi!
provata ieri sera. (con le solite modifiche -riuscirò mai a seguire una la ricetta??-, albicocche invece di pesche, e niente lavanda.)
nel forno si era gonfiata fino a quasi uscire dallo stampo, era bellissima. poi raffreddandosi si è sgonfiata del tutto, no era così bella come la tua nella foto... e forse il forno era troppo caldo, un pò bruciacchiata..comunque è stata mangiata tutta. ricetta da tenere vicino! ciao
grazie terry!
losm, non preoccuparti, quell'effetto gonfiare - sgonfiare pare che sia proprio quello che deve fare questo impasto, e a me non è mai venuto :DDDD!!!! che temperatra del forno, e quale teglia hai usato? (questi dolci non sono "belli", spesso hanno la foggia di una vecchio cappello uscito da un cassetto dove era stato riposto per mesi:))
ho usato uno stampo di ceramica, proprio da torte. e il forno stava a 180°, neanche tanto pre-riscaldato perchè ero in ritardo.
...quello del cappello rende proprio l'idea!! ciao
Un po’ come « fritola » insomma.
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