martedì 16 dicembre 2008

FRANCIA. PARIGI. LA BRASSERIE LIPP.















Ma guarda un po’, sabato sera non troviamo un tassì e dobbiamo disdire la prenotazione del ristorante; siamo in zona Odèon: rapido Nunchesto si dirige a piedi verso la Brasserie Lipp, che ci accoglie.

Ancora una volta mi piace. Mi piace la sfrontatezza ritualmente modulata dei camerieri, il loro allampanato bianco e nero che lampeggia fuori e dentro la cucina, il bicchiere di vino bianco abbandonato sul bancone che diventa rapida preda di uno di loro al passaggio, il rilucere delle maioliche, i piatti sempre uguali, cascasse il mondo, e buoni. Mi piace il suono della chiacchiera ondosa, viva ma non gridata, poliglotta ma nella quale ancora emerge il suono francese, il tintinnare dei piatti e dei vassoi che si scontrano, il flusso delle persone che vengono decisamente guidate al loro posto, denudate di cappotti, infilate oltre tavoli che si toccano l’uno con l’altro al punto che non sia mai che vi scappi di andare in bagno, e che per farvi passare vengono sollevati da camerieri pronti a tutto.

C’è un gran giro di choucroute, maiale e crauti, enormi, ma Nunchesto giura che quelle di molti anni fa erano ben più imperiali. Due signori imponenti che si avvicendano solitari al tavolo alla mia destra ne ordinano, con birra, e le demoliscono in raccolto e veloce silenzio, così pure una signora di buona stazza e oltre la mezza età, guance ben rosee, un golf di angora bianca a grandi chiazze di lustrini neri, mentre un fanciullo venuto in compagnia di fanciulla la spilluzzica e basta. Io ricordo vagamente la mia, mangiata tempo fa, ma non saprei dire se arrivai davvero fino in fondo.

Questa volta chiedo un piatto di ostriche – squisitissime, polpute, fresche, piene di mare – e delle cervelatas remoulade, delle bianche salsicciotte coperte di maionese alla senape. Come sempre cincischio con lo scalogno in aceto e non sono in grado di unirlo all’ostrica; piuttosto scopro che non è niente male imburrare il pane nero e condirlo con tale scalogno. Nunchesto mangia un’anatra confit (cotta nel suo grasso e conservata fino a nuova cottura), veramente fondente, accompagnata da patate vivacemente agliate sulle quali non manco di calare la forchetta.

Brasserie Lipp
151, Bld. Saint-Germain
75006 Paris
Dalle 11,30 all’1, ininterrottamente.

7 commenti:

Elena Bruno ha detto...

Le ostriche farebbero la felicità del mio babbo ... a me piace il giretto virtuale :-)

a.o. ha detto...

non ho cuore neppure io di unire lo scalogno in aceto all'ostrica, una riluttanza bella e buona che non mi spiego...mi sembra quasi di farle torto.

tttssh: galvanizzante questa atmosfera!

Anonimo ha detto...

Vive la France!
Io alle ostriche preferisco i croissant... :p

Unknown ha detto...

Che bel reportage!Ho segiuto tutte le puntate...
Questi camerieri mi fanno venire in mente i pinguini-camerieri di Mary Poppins!
Bellissime le porcellane!

artemisia comina ha detto...

@ two, niente ostriche? ;) meno male che ci pensa il babbo! io appena tornata a Roma sono andata a mangiarne altre :DD

artemisia comina ha detto...

@ sì aiuola, galvanizzante!

@ mucca, tutt'e due!!!

@ ciao chiara, ben tornata, quella faccetta knorr mi fa molta simpatia.

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
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