giovedì 6 settembre 2007

VENEZIA. GATTI.



Tanti anni fa Venezia era piena di gatti. Gatti mai visti, lustri, pacifici, sereni, sicuri di sé, mai timorosi dell’umana presenza, immobili nei loro accoccolamenti nel mezzo della calle e del campo, che i passi aggiravano senza che loro spostassero un pelo. Un piacere incontrarli.
Poi un’iniziativa comunale li ha tutti radunati, se senza dichiarato padrone, su un’isola, non so con quanta loro felicità. Oggi se un vostro gatto maschio gira incustodito in città, rischiate di ritrovarvelo con la punta di un orecchio mozzata a mo’ di contrassegno e altro asportato da tale benefica congrega.

Tuttavia, ancora qualche gatto veglia qua e là sui luoghi, sempre con quell’aria da padrone del mondo.

IL GATTO DELL’OSPEDALE.



C’era di nuovo. Lui, il gatto dell’ospedale. Quello che ha il muso lungo, tal quale i due leoni ai lati della porta, come il loro un po’ consunto e da ex delinquente oggi a riposo. Si stravaccava. Ha appena aperto un occhio.





Due giorni dopo, siamo di nuovo passati di lì. Si stava facendo spupazzare da bambini di passaggio. Con sufficienza, sempre a occhi chiusi, perso nel ricordo delle passate battaglie. Quando è stata tentata una carezza troppo prossima ha velocemente allungato una zampa, vaga minaccia di artigli, interrompendo il suo nirvana. Presto si è riavvolto nei suoi sogni.



Infine, dai e dai, un giorno mi ha guardato. Per pochi secondi. Poi ha ripreso la sua aria da budda metafisico.

PACO.





Percorrendo il giro di calli e ponti che dalla Scuola della Misericordia passa dai Gesuiti per approdare alle Fondamenta Nuove, ho incontrato un gattone che tutti, passando, salutavano confidenzialmente: Ciao, Paco! Il giorno dopo era ancora lì, sempre velocemente riverito dai passanti, mostrando in risposta la maestosa indifferenza dei gatti di una certa stazza. E’ gatto di libreria, ho potuto scoprire: questa volta era proprio sulla porta, tra libri e calle, indeciso tra la frescura umida della via dopo l’acquazzone e il rifugio nel profumo e negli anfratti della carta.





Qualche giorno dopo l’ho trovato piantato ai bordi della calle, con uno sguardo così intento a guardare qualcosa dietro di me che ho potuto abbassarmi fino a pochi centimetri dal suo muso senza che mi badasse. Poi ho capito. Passava una coppia di cani che lo hanno attentamente rispettato, con due umani: Ciao, Paco!


IL GATTO BIANCO DEL PONTE DELLA FURATOLA. IL GATTO DI RIO TERA’ SAN LEONARDO. ILGATTO DEI GESUITI.

Quanto al gatto bianco, è qui per l’accortezza che ha avuto nell’acciambellarsi accanto a graffiti azzurri e rosa sul ponte della Furatola, dalle parti di palazzo Albrizzi. L’altro è stato fotografato in un noto incrocio di gatti, dalle parti del Rio Terà San Leonardo. Il terzo, apprezzato per gli occhi arancio e l’aria da gufo selvaggio, era su una finestra delle fondamenta accanto ai Gesuiti.




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