domenica 9 settembre 2007
Un panino bagnato in una densa, fresca panna. Caterina, di Leone Tolstoї. Con Igor' Ėmmanuilovič Grabar'
Igor' Ėmmanuilovič Grabar', Portrait of the artist’s wife and her sister with cornflowers 1914. Da artrusse.uk
“Eravamo sedute sul terrazzo e ci preparavamo a prendere il tè. Il giardino era già tutto verdeggiante e dappertutto, a Pokrovski, gli usignoli avevano stabiliti i loro nidi in mezzo a gruppi d’alberi in piena vegetazione. Ciuffi di lillà facevano dondolare qua e là i loro fiori smaltati di tinte bianche e violacee, che erano lì lì per svanire nel verde. Nei viali piantati di betulle, le foglie sembravano trasparenti ai raggi del tramonto. Sul terrazzo si allargava un’ombra rinfrescante, mentre l’abbondante rugiada della sera bagnava le aiuole. Dal cortile dietro il giardino salivano gli ultimi rumori del giorno e i belati del gregge che ritornava alla stalla. Il povero scemo Nikone passava pel recinto, ai pie’ del terrazzo con una botticina, e subito dei torrenti di acqua fredda, che sfuggivano da un innaffiatoio tracciavano dei cerchi nerastri sulla terra smossa di recente, intorno alle piante di dalie. Innanzi a noi, sul terrazzo, sopra un tovagliolo bianchissimo, brillava e bolliva un bricco dai riflessi scintillanti, circondato da un vaso di crema, di frittelle e di pasticceria. Maria, da buona massaia, lavava le tazze con le sue mani grassocce. In quanto a me, che avevo acquistato appetito per un bagno, che allora avevo fatto, senza aspettare il tè, mangiai un panino bagnato in una crema fresca e molto densa.”Caterina, Leone Tolstoї, Casa Editrice E. Pietrocola, Napoli 1887
Non so dirvi di un'attuale edizione italiana della novella.
Nella casa di Mentuccia Fibrena, nella quale sono stata ospite in agosto, ci sono molti libri. Spesso vecchi libri, come questo, edito nel 1887 da un editore di Napoli, la Casa Editrice E. Pietrocola. Si tratta di un libretto più che tascabile, 10cm per 5, che fa parte di una collana che editava novelle “moderne”.
Qui il conte Leone Tolstoї (l’editore non omette l’aristocratico titolo) narra di una giovane, Caterina, del suo matrimonio, delle sue eccitate fantasie ideali e amorose che man mano si dissolvono per placarsi in una felice disillusione casalinga e familiare. Come sempre, la capacità narrativa del conte va oltre la sua morale della favola, e la variegatura dei sentimenti non è minore di quella dei lillà.
Aggiungo che la protagonista sposa giovanissima un uomo che ha superato i trenta, così come accadde al conte e a sua moglie: suggestioni autobiografiche.
Io però mi interesso soprattutto del panino e della fresca panna. Tutto, usignoli, belato di pecore, trasparenza di foglie, neri rivoli d’acqua, trascolorare di mobili lillà, frescura serale, il rito del bagno, la distrazione dei protagonisti verso il passare del tempo, sembra essere lì per dare corpo e sostanza al mirabile gesto con cui Caterina immerge il dorato panino nella bianca, densa panna.
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