mercoledì 23 dicembre 2020

Tatin di cotogne e speck.

 

Di Artemisia 

Nell'Orto Botanico si susseguono sorprese, anche adesso che tutto dovrebbe dormire, sparire: le foglie nella terra, gli animaletti nelle tane. In realtà, al di là dell'incessante animazione dei pappagallini, che siano monaci o dal collare, dei gabbiani, delle cornacchie, ecco che spunta qualche uccellino - sempre così schivi gli uccellini, rapidi nell'involarsi, e fanno bene - e ci capita di vedere un Codirosso Spazzacamino, Phoenicurus ochuros, tutto gonfio, sceso dai monti - come il Pettirosso - per riconquistare un po' di calduccio. E poi ci sono alberi davanti ai quali, sotto i quali passammo indifferenti, confusi come erano - ai nostri occhi ignoranti - con gli altri, che adesso attirano vertiginosamente l'attenzione, come la Parrotia Persica. Che foglie! Che rossi, che gialli, che arancioni, che striature, che rigature! Da dove viene? Dal Medio Oriente, dall'Iran settentrionale, l'Azerbaigian. La corteccia liscia si squama per lasciare macchie cannella, rosa, verde e giallo pallido sul fondo marrone-rosato. Le foglie ovoidali, leggermente pendenti, grandi, costolute, con margini ondulati erano di un verde lucido che ora si trasforma in questa fiammeggiante pirotecnia. Vedo delle piccole Tatin fatte con mele e petto d'oca affumicato, aggarbate da qualche pistacchio. Sono subito sedotta, e le traduco in una Tatin di cotogne e speck. La faccio due volte di seguito, perché la prima non era perfetta. La seconda sì, per cui la ricetta va - questa volta con soddisfazione - in Officina riparazioni. La prima volta andavo di fretta, per cui l'ho un po' fatta corta con la pre-cottura delle cotogne, mentre bisogna arrivare fino a cotogna morbida, anzi, dorata, caramellata; anche perché poi le fette si confondano tra loro, si saldino alla tarte. La prima versione andò con uno spuntino festivo, entrò in un quasi menu, la seconda fu sola, accompagnata da un'insalata di radicchio tardivo. Un'altra differenza fu che la prima volta ci furono due strati di mele, la seconda uno solo; qui decidete: se siete in parecchi, fatela polputa, altrimenti state sull'elegante taglia smilza. Le prime foto sono della seconda versione. Con il forno ventilato, non rimane liquido di vegetazione; se ne restasse, usare la sfoglia come un coperchio che impedisce la caduta delle cotogne, inclinare la teglia, scolare; se la sfoglia avesse un'aria fragile, sovrapporvi un vero coperchio. Se si vuole cuocerla in anticipo: Tarte Tatin come cuocerla in anticipo.

Preparare un pasta sfoglia; io ho usato questa, metà quantità.

Teglia metallica di 22cm, fondo coperto da un disco di carta da forno (poichè non è antiaderente).

Due (quattro nella versione con doppio strato) cotogne sbucciate e affettate - spicchi alti circa 2 cm.

Una manciata di dadini di pancetta affumicata va rosolata in un tegamino con appena un filo d'olio d'oliva.

Far fondere una abbondante noce di burro in una padella; sciogliervi un cucchiaio raso di cassonade.

Aggiungervi gli spicchi di mela e due pizzichi di aghi di rosmarino finemente tritati e far cuocere gli spicchi fino a che non sono ben morbidi e dorati, girando con delicatezza (se le mele sono quattro meglio in due tornate, perché non si accavallino troppo).

Disporli (metà se lo strato e doppio) a raggiera sul fondo della teglia.

Mettervi su fette di speck a coprire e i dadini di pancetta (metà dei dadini se lo strato è doppio, e tenetevi più leggeri anche con lo speck).

(Se lo strato è doppio altre mele, altro speck, altra pancetta). 

Adesso è ora di mettervi su la copertina di pasta sfoglia, stesa a disco di giusta misura, rincalzandola per bene ai bordi. Fatevi dei fori con i rebbi della forchetta.

Forno a 180° per 30/40'.

Rovesciare la tatin su un piatto che regga il calore, disseminarla di granella pistacchi














2 commenti:

Elena Albertelli ha detto...

Carissima Artemisia, in questo giorno di Vigilia le mando un'altra ricetta dal Leichterhof di Merano. Si tratta di un semplice Kugelhupf che in passato rappresentava il pezzo forte della cena del 24 dicembre assieme a un bicchiere di Glühwein (vin brulé). Questa tradizione andò avanti nella nostra famiglia anche qui a Trieste, fino all'arrivo di mio padre da Pola (e allora si passò al pesce). La ricetta è nei tradizionali deca che io traduco in grammi.
Per 1kg di farina: 25g lievito, 400ml latte, 150g burro, 1 bicchiere da 1/8 di olio di semi, 4 tuorli, 5 cucchiai colmi di zucchero, 8g sale. Per l'uvetta c'è l'indicazione di "un pacchetto di zibibe", quindi circa 250g di uvetta rinvenuta in acqua tiepida con un cucchiaio di rum.
Fare un lievitino con un cucchiaio di zucchero, il lievito, un po'di latte e di farina. Unire gli altri ingredienti (il burro fuso e tiepido) tralasciando l'uvetta, che andrà incorporata con attenzione solo dopo aver lavorato la pasta. Far lievitare almeno due ore. Mettere negli stampi imburrati e far crescere ancora. Con questa dose si ottengono due o tre dolci, a seconda della grandezza degli stampi. Cuocere in forno a 180 gradi per circa 35-40 minuti (fare la prova con lo stecchino e coprire con alluminio se il dolce scurisce troppo). È buono e semplice, più da colazione che da dessert. Con i miei migliori auguri di buon Natale. Elena Albertelli.

artemisia comina ha detto...

Grazie <3

buon Natale, Buon Anno!

La Linzer è fantastica!

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