venerdì 19 giugno 2009

Abbacchio al forno con le erbette come nella Valle di Comino


Artemisia

Cucino nella casa di campagna di Mentuccia. Poi l'ho rifatto a Roma (ultima foto). Sul tavolo di  Maggio 2014. Spuntino con Shuit ashi, shuvit oshi, tagliolini verdi all'aneto, green noodles, specialità di Khiva

In campagna per andare a fare la spesa ci si prepara chiedendo a tutta la casa se si ha bisogno di qualcosa, i negozi non sono a meno di qualche chilometro, e c’è sempre il sentimento che è importante che ci sia del cibo in dispensa. Capita che si esca per andare a comperare un barattolo di caffé e si torni con ciliegie, albicocche, melanzane, una gran ciambella all’anice, un piatto di paste e un imprevisto coscio di abbacchio.

Allora si prende una teglia di alluminio con il suo coperchio grande e lucente come lo scudo dell’arcangelo Michele; si massaggia per bene il coscio, profondamente inciso dal macellaio con tagli orizzontali, con l'olio d'oliva della Valle.

Marinatura

Poi si mette in un recipiente a misura, si bagna con mezza bottiglia di vino rosso, si mettono molte erbe e molti aromi, sale.

Per avere quelle erbe e quegli aromi si inizia da un cestino. Accanto all’aglio e alla cipolla ci sono tutti i doni del giardino. C’è la tosta nepitella che cresce nei terreni aridi coperta di una pelliccetta argenteoverde, sapida e pungente, c’è l’alloro che germina dovunque e quando può cresce alto fino a sfidare i fulmini, c’è il rosmarino dagli ampli cuscini che avanzano come onde, c’è la finocchiella teneramente piumata, c’è un prezzemolo sopravvissuto all'incuria che è esploso come un fuoco d’artificio in corimbi di bocci pieni di industriose formiche che la disattenzione porta fino in cucina, per non parlare del ragno che quando viene ributtato in giardino lesto emette la sua tela e il volo in picchiata si trasforma in molle parabola filata, c’è il timo selvatico che bisogna cercare oltre il muro, verso la cappella diroccata di Sant’Antonio, il santo degli animali, dove si portavano a benedire l’asino e la mucca. Ma ci sono anche la salvia, l’origano, il chiodo di garofano, il pepe, che aspettano odorosi nei barattoli della dispensa.

Far marinare almeno un paio d’ore, girando la bestia di tanto in tanto.

Forno a 220° per mezz'ora, poi a 180° per un’ora; mi pare che il nostro coscio sia stato lì un po’ di più.

Dopo la prima mezz'ora, intorno al coscio mettere un chilo di patate sbucciate e a dadi, prima sbollentate e poi profondamente mescolate con le mani in una ciotola, con olio d'oliva e sale. Di quando in quando smuovere le patate.


 





6 commenti:

elisabetta ha detto...

In questo periodo faccio presto a rimanere indietro... mi ritrovo in arretrato con la lettura dei post.
Il tuo angolo di cucina mi sta facendo sognare :)

Edda ha detto...

Mi piacciono tutti gli ingredienti ma ancor di più il modo 'casareccio' di presentare questo piatto, complimenti!

grazia ha detto...

non hai per caso una foto della bestia cotta?

artemisia comina ha detto...

@ ciao elisabetta; indaffarata, eh?

@ dada, tutto è in pretto stile valligiano.

@ grazia, immaginala bruna, le guance carammellate, circondata da un serto di fumanti patate dorate.

marzia ha detto...

bene, bene, mangiate carne ovina, i pastori ringraziano (mi raccomando, sempre bestie italiane!!)

artemisia comina ha detto...

marzia, da quella parti pecore ci sono ancora. ci sono certe ricottine delle stesse da far languire un sasso.

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