martedì 11 settembre 2007

Agosto. Che si mangia in Val di Comino?


Agosto 2007. Che si mangia in Val di Comino? Per meglio dire: che si mangia in casa? La casa di campagna di Mentuccia, la grande casa nel piccolo paese sul colle. Che si mangia in agosto, il mese in cui quel luogo ancora si anima. Diverso sarebbe ricordare passate minestrine con la pastina peperina, patate al vapore, uova al tegamino, fagiolini con il pistacchietto, crostini con mozzarella e acciughe, la panna fresca che fioriva sul latte portato al mattino, tutta una cucina dell'infanzia; su quella faremo altri ricami nostalgici, ora restiamo nella stagione assolata delle vacanze, quella in cui ci si rifugia nelle stanze più ombrose. Andiamo anche oltre il repertorio che AAA dedica alla cucina della valle di Comino, alle ricette di casa che meritano una qualche memoria. Qui si tratta di cosa si può comperare nei mercati del territorio - la parola è necessaria: nel paese sul colle non ci sono negozi, si deve partire per andare a fare la spesa - per allestire spuntini anche senza accendere fornelli, o comunque per arricchire un pasto con cose interessanti.   

Allora, che si mangia? Innanzitutto, tutte le volte che si può, le inimitabili ricottine di pecora di Picinisco. Più che buonissime se mangiate freschissime.

Poi le caciotte di pecora, che possono essere molto buone, ma di qualità assai meno costante; le tre della foto sono ancora fresche, di un pastore che ha usato un terreno della famiglia di Mentuccia per le sue pecore, e che le ha portate perciò in omaggio. Buone, ma molto sapide, un po' troppo.

I formaggi di capra di Campoli Appennino, tra cui l'apprezzata marzolina, sia fresca che stagionata, tra i presidi Slow Food, e le ricotte semistagionate.

Le mozzarelle di bufala, che Sora ha cominciato a vendere con costanza. Era ora, visto che sono prodotte in un territorio vicino. Buone. Anche affumicate, come quella della foto.

La pagnotta. Nota dolente. La zona si caratterizzava per certe belle pagnotte meridionali, giganti, dense, pesanti, sapide, che duravano una settimana senza fare una piega. Ora i forni dei diversi paesi hanno cominciato a farne di leggere e rapidamente tendenti alla spugna secca. Ma uno o due sono rimasti degni, e un negozio di Atina Inferiore inopinatamente gourment ne importa dalla Campania un tipo a lievitazione lenta, molto simile a ciò che è nei ricordi dei nostalgici valcominesi.

La Val di Comino produce anche un ottimo olio d’oliva. Ottimo davvero, ma senza qualità controllata, senza marchi, senza cooperazione nella produzione e nella vendita. La famiglia di Mentuccia produce il suo, con cui fare il piatto più buono: pane, olio e sale.

Grazie a dio a Sora si trova ancora un’ottima focaccia, a bolle, di densa pasta di pane, molto saporita.

Ci sono poi le ciambelle di Sora.

Non dimenticherò le noci di campagna, come quelle portate al mercato da una vecchietta che vende solo quelle e altre due cose, grandissime e piccolissime insieme, ottime.

Le immense paste della pasticceria di Atina, quelle del forno di Sora, quelle del forno di San Donato.

Infine, una nota sulla polenta, dono di una vicina (tutti regalano cibo a tutti) ma messa in un piatto di casa. Guardatelo: in Val di Comino prima di buttare una cosa, ci si pensa su trent’anni, e poi si lascia lì: e se poi un giorno servisse? L’idea di comperare è ancora da digerire. Tutto viene messo da parte, nell’ipotesi che se un giorno, appunto, servisse, e tu l’avessi malauguratamente, sconsideratamente, improvvidamente buttato, non si potrebbe far altro che mordersi le mani tra i rimpianti e restare senza.

 Due cialde rotonde di pasta biscotto con una farcia di crema chantilly e un giro di granella di nocciole, una coltre di zucchero a velo. Deliziose, le chiamano in queste bande. Ogni pasticceria ci si industria, ed alcune conquistarono in questo campo qualche rinomanza.

Inopinatamente, trovo le migliori – davvero apprezzabili, raffinate, sottili – nel forno che vende i suoi prodotti in un supermercato Conad, a Sora.
Un forno che per il resto fa divertenti dolci barocchi, di quel barocco paesano e campestre che a volte fa belle case e chiese lontane dai grandi centri, perdendo tutta la minaccia degli eleganti scheletri e acquistando la grazia del gioco infantile e dell’ingenuità.

Ho ritrovato anche lo zeppolone, a conferma delle venature napoletane della cucina locale.

Altra cosa ottima di questo forno, la focaccia tipica di queste parti. Piena di gobbe, bolle e sapore.

Atina veramente è poco presente con la sua fisionomia di paese vecchio e abbarbicato a un colle nel moderno e brutto crocicchio commerciale di Atina Inferiore, che di fatto tutti chiamano Ponte Melfa, visto che si sviluppa intorno al ponte che attraversa il secco torrente Melfa, che scende dalla Valle di Canneto e che andrà poi a buttarsi nel Liri. E’ un luogo dove fare la spesa, un mercato.

Anche di dolci. Per esempio, le gigantesche paste – i diplomatici hanno 7cm di lato - in vendita da Gargaro, un gelatiere che emigrò da questo territorio di gelatai per andare in Belgio, e che poi tornò da queste parti per aprirvi una gelateria successivamente ampliata in pasticceria. Tutta questa storia l’ho sentita dalla nipote, che serviva al banco traguardando oltre il quale si intravede un attivissimo laboratorio. La presenza di zeppole, di deliziose, di sfogliatelle, di babà, ricorda l’influenza napoletana.

Gelateria Pasticceria Gargaro
Rinfreschi completi – torte nuziali – comunioni – cresime
Corso Munazio Planco, Atina Inferiore
Tel. 0776611094

 






 



 

 









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