lunedì 16 aprile 2007

TOSCANA. VAL D'ORCIA. AGRITURISMO LE CASACCE.













da Artemisia Comina

La strada per arrivarvi è le sette bellezze, e a un passo ci sono, per dire, Pienza, dove ci siamo fermati prima di arrivare a Le Casacce, e San Quirico D’Orcia dove siamo andati prima di cena poiché mi premeva di rivedere certi coccodrilli sull’architrave della Collegiata. Abbiamo inoltre fatto un salto a vedere la molto vicina Sant’Antimo, dove siamo andati per la prima volta e che è stata una delle perle della giornata e della vacanza tutta.

Intorno al casale, in cui si trova il ristorante e qualche appartamento, altre strutture per alloggiare,che il proprietario continua ad accrescere: lo abbiamo trovato pieno di progetti, tra i quali una piscina coperta che dovrebbe essere pronta per l’autunno inoltrato.
Per ora ce n’è una scoperta molto panoramica; nella foto riflette il sole che tramonta.

Noi eravamo in un appartamento di fronte alla piscina. Ecco la foto con il Nunche che entra, sul far dell’ancora luminosa sera. Ampio, con un soggiorno dotato di cucina che ci siamo ben guardati dall’usare.
Durante le vacanze pasquali ho sempre sofferto i peggio freddi, poiché non mi sottraggo all’illusione della primavera, e lascio a casa ogni lana. In questa pur calda stagione, stavo correndo lo stesso rischio, poiché l’aperta campagna ha sere fresche. Ma ho potuto apprezzare il veramente efficiente sistema di riscaldamento dell’appartamento, che segnalo, memore di altre situazioni simili, ben più spietate.

Inoltre a cena, nel ristorante del casale dove sono andata timorosa di riprecipitare in temperature rigide, ho trovato un molto caldo camino che mi ha permesso di rilassarmi in pace. Com’è l’atmosfera dentro il casale? Una conversazione del mattino dopo con il proprietario mi permette di farla corta: con un certo gusto irriverente che suppongo lo caratterizzi, Casini ci ha detto che lui ama il kitsch. Quindi cose e cosacce a profusione, vecchie piastrelle esagonali e pietre dolcemente scavate dal tempo sui pavimenti. Nel casale, per gli esagerati, c'è quella che chiamano la suite, in cui alla camera da letto sono annessi un ampio terrazzo che dà sulla valle e una grande stanza da pranzo arredata con un fratino e sedie dallo schienale rigido e bicorne, il tutto assai inizi novecento; insomma, se vi va, ci fate un invito a cena stile Ritratto di Signora.

Dedichiamoci al menu della sera.

Tortino di ricotta con salsa di peperone. Piacevole inizio, con una salsa di peperone giallo dolce. Fantasie di riproduzioni dell’insieme incoronando il tortino con creste di pecorino a scaglie, e introducendo nel suo cuore due molluschi di cozza cotti al vapore.

Zuppa di fagioli e prosciutto, con un leggero sentore affumicato.

Cavatelli all'amatriciana. I cavatelli erano fatti in casa; per chi non lo sa: si tratta di una pasta meridionale, fatta con farina di grano duro e acqua. Tocchetti di pasta nei quali un gesto deciso del pollice che vi affonda forma un incavo che accoglierà sughi. L’amatriciana (pomodoro, guanciale, pecorino, peperoncino) era fatta con il friulano guanciale di Sauris. L’ibrido merdional-romano-friulano era ottimo.

Filetto di maiale al vino bianco con insalata. Qui mi interessava la cottura del filetto, che aveva un’aria da 20 minuti. Rosa, ma non al sangue (penso ai 15 minuti consigliati da Vissani, tempi che ho seguito e che danno un ottimo filetto al sangue, ma che espongono al problema della trichinosi). Molto buono, non aveva perduto nulla della necessaria morbidezza. Il filetto era stato certamente massaggiato. Il massaggio della carne con il grasso in cui cuocerà è un’accortezza di cui sono debitrice a Casini via compagna di banco. E già, perché Tinti, la mia compagna di banco del liceo, da cui venni con dolore divisa per troppe chiacchiere – e pensare che le fanciulle dovrebbero piuttosto essere separate se tacciono, e provata ogni unione tra loro finché non chiacchierano, per vincere timidumi, afasie, ingrugnamenti – Tinti, ritrovata dopo anni, mi rivelò che suo cugino Enrico, Casini appunto, le aveva consigliato di massaggiare sempre e non aspergere mai d’olio le carni, per evitare le perniciose bruciature di grassi. Mirabile suggerimento.

Profiterolos; un dolce che non amo, quindi taccio.

Il vino? Poggio Ciliegio di Rascioni e Cecconello, prodotto a partire dal ciliegiolo in purezza, un vitigno – forse importato dalla Spagna alla fine dell’800 da pellegrini di ritorno da San Jacopo di Compostela, forse molto più antico e tra i genitori del Sangiovese - che ha avuto nell’ultimo decennio una rivalutazione che lo ha salvato dall’estinzione. Il Poggio Ciliegio è un buon rosso fruttato nella cui produzione c'entra il padrone di casa, non ho ancora capito in che misura. Per questo vino, come per tutta l’offerta di Le Casacce, il prezzo è assai conveniente: per un prodotto molto buono, 10 euro.
Un altro prodotto ottimo delle Casacce è l’olio d’oliva di Seggiano. Ci proponiamo di tornare in autunno a prendere un po’ dell’uno e un po’ dell’altro e ad esplorare con più cura il contesto della tenuta.

A Seggiano infatti, a tre chilometri di distanza da Le Casacce, si trovano un caffè e un’osteria, sempre della famiglia Casini. Pensiamo valga la pena di provare l’osteria, dove tre volte alla settimana Casini porta pesce fresco dall’Argentario.

Come siamo arrivati a Le Casacce? L'amica Dolcesca la sa lunga sulle esperienze di cuoco di Casini, specie le prime, quelle del Tentativo e del Bacaro, due ristoranti che movimentarono la sonnolenta scena romana anni settanta e ottanta, poiché le ha condivise. E' lei che ci ha dato questa traccia.

Dolcesca medesima aggiunge:

Anche io ho goduto qualche volta della sala col camino che ha riscaldato Artemisia. Mi è rimasta l’impressione di un posto animato, sistemato in un punto strategico proprio all’ingresso, fra la cucina e la sala da pranzo. In una fredda giornata di gennaio di un paio d’anni fa mi sono trovata in un certo via vai, il camino galeotto. Mi ricordo di piacevoli chiacchiere per saperne di più di Seggiano e dintorni. Allora c’era Tinti che non vedevo da una quantità di anni e mi parlava del suo migrare verso la Toscana, nuova residente.

Con Enrico abbiamo iniziato a frequentare oli e vini alla fine degli anni ’70. Ho recuperato una serata da pazzi all’Enoteca Ombrone di Grosseto dove il proprietario Giancarlo Bini – ora mi dicono ristoratore a Suvereto – già allora coltissimo degustatore c’introduceva all’assaggio di oli. Facemmo parecchio tardi quella stessa sera con due vinattieri friulani che ci fecero fare una scorribanda fra tocai, sauvignon, e non mi torna in mente cos’altro, della loro cantina, sistemata nel cofano stracolmo di bottiglie della macchina con cui venivano ad incontrarci.

Da allora Enrico ha continuato a coltivare la passione per oli e vini con Luigi Veronelli. Questa amicizia credo gli sia costata qualcosa, viste le rivalità fra gli editori di guide eno-gastronomiche.

Da lui, di recente, ho mangiato dei piatti pensati per abbinare gli oli locali. In un’occasione era di ritorno dalla Francia con una scorta di fois gras. Ci preparò degli assaggi giocando sui contrasti del dolce del fegato e l’aspro, un po’ amarognolo, dell’olio prodotto da un tipo di olivastra seggianese, una cultivar locale (cultivar è il termine che sta all’olio come il vitigno sta al vino).


Pienza, San Quirico, Sant'Antimo





Agriturismo Le Casacce
Loc. Le Casacce,
Seggiano (Grosseto)
tel. 0564 950895
www.lecasacce.net
Apertura: tutto l'anno
Posti letto: 21
Prezzi per la mezza pensione: 55 / 175 €. Noi ne abbiamo spesi 70.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...