venerdì 7 maggio 2010
FRANCIA. LA TERRASSE. UNA STELLA. CHEF JEAN-MICHEL CARRETTE. TOURNUS.
Mise en bouche: ecco delle magnifiche gougeres, le più buone del viaggio, squisitissime, lievi, leggere da farle volare con una schicchera, cave e calde; poi una fetta di una patata piccolissima, del paese di Lilliput, cui è stata lasciata la buccia, cotta forse al vapore e avvolta di una camiciuola fluida che le sta d'incanto, con sopra un bocconcino di salmone affumicato tenero e assai intenso accompagnato da una bavetta bianca insieme cremosa e spumosa; infine una mezza pallina di budino di patata dolce con in testa qualche grano di sale e uno stelo di cipollina conclude questa prima triade. Tutto è così buono, così semplice e insieme arpeggiato (cominci con un sapore, poi ne arriva un altro, nello stesso boccone) che io inizio immediatamente a pensare bene del cuoco.
E badate che il posto è tra la stazione di posta e il motel, proprio sulla via che attraversa Tournus, alle soglie della cittadina antica, e la nostra finestra - siamo al piano terra, diamo sulla strada - dà su un grande anonimo piazzale che fa da posteggio al vicino supermercato. Le finestre di fronte sono sfiorate da enormi autocarri che appaiono sulla parete come quadri iperrealisti e sembrano star per entrare nel ristorante per poi girare all'ultimo momento e sparire andandosene su verso Digione o giù, verso Lione. Tournus è sulla traiettoria nord - sud ed è perfetta per fare una sosta golosa: ciò è noto da tempo ai francesi, e i ristoranti gourmand attecchiscono.
Dopo la triade patata dolce - gougeres - patata e salmone, ne è arrivata un'altra: un bocconcino di salmone fresco fritto, soavemente croccante fuori e soavemente nuvoletta dentro, un fromage blanc con un coulis di prezzemolo condito con un olio d'oliva magnificamente fruttato (grande incremento dell'uso di ottimi olii d'oliva, in Borgogna), un caviale di melanzane tagliato al coltello molto fresco e ingenuo, con una viola mammola sulle ventitrè (io a questo punto avevo dimenticato il supermercato, mentre i camion mi piacevano e continuavo ad aspettarli passare nella loro rombante, magica apparizione - sparizione).
Triade dopo triade, oramai avevo capito che in Borgogna gli amuse bouche si sono moltiplicati, e che non c'è pasto che il cuoco non ami iniziare provandosi con una schiera di questi bocconcini, che permettono sapori inediti proprio grazie alle minuscole proporzioni.
Quasi un motel dicevo - specie nelle spartane camere - ma il ristorante, sia pure restando nei limiti della sua modesta struttura, è accuratamente allestito; pareti grige, calligrafie e fiori bianchi in una delle due stanze, un decoro più tradizionale nell'altra.
Optiamo per un menu a 39 euro che permette una scelta che ci soddisfa. Chiediamo entrambi la Terrine de foie gras extra en trance epaisse, voile de topinambur, pâte de noisette (nocciola) et toast au radis noir (un rafano dalla buccia nera che contribuisce assai alla grafica del piatto) et poutargue (bottarga). L'estetico accrocco è buono come promette.
Nunchesto prosegue con un Pavé de dorade royale sauvage, asperges vertes croquantes, beurre monté à la citronelle et vinaigrette tranchée au curcuma frais.
Io scelgo il Lomo de cochon (carrè di maiale) ibérique cuite à basse température, pak choï sauté à cru (cavolo cinese; quale procedura di cottura sia il sauté a cru non ne ho idea, ma il gambo croccante e la liscia foglia erano ottimi; le scaglie di esplosiva cipolla cruda ci stavano benissimo, ma non nego una loro qualche persistenza successiva), poivron grillé et oignon rouge sus court aigre doux.
A entrambi viene offerto un purè di patate all'olio d'oliva (di nuovo più che ottimo), con erba cipollina, che trovo buonissimo. Se dovessi dire quali piatti ricordo di questa cena, indicherei questo setoso purè.
Il vassoio dei formaggi - fromage de la maison Giroud - è contenuto, ma offerto con competenza: la fanciulla che ce li ammannisce sa di che parla. Il ristorante si è riempito -di quelli frequentati in questo giro, è il più pieno e vispo - e se fuori c'è ora il disadorno e depresso buio di una piccola cittadina assai provinciale, dentro c'è la calda, luminosa vivacità delle famiglie dei vigneron che sono venuti a cena dai dintorni. Ricordiamo che in questa zona poco popolata, come tutta la Borgogna, il 50% della popolazione è impegnato in attività agricole; accanto a noi, ci sono due nonni con due nipotini che si avventurano con qualche esitazione nella buona cucina; il nonno mangia i rognoni accompagnati con le tagliatelle all'uso francese, uno dei piatti che ha fatto la gloria del La Terrasse. La stanza piacevolmente tutta risuona dell'arrotato accento francese.
Un molto grande giovinotto dai tanti riccioli grigi volge le spalle alle finestre da cui compaiono i mirabolanti camion e solitario procede in un lungo pasto, fatto di parecchi piatti, cui dedica una mesta ma competente concentrazione. Roseo sotto la corona di boccoli che vanno imbiancando, ricorda certi ritratti di nobili signori rococò che nelle manine curate e morbide (singolarmente piccine in quel gran corpo che la gourmandise va rimpolpando) riponevano la fiducia di mostrarsi salvi dalla fame e aristocratici. Alla fine abbandonerà la tavola, il grande corpo ancora snello ma gravato dalla pancetta che va tanto amorosamente coltivando, pancetta che si affaccia soddisfatta dal giro dei jeans e che ha l'aria di essere la sua più fedele compagna. Oramai l'occhio mi cade su questi solitari dediti al cibo con religiosa cura, e vedo che almeno uno non manca mai.
Ovviamente scegliamo un epoisse, poi una chevre e un altro borgognone che ora mi sfugge.
Questi dolcetti ci vengono offerti prima del dolce.
Nunchesto prende una créme brulée à la cassonade parfumée à la vanille de Nouvelle Guinée, molto molto fondente.
Io ho proseguito la sequenza di soufflé cui mi sono dedicata in Borgogna con questo al coco et son sorbet rhum ananas. Il mio miglior soufflé borgognone.
Quando siamo arrivati nel pomeriggio per prendere posto nella locanda e prepararci per la cena, ci ha ricevuto una secca dama dal passo guerriero, reso più determinato dai tacchi a spillo, i corti capelli molto gialli e la faccia dalla bocca davvero molto rossa; faccia che sembra scesa giù da un capitello della romanica Abbazia che fa la gloria di Tournus, davvero tale e quale a quella di certi bei demoni che abbiamo visto lì. E' la mamma del giovane cuoco, che ha solo 31 anni e parecchio estro culinario. Quando nel 2005 è morto suo padre, che aveva questo ristorante fin dagli anni ’70 del XX secolo e si era conquistato una stella nel 1999, lui di anni ne aveva 26 anni e lavorava da Troisgros; da allora lui ha preso il posto del padre e conservato con merito la stella. Nell'attuale menu compaiono certi classici del padre, come le paté en croute e le rognons à la dijonnaise (quelli che mangiava il nostro vicino di tavolo) e le innovazioni del figlio.
Aux Terrasses (Jean-Michel Carrette)
- 1-bis, Avenue des Alpes
- F-71700 Tournus
Tel. + 33 (0)3 85 51 01 74
Un articolo sul giovane Carrette apparso su un giornale di Digione. Se ci cliccate su, potete leggervelo.
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