Da Artemisia
Ammettiamolo. Il caicco di quest’anno, con la sua grande stazza, è stato ben più comodo di quello dell’anno scorso, smilzo e traballante, e il fatto che tenesse il mare con i suoi pesanti e inamovibili fianchi matronali, evitandoci di apprezzare ogni onda aggrappati a ogni cosa, spruzzati per ogni dove d’acqua salata, ci ha fatto piacere. Per non parlare del sollievo di quelli che avevano sofferto, tacitamente verdi, il mal di mare. E’ anche vero che i caicchi, man mano che diventano più grandi e con pretese di lusso, separano turisti e marinai, facendo diventare questi ultimi meno marinai e più camerieri. Questo disastro lo abbiamo visto in un caicco ancor più grande del nostro, un’esagerazione, che l’armatore (ne ha costruiti cinque in successione, sempre crescendo di grandezza; sul primo, secondo e terzo ho fatto dei viaggi, il quarto l’ho visitato, sul quinto non ho messo piede, l’abbiamo solo incrociato in mare inchinandoci alla sua magnificienza) ci ha portato a vedere: letti matrimoniali pieni di imbottiture e di ancore ricamate, armadi per ogni dove, bagni con idromassaggi, sbrilluccicori di legni e ottoni. Addio bellezza dei nostri caicchi. Non ultimo dei mali, se si fa spazio al confort dei passeggeri la cucina si inabissa, sparendo nella pancia della barca. Niente più sbirciatine curiose all’operoso affaccendarsi del cuoco, fine del pregustare il piatto man mano che viene allestito, come era accaduto l’anno scorso. Haimé, questo era vero anche nella nostra barca, che per il resto coniugava ancora comodità ed elegante decenza, e sono potuta andare in cucina una sola volta e per un solo minuto: era davvero piccola e ci si sentiva molto invadenti. Vi invito a dare un’occhiata (foto della cambusa) alla padella sull’angolo dei fornelli: quella che pare una frittata in realtà è un interessante pane. Straordinariamente simile a un pane che di tanto in tanto ci veniva portato da barcaiuoli locali che si avvicinavano al caicco vendendo stoffe, collanine, fichi, frutta secca e infine, tirandolo fuori come ultimo tesoro, quello che chiamavano country bread: un pane soffice, rotondo, basso (due o tre centimetri al massimo), dalla mollica tenera e sottile e dal cuore morbido, che la prima volta che l’ho visto m’è parso un grande fungo pallido. Ho fatto la fantasia che in quella padella non ci fosse solo stato appoggiato, ma che ci fosse nato. Mehemet, il timido cuoco dalla bella faccia cinese, che quando faceva il marinaio era immancabilmente addetto all’ancora, comunque il forno l’ha usato più di una volta, anche per fare degli ottimi, friabilissimi biscotti di cui ci siamo fatti dare ricetta. Le dosi sono molto medio orientali, e quando va bene vanno a tazze. Suggerisco di triturare le mandorle insieme con lo zucchero, che assorbirà l’olio e si raffinerà. A quanto pare in Turchia la margarina è assai popolare e ha quasi sostituito il burro, ma noi potremmo usare quest'ultimo. In un primo tentativo un clamoroso errore ha prodotto cialde (!) e non biscotti. Felice errore, tanto che le rifarò: Cialde "turche" con le mandorle. JM Carasso ne dà una versione un po' diversa, familiare, greca ed ebraica: Kourabiedes, ricetta ebraica; Artemisia li ha provati: Kourabiedes, ricetta ebraica; biscotti friabilissimi. Grecia. Siamo nella raccolta Cucina Turca, entro la più ampia raccolta Medio Oriente Nord Africa.
La ricetta carpita a Mehemet
Una tazza di mandorle triturate (non fino a farne farina, si sentiva la loro granulosità, che donava assai ai biscotti), una tazza di zucchero, una busta di farina di riso (qui la misura si fa più ardua: quella di noi che si è fatta dare la ricetta calando in cucina ha detto che le pareva una busta da 600g), 250g di margarina. Forno a 190° per 20/5’.
La ricetta sperimentata da Artemisia
Mi sono decisa, li ho fatti e ne ho scoperto anche il nome turco: kurabiye. La ricetta che vi dico è simile a quella di Mehemet, ma con l'esperienza di mezzo, che aggiunge alcune note. Foto nel piatto smerlettato.
Una tazza (la cup, 250g) di mandorle triturate (non fino a farne farina, deve sentirsi la granulosità, che dona assai ai biscotti) insime a una tazza di zucchero, 450g di farina di riso
(glieli ho fatti ingurgitare: arrivata a 400g avevo una pasta liscia,
poi ha cominciato un po' ad asciugarsi; tuttavia, ha tenuto bene la
cottura; mi resta la curiosità di fermarmi a 400; certo non sono gli
ipotizzati 600g),
250g di burro.
Forno a 180° per 20/5’.
15 commenti:
Sono deliziosi questi biscotti!
Un bel ragazzotto davvero acc...anche bravo in cucina, il io sogno!!!!Con le misure medio orientali io ci litigo sempre, una mia collega fa dei dolci deliziosi ma quando mi dà le dosi...e ci provo....una catastrofe non riesco a capirci un'acca, l'ideale é vderli fare...mi sà che ci vado a casa uno di questi giorni!
Baci!
Interessanti biscottini...
Il pane credo sia una pide, magari lo sta riscaldando in padella per dargli croccantezza all'esterno e sofficità all'interno. È buono da fresco, poi diventa un po' elastico e ha bisogno di una riscaldata per riacquistare le sue caratteristiche.
Preferisco tuttavia il lavas, che è fatto con lo stesso impasto ma viene steso più sottile, un po' come la pizza del fornaio romana. Viene però cosparso di sesamo bianco invece di olio e sale grosso. Ci ho fatto diverse volte le tartine pizza, prosciutto e fichi alle varie occasione di Onda Italiana ad Amsterdam.
piccola o grande cucina in realtà chi curiosa è come entrasse in un regno segreto e si sà il mago , che poi è il cuoco, se li vuole tenere ben stretti gli ingredienti misteriosi!!Ma le ricette sono buone!
@ mary, vedo con piacere che sei tra gli ospiti che vengono di tanto in tanto, e spero tu possa trovare sempre qualcosa che ti piaccia :)
@ mariluna, bentornata, quanto è vero: bisogna infilarsi in cucina e guardare: aspettiamo le tue scoperte.
@ marina, sei un pozzo di saperi imprevisti ;)
no, non è la pide, girovangando su san web ho scoperto cos'è, un pane che effettivamente si cuoce "in padella" anche se lievitato; una cosa tutta particolare per procedura e consistenza che vorrei provare e di cui parlerò (ma accidenti quante sono le cose di cui voglio raccontare!).
@ caty, è vero, le cucine sono antri misteriosi, non solo perché il cuoco forse tace, ma anche perché è difficile sapere e saper parlare di ciò che si fa :)
ben ritrovata anche a te.
sembrano buonissimi:farò un atto di coraggio e li proverò senza aspettarti. forse diminuisco la quantità di margarina, mi sembra molta, anche se con queste tazze non si può dire...
baci
MARGARINAAA?!?! Orrore... ; )
facili, veloci e pure buoni!!!
ciaoooooooooo
@ ciao grazia, fammi sapere come vengono se li fai!
@ sì, sembrano proprio veloci, federica, e la cosa seduce.
@ loulou, benvenuta, anche se con questo grido di orrore :DD
pare che la margarina, da quando non usa più grassi insaturi, sia migliorata come prodotto, ma io ne so poco anche perché non la uso mai.
...posso recuperare l'ingresso 'non in punta di piedi' rivelando che questo è il mio blog peferito? Evereverever. Estetica, sintassi, e quel certo non so che di imperfezione che incanta. Irresistibile!
amo questo genere di biscotti rustici, decisamente molto più di alcuni raffinati esercizi di pasticceria e... scusa la mia pignola curiosità, ma con quale oggetto sarà stato fatto quel bel decoro in superficie, dalla sagoma di sole infuocato? bellissimo, complimenti a mehmet, e un saluto a te, cara artemisia
ho un'amica, ex collega all'universitò, che nelle "vacanze" fa la cuoca-cameriera tuttofare sulle barche. me ne ha raccontate di tutti i colori
loulou, ma grazie! (faccina che si inchina, con ampio giro di maniche di caftano, poichè il viaggio in Turchia ha rinfocolato il delirio medio orientale).
e quando dico caftano, non scherzo; non solo ne ho comperato uno (un altro in verità), ma ho fatto piccolo bottino di ikat con cui medito imprese tessili.
a proposito di tessile: anche i tappeti persiani inserivano asimmetrie per sfuggire la perfezione, con la scusa che quella è solo di dio, ma in realtà per evitarne la monotonia :DDD
frenci, in campana, come ho detto. con le dosi che ho dato senza provarle vengono cialde, ottime, ma cialde. darò aggiornamenti sulle mie sperimentazioni.
quel decoro è stato evidentemente ottenuto pressando su una pallina di pasta un po' appiattita uno strumento da cucina, un tappo o che so, certo non è uno strumento da pasticceria, ma qualcosa che mehmet si è ritrovato in cucina e che ha usato inventivamente allo scopo.
marzia, raccontacene qualcuna :DDD
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