lunedì 13 ottobre 2008

Grecia. Dodecaneso. Tilos. Capre.




Ovunque. Al ristorante, sulla spiaggia, tra le case, sulle estreme rocce, e perfino nell’ovile. Amaltea abita qui.

Tilos, tra le più isolate isole.

Papavero:

muso semita
dolci sguardi d'ancella
sacra in umiltà


Umberto Saba

Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
dalla pioggia, belava.

Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi,prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.

In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.

























6 commenti:

Paolo Ferrario ha detto...

ovunque
che commovente presenza!

a.o. ha detto...

placida, in posa, con le sue lane color champagne al vento...
che sguardo incredibile.

papavero di campo ha detto...

Amaltea cara a Zeus,

haiku per lei:

muso semita
dolci sguardi d'ancella
sacra in umiltà


ps. è bellissima, parlassero cosi gli sguardi umani!

Franz Mosco ha detto...

Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
dalla pioggia, belava.

Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi,prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.

In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.

Umberto Saba

papavero di campo ha detto...

sì quella poesia di saba è fondante per me, l'ho amata fin da giovanissima,

viso semita! dire viso è ancora più umano!

"sazia d'erba..belava"

Paolo Ferrario ha detto...

troppo meritevoli di omaggi queste capre
aggiungo alla collezione:


Due capre

Capra dal muso affilato
e occhi d'ambra;
capra che cambia in poche ore
la fisionomia di un caprifoglio,
in mattinata turgido di gemme
e adesso spoglio. Capra che fai
la guardia a una casa
che non è mai stata abitata:
tu sei sorella inconsapevole
di un totem - un'altra capra
che veglia casa mia, però impagliata.
Il naturale vigila sul vuoto,
solitario; mentre l'uomo sgrana
con l'artificio il suo rosario.

In Marcoaldi Franco, Animali in versi, Einaudi, 2006, p.8

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