Ogni mattina l’alba sorgeva, prima rosea, poi splendidamente luminosa, sulle tisane.
Lasciato il porto – eh già, in Grecia si dorme nei porti, almeno così fa un capitano turco, o che manchino insenature per caicchi, o che quello di esse non si fidi – lasciato il porto all’alba per evitare il meltemi, o almeno per evitarlo tutto il tempo – quando il cielo era decisamente luminoso, il termos, le tazze, lo zucchero iniziavano il loro parabolico volo accompagnato da ricchi spruzzi salati - si andava verso la prossima meta.
Si andava per ore, e queste ore iniziavano con una tisana. Leggete il nome delle tisane, e inizierete a capire perché questi post sono archiviati sotto la voce Grecia-Turchia. Meyve Çayı, Turkish Apple Tea, vi sembra greco? E il fanciullo bruno come un greco che ve lo ha messo sul tavolo, con il suo bel nome turco, i suoi bruni, timidi sguardi turchi, dove lo mettiamo? E i vostri piedi dove poggiano, nudi, confidenti, disarmati, se non su un liscio pavimento di legno turco? Come si sa, tutto ha inizio da dove i piedi poggiano, anche se poi è assai importante dove va la testa.
E quella roccia venata di rosa, dove pensate che sia, se non in Turchia, dalle parti di Cnido?
Già. Me se diciamo Anatolia, ecco che la mente vacilla. E a Cnido non si trovava forse una delle più note città greche?
Insomma, tutto il viaggio è stato una spola tra Grecia e Turchia, e non perché ci sia stato un zigzag tra le coste, ma perché la mente non poteva negare la commistione, l’intrico, la sovrapposizione, ancor più di quanto non accada (e così accade) quando si viaggia nella sola Turchia.
Inoltre gli sconsiderati italiani hanno condotto un equipaggio turco, un armatore turco, un capitano turco, ad approdare su coste greche, a solcare mari greci, a innalzare bandiere greche. Però la spesa no. La cambusa è stata riempita – all’inverosimile - in un porto turco. E per aperitivo, raki. E lo yogurt, a bidoni, turco.
Ancora una parola sulle tisane, che richiedono uno spirito anticonformista e il cui uso va appoggiato da una letteratura che voglio contribuire a sviluppare. Non sono acquette colorate. Quasi quasi vi cito Michel Guèrard, ma anche Igles Corelli. Mi vanto del fatto che il mio esempio ha diffuso un contagio tisanesco sul caicco e che molto Meyve Çayı fu bevuto. Aggiungiamo che una normale tisana, anche non Guèradesca, è assai meglio di un pessimo tè, e che un pessimo tè è garantito da qualunque sacchetto confezionato mettiate nella vostra acqua calda.
Lasciato il porto – eh già, in Grecia si dorme nei porti, almeno così fa un capitano turco, o che manchino insenature per caicchi, o che quello di esse non si fidi – lasciato il porto all’alba per evitare il meltemi, o almeno per evitarlo tutto il tempo – quando il cielo era decisamente luminoso, il termos, le tazze, lo zucchero iniziavano il loro parabolico volo accompagnato da ricchi spruzzi salati - si andava verso la prossima meta.
Si andava per ore, e queste ore iniziavano con una tisana. Leggete il nome delle tisane, e inizierete a capire perché questi post sono archiviati sotto la voce Grecia-Turchia. Meyve Çayı, Turkish Apple Tea, vi sembra greco? E il fanciullo bruno come un greco che ve lo ha messo sul tavolo, con il suo bel nome turco, i suoi bruni, timidi sguardi turchi, dove lo mettiamo? E i vostri piedi dove poggiano, nudi, confidenti, disarmati, se non su un liscio pavimento di legno turco? Come si sa, tutto ha inizio da dove i piedi poggiano, anche se poi è assai importante dove va la testa.
E quella roccia venata di rosa, dove pensate che sia, se non in Turchia, dalle parti di Cnido?
Già. Me se diciamo Anatolia, ecco che la mente vacilla. E a Cnido non si trovava forse una delle più note città greche?
Insomma, tutto il viaggio è stato una spola tra Grecia e Turchia, e non perché ci sia stato un zigzag tra le coste, ma perché la mente non poteva negare la commistione, l’intrico, la sovrapposizione, ancor più di quanto non accada (e così accade) quando si viaggia nella sola Turchia.
Inoltre gli sconsiderati italiani hanno condotto un equipaggio turco, un armatore turco, un capitano turco, ad approdare su coste greche, a solcare mari greci, a innalzare bandiere greche. Però la spesa no. La cambusa è stata riempita – all’inverosimile - in un porto turco. E per aperitivo, raki. E lo yogurt, a bidoni, turco.
Ancora una parola sulle tisane, che richiedono uno spirito anticonformista e il cui uso va appoggiato da una letteratura che voglio contribuire a sviluppare. Non sono acquette colorate. Quasi quasi vi cito Michel Guèrard, ma anche Igles Corelli. Mi vanto del fatto che il mio esempio ha diffuso un contagio tisanesco sul caicco e che molto Meyve Çayı fu bevuto. Aggiungiamo che una normale tisana, anche non Guèradesca, è assai meglio di un pessimo tè, e che un pessimo tè è garantito da qualunque sacchetto confezionato mettiate nella vostra acqua calda.
5 commenti:
Bentornata e bella carica di tante cose buone a guardare e mangiare
il plumbaco non sapevo che si chiama così l'ho fotografato anche io prossimamente sul mio blog
a presto cocozza
cara Artemisia finalmente!
il micione incombeva e di te nessuna nuova!
adesso vado a leggermi con il consueto interesse le tue note di viaggio sagaci avvincenti e sorprendenti come sempre più di sempre!
bentornata!
Hai solcato altre acque ... basta con i canali di Venezia? Io ho ripreso il lavoro da un po' quando vieni passa a trovarmi, basta scendere alla fermata Zattere del 51, fare qualche metro e vedere un palazzo con un ulivo che si affaccia da un giardino ...
Bentornata Artemisia, alla fine il sacco è stato vuotato. Ho dato una scorsa veloce, carpito immagini, poi la lettura.
a presto
a.o.
cocozza, papavero, isabella, aiuola: che bel gruppo, che bella compagnia!
bentrovate :)
isabella: senz'altro.
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