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I mori sono quattro. Da sempre tra le più fascinose statue di Venezia, nella loro incongruità di pezzi assemblati – una se ne sta ritta su un’ara romana - ed esotismo. Infilati nei muri di Campo dei Mori e delle vicine fondamenta, tre rappresentano personaggi pesantemente inturbantati, uno di loro fino al mal di testa; il quarto è Rioba, il cosiddetto facchino dal naso di metallo, carico di una balla di roba appunto, emblema della città commerciante con l’oriente, a lungo statua parlante della città.
A Campo dei Mori – da queste parti sorgeva il Fondaco degli Arabi; siamo ai margini della città frequentata dai turisti, solo alcuni si spingono fino a Madonna dell’Orto - c’è un chiosco con un ombrellone e un tavolino; il più piccolo bar di Venezia, forse. L’ho fotografato a ogni ora, sempre senza capire chi è il gestore e chi il cliente. L’impressione è che stiano tutti insieme a chiacchierare, con molti Ciò!.
In questa area nord della città, alquanto remota e con rari turisti, molte cose parlano di Oriente, e si favoleggia che i mori fossero i proprietari del palazzo del Cammello, così detto dall’altorilievo sulla facciata. Chiamato anche Mastelli, perché gi esotici proprietari, provenienti da un favoloso e vago Egitto, sarebbero stati ricchi a mastelli.
Siamo assai lontani dalla Riva del Vin, da Rialto, da San Marco. E al tempo stesso, siamo in una Venezia altrettanto Venezia.
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