Le spezie usate nei cibi di Namibia così sapientemente, così sorprendenti, quando ne ho seguito le tracce mi hanno portato nell'estrema punta d'Africa, che sfiorata dalle navi olandesi che trafficavano in spezie, venne un giorno del XVII secolo da quelli toccata e poi posseduta, e portandovi i loro schiavi, si creò una mescolanza subito vivissimamente fertile, che non si stemperò mai in un colore solo. Africani, olandesi, asiatici della Malesia, indiani, altri popoli si incontrarono; alcuni si strinsero intorno alla religione mussulmana, tenendo duro entro un'identità cosidetta malese, Cape Malay. Una lady inglese in visita da quelle parti, nel XIX secolo, disse che quelli di Cape Malay andavano dal nero ebano alla rosea porcellana.
Questi volti mescolati li volevo vedere; Irma Stern me lo permette: la pittrice sudafricana amò i ritratti.
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Con Cape Malay si indica perciò una comunità sudafricana, i cui antenati furono portati al Capo come schiavi dagli olandesi della Compagnia delle Indie che lì facevano scalo, dalle loro colonie indonesiane, oltre 300 anni fa. Parlavano malese, la lingua di quella parte del mondo. La cucina di Cape Malay ha avuto una notevole meravigliosa influenza sulle tradizioni culinarie sudafricane e non solo (vedi Namibia, ma anche Tanzania, dove ho trovato intrecci, pur avendo la Tanzania la propria specifica fonte di influssi orientali ed europei: l’India, il sultanato di Zanzibar, i portoghesi). Anche la cucina di Cape Malay è influenzata a sua volta dall’India con i masala, i Roti, i Samosa. Pudding, torte e biscotti mostrano l’ influenza olandese, le conserve di frutta (per non parlar dei vini) quella ugonotta francese. Nel XVII secolo, i cuochi malesi erano molto ricercati dagli olandesi; impararono piatti olandesi e vi aggiunsero noce moscata, cannella e altre seduzioni. Nascono i Bobotie, i Sosatie, quasi sempre accompagnati da blatjang (una sorta di chutney) e sambal (una salsa malese al peperoncino). I malesi erano anche esperti pescatori, e il pesce divenne parte importante della dieta. Per i giorni di festa c’erano i koeksister, piccoli dolci fritti e sciropposi alla cannella, o le tameletjies, una sorta di croccanti; comunque i dessert non erano molto presenti, al loro posto c’era l’abbondanza di frutta.
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Di famiglia ebrea tedesca, Irma Stern nasce nel 1894 in Sud Africa ; allo scoppio della seconda guerra boera la famiglia si trasferisce in Germania; Irma studia pittura e si associa all’espressionismo tedesco; torna in Sud Africa nel 1920, la sua prima esposizione a Città del Capo è del 1922. Un piccolo ritorno in Germania, e poi dal 1926 Irma si stabilisce in Africa, viaggiando molto: Madera, Senegal, Zanzibar, Congo belga, Swaziland, Spagna, Francia. Ama i ritratti, dipingere le persone; grazie a lei ci arrivano molti di quei volti che andavano dal nero ebano al roseo porcellana, che hanno le stesse variazioni e armonie dolci piccanti delle spezie che usano la loro cucina. Quanto a lei, è una paffuta bianca signora tedesca, labbra rosse e cappellini. Nel 1962 le dedicano una grande retrospettiva a Londra. Muore a Città del Capo nel 1966. Altre retrospettive importanti si susseguono; nel 1971, la sua casa, colorata, bellissima, ricca di opere d'arte africana, diventa un museo.
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Da Irma Stern Museum
La casa di Irma Stern
Dal sito del museo
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