giovedì 12 marzo 2009

FRANCIA. AVEYRON. CONQUES. LE MOULIN DE CAMBELONG, ALBERGO E RISTORANTE.













Ai piedi della medioevale Conques dalla bellissima chiesa romanica, tra monti verdeggianti e boscosi e strade che serpeggiano, lungo la Dourdou, un ex mulino diventa un ristorante con una stella e annesso albergo, di quelli che si dicono di charme.

È la nostra tappa più cara, starei quasi per dire pretenziosa in un certo eccesso di poutre e tendaggi, del resto molto francesi. Bella la compagnia mattutina delle oche e anatre e aironi; un po’ malinconico lo scorrere ombroso delle acque, con quel rumore incessante del ruscellare, quei vapori dell’acqua. Le oscurità serali in cui era immerso il ristorante nella sua ricercatezza cupa mi ha fatto pensare al cestello della regina Crimilde, forse anche per la differenza che abbiamo poi potuto apprezzare nella tappa successiva del viaggio, che nella sua luminosità affettuosa sarebbe stata molto Biancaneve.

Ma vi parlerò poi di Belcastel; intanto diciamo due parole su Hervé Busset che in un ambiente con grandi vetrate sul giardino su cui precipitava un’umida notte da riva del fiume, tende rosse, travi da tutte le parti, buio pesto, tavoli di legno scuro, piatti di lavagna e bicchieri di metallo, ci dà il suo piatto migliore, che mette insieme in un barattolo di vetro con chiusura ermetica uovo, fegato di anatra e cappuccino di tartufo bianco estivo.

Segue un filetto di trota fario con coulis di roquette, ovvero rucola, cappuccina e bonbons di piedino di maiale. Quindi râble di coniglio e succo di rosmarino, un piatto di buoni formaggi scelti con nome e cognome dai vicini produttori – il cuoco ha fama di andare in cerca accurata di prodotti del territorio e coltiva un giardino dei semplici – quindi della lavanda in créme glacée e una tatin di albicocche con mente poivrée. All’inizio siamo stati accolti con un amuse bouche che aveva qualcosa a che fare con la zucca e la pimpinella. Il servizio ha avuto qualche accenno di sussiego, ma ammetto che alla prima occasione è diventato amichevole e sinceramente sorridente.

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Di seguito la colazione del giorno dopo, con vista di papere e rivi. Il mio apprezzamento di un cuoco, quando possibile, si basa assai sulla prima colazione, che ritengo adattissima a fare la differenza. Questa era ricca e di nuovo attenta nella scelta, poniamo, dello yogurt, ma senza particolare creatività, e gli abbondanti lieviti un po' troppo burrosi; rischiavi di non volerli - orrore - mangiare tutti.










Questa foto finalmente non caravaggesca della mousse di tartufo viene dal sito del ristorante.



Moulin de Cambelong

7 commenti:

elisabetta ha detto...

così non vale... mi fai venire voglia di fare le valigie all'istante!

artemisia comina ha detto...

sapessi io :DDDD

a.o. ha detto...

sono sopraffatta, è già la terza o la quarta volta che miro e rimiro questo post... mi galvanizza e non riesco a trovar le parole.
ma prima o poi mi calmo, e allora...

artemisia comina ha detto...

andiamo in gita, aiuolina? ;)

a.o. ha detto...

IMMANTINENTEMENTE! :)

Originale l'idea di proporre il piatto nel barattolo di vetro tipico del foie gras...

quel barattoletto ermetico, per forma e dimensione, a me piace tanto, lo riutilizzo sempre, ma per la portata, no, non mi era mai passato neanche per l'anticamera.

temo, però, che al di fuori del contesto Hervé Busset tale proposta vada, per così dire, presa con le pinze.
;)

artemisia comina ha detto...

io penso che ci potremmo avventurare.... :DD

tsu-mina ha detto...

Non me ne ero ancora accorta...fantastico!

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