mercoledì 23 gennaio 2008

Circa il cibo. Arte figurativa. Bonnard, pazzo per le tovaglie.


The children meal, 1895, Metropolitan Museum, NY.
da metmusem

 
La Nappe à carreaux rouges ou Le Déjeuner du chien, 1910, collezione privata.
da web-sy.fr


La femme au chat, 1912, Musée d'Orsay, Paris
da ellebelle


The Provençal Carafe, Marthe Bonnard and Her Dog Ubu, 1915, collezione privata.
da pinterest


Dining room in the country, 1915, Minneapolis Institute of Arts
da worcesterart



The chekered tablecloth, 1916, Metropolitan Museum, NY.
da metmuseum



Before dinner, 1924, Metropolitan Museum, NY.
da metmuseum



Dining Room Overlooking the Garden (The Breakfast Room), 1930-31, MoMa, NY.
da moma


Grande salle à manger sur le jardin, 1934-35, Solomon R. Guggenheim Museum, New York
da mondomostre


Un giorno uno dei nostri apprezzati chef, rivolgendosi paternalistico - e come sennò - alle Padrone di casa (le poche rimaste) accinte a ricevere ospiti, fece loro la predica: le tovaglie, le stoviglie devono essere tassativamente, improrogabilmente, necessariamente bianche. Perché il sacro Impiattamento risalti in tutto il suo grafico fulgore. Ma no, ma no, caro chef. Il bianco è un colore, anzi molti colori, non un'assenza defilata, né tantomeno un altare. Concorre con tutti gli altri alla gioia dell'occhio, che non cessa di attendersi variegate, polifoniche, mutevoli apparizioni dell'oggetto.Nessuno - quasi nessuno - celebrò come Bonnard i colori della tavola, e particolarmente delle tovaglie, anche le bianche, ma che bianchi!

In nota: che differenza tra la cucina dello chef e la cucina di casa: dalla presentazione del cibo alle preparazioni tutto è diverso, diversissimo, anche l'eccellenza (caro chef, qualche volta lo sai, qualche volta no). Se la fine del Sette, l'Ottocento, e ancora buona parte del Novecento vollero imitare con il ristorante la casa - magari il palazzo, ma comunque lo spazio del ricevere guidato dai padroni di casa - il 2000 dimenticando la casa che riceve vuole imporre lo stile del ristorante, che nel frattempo smarrita la convivialità, punta sulle tecniche, per fare piatti eccezionali da sottoporre alla critica valutazione di gourmet solitari (spesso si ha l'impressione che in questo la compagnia sia fastidio e non conforto, e che si gusti più la valutazione che il piatto). 

6 commenti:

papavero di campo ha detto...

il bianco li contiene tutti i colori ma sono d'accordo con te che è bello vestire le tavole con svariati look a seconda del nostro umore e dei cibi e delle suggestioni che ci gironzolano in capo e pro godimento oculo

ps: proposte visive accattivantissime, gli oculi ringraziano!

artemisia comina ha detto...

pensavo anche - i temi si moltiplicano - alla differenza tra l'estetica del ristorante e quella della casa; è un altro tema che mi piacerebbe, girovagando, dipanare.

dede leoncedis ha detto...

ah, si! quante differenze abissali tra estetica del ristorante ed estetica della casa. Dipana Artemisia, dipana

artemisia comina ha detto...

dede: se mi impegnerò nell'affare, mi aspetto archittettici contributi ;)

cocozza ha detto...

Appena apro questo blog resto sempre a bocca aperta è tutto cosi bello
questi quadri stupendi a me piace tantissimo preparare una bella tavola con tovaglie bianche colorate, di stoffa di lino grezzo, ogni volta diverse per seguire il menu il mio umore o dagli ospiti dalle ricorrenze!
ciao cocozza

artemisia comina ha detto...

Cocozza: come prima Papavero, dite proprio ciò che penso anch'io. in casa ci sono i menu, gli ospiti, gli umori, i momenti dell'anno che orientano radicalmente la tavola, e possono mutarla di volta in volta. Niente di più lontano da: tovaglia bianca, porcellana bianca, come la divisa del collegio, del canonico chef pedagocico.

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