domenica 6 maggio 2007

FRANCIA. UN GIRO NELLA BORGOGNA DEL SUD. AUTUN

Colpo al cuore: Autun.

Per l’arte romanica e in particolare per la cattedrale di Autun, consiglio il sito TERRES ROMANES, che tra l’altro ha foto davvero belle dei magnifici capitelli.



Autun, la cattedrale romanica, che si raggiunge salendo un po’ più a nord di quanto non siano le altre mete proposte. Ancora XII secolo, prevalentemente. Prevalentemente, certo, perché una cattedrale non è mica di un secolo soltanto. Oltre a presenze gotico fiammeggianti, compaiono anche un paio di corna svettanti dovute all’onnipresente Viollet le Duc, sul quale per altro non ho mica tanto da ridire, avendoci reso alcune delle belle chiese di Francia, anche se se le è alquanto reinventate. Ecco le corna:



E poi Viollet ha rimesso su il magnifico portale.




Tre infelici dannati



Tre gioiosi bambini beati, tirati su dall’angelo.



Il portale è stato ripristinato con interventi mica tanto per il sottile dello stesso scultore ottocentesco che aveva lavorato al restauro della vicina Vezelay.

Vezelay, in rapporto alla quale, in concorrenza con la quale fu edificata Autun, per attrarre anche qui i pellegrini che correvano a frotte a Vezelay, in quel gran traffico di sante vie che attraversavano l’Europa medioevale. Vezelay, ancora più a nord, all’incrocio di tutte le strade di pellegrinaggio d’Europa, che incontrammo prima di questa, di Autun, anni fa, rinfocolando amore per l’arte romanica che appassionatamente immagina e scolpisce.

Un bel Lazzaro ottocentesco che organizza il pilastro centrale – la cattedrale è dedicata a San Lazzaro - con due eleganti sorelle alle costole, è “nuovo” ed è dello scultore ottocentesco. Quanto l’ottocento e il primo novecento avessero magnifici imitatori e falsari, potremo forse un giorno ammetterlo e saperlo, quando avremo perso il pudore che ci fa tacere di ciò.

Sorella di destra:



Il vero Lazzaro giace, sepolto nelle mura di una delle case di Autun, e aspetta che Cristo passi a farlo risorgere ancora una volta. Perché sta lì? Perché i felicemente scriteriati canonici di Autun, trovando a metà del ‘700 orripilanti le romaniche sculture, smontano un pezzo di chiesa e si rivendono le pietre a costruttori locali, che le usano per le case. La molto famosa Eva di Autun, che acchiappa la mela tuffandosi tra le verzure, oggi conservata nel vicino museo Rolin, è venuta fuori per caso, smontando, appunto, un pezzo di casa. Eva potete vederla in Terres-romanes, dal quale la prendo in prestito.



Felicemente scriteriati, i canonici, perché oltre ad effettuare questa dispersione che fa di Autun un luogo di caccia al tesoro, seppelliscono il timpano del portale sotto una bella, spessa coltre di stucco, e lo fanno sparire salvandolo dai picconi della Rivoluzione, che scoppierà di lì a poco. A tempesta acquietata, la coperta è stata tolta, la testa del Cristo che era stata decapitata, fortunosamente ritrovata in un ripostiglio e riappiccicata, e il portale è di nuovo lì a consolarci.

E adesso imparate questo nome: GISELBERTUS.



E da oggi in poi, chi non lo conosceva già, non lo dimentichi. Poiché è certo uno dei grandi nomi, commoventi nomi, della scultura. Romanica, e non solo. Giselbertus ha pensato bene di mettere la firma sotto il Cristo. E poi di lasciare il suo rimarcabile segno in tutti i capitelli di Autun, tranne tre. Con una qualità non sempre uguale, ma spesso geniale e sempre alta. Cosa specifica di Autun, questa, perché per esempio a Vezelay intervengono diversi scultori, e ci si diverte parecchio a differenziare i capitelli attribuendoli a questo e a quello.

Giselbertus torce le figure come gli pare: le allunga, le accorcia, le rende realistiche: tutto dipende da ciò che sente e vuole comunicare.

Badate che i capitelli sono veramente persi negli ombrosi cieli interni della cattedrale, per cui portatevi il cannocchiale.




Se volete vedere le sculture di Autun e sapere di più sulla cattedrale, ricordate il Terres.romanes, ben fatto e che riproduce molto pregevolmente le sculture, dal quale traggo, oltre all’Eva già proposta, anche

La lezione di musica



La scultura romanica sembra spesso libera espressione della più grande stravaganza, non solo formale, ma anche iconografica; chi di noi non ha sbarrato gli occhi – con estasi e divertimento - vedendo la mucca sdraiata di traverso sul portale di San Ambrogio a Milano, o la coppia di coccodrilli su quello della Collegiata di san Quirico? Tuttavia, ognuna di queste follie ha un senso simbolico. Elitario, però, per chierici e iniziati, come tutta l’arte romanica. Non popolare e immediatamente comprensibile, almeno ai coevi, come l’arte gotica.

Una pubblicazione nella quale l’iconografia delle sculture è dipanata con erudizione, minuzia e verve, finalmente togliendoci lo sfizio di sapere chi sono tutti quei personaggi, cosa accidenti stanno facendo, è:

Grivot. D, La sculpture du XII siecle de la cathedrale d’Autun, Saep, Colmar – Ingersheim 2000.

Non a caso l’abate Grivot è quello che nel 1948 ha ritrovato la testa del Cristo del portale, che giaceva ignorata nei depositi del museo Rolin. Abate che ancora veglia su Autun, amante custode che sembra destinato alle teste: è di non molto tempo fa la notizia che ha scoperto, nella sua abituale ronda, il furto del cranio di san Lazzaro, preziosa reliquia della cattedrale.



Con l’abate Grivot mi sono presa la soddisfazione di sapere, per esempio, che questo è Balaam sulla sua asina, che si sta impuntando perchè ha incontrato un angelo. Grivot ci racconta tutta la storia, alquanto interessante perché ci dice della vicenda di un brav’uomo, Balaam, che non essendo ebreo, è passato, nei commenti alla Bibbia, per falso profeta, ma che non era affatto male.

Tornando alla cattedrale, anzi alla sua struttura, dirò che entrando sono stata sorpresa da uno spaesamento: davanti a me, sopra di me, c’era qualcosa non di romanico, ma di romano.
In effetti, pare che gli architetti fossero impregnati della romanità intensamente presente sul territorio con archi trionfali e altro; romanità che influenza il triforium che percorre le mura interne della cattedrale.



Gli architetti del XII furono di un’audacia geniale e scriteriata: la cattedrale, sotto il suo enorme peso non ancora sostenuto da un’adeguata tecnica, è stata più volte per accartocciarsi su se stessa, e prima si dovette correre a metterle alle costole enormi archi rampanti, poi, nell’ottocento, la si è scotennata tutta, lasciando solo gli archi di pietra e rifacendo la copertura in mattoni.



Nel coro, il monumento funebre di un grand’uomo con consorte. Pierre Jeannin, morto nel 1623, ministro di Enrico IV, che quando venne ordinata la strage di san Bartolomeo, la tirò per le lunghe, finchè la buriana non passò; e quanto a lui, non se ne fece niente. Perché, disse, quando un uomo potente ha i nervi, si deve aspettare, ad eseguirne gli ordini. Grazie, Pierre.

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