lunedì 9 settembre 2013

Africa sub sahariana. Namibia. Carni. Braai, Kapana.


Kulala Desert Lodge. Stanno preparando la cena; nei piatti riscaldati dai fornelli andranno i pezzi di carne che stanno arrostendo sulla brace, all'aperto. Tra gli altri, orice e manzo (i due che sceglierò, più che ottimi).

I tovaglioli sono stati piegati a forma di struzzo: intorno, nella grande tenuta di molti chilometri quadrati del Lodge, ce ne sono molti, selvatici. Anche i bellissimi orici - selvatici anch'essi - non mancano; animali mirabilmente adattati al deserto, li troviamo anche dove le altre antilopi non si avventurano. La cacciagione si mangia spesso, specie in inverno.


Alla carne alla griglia - braai in afrikaner, il piatto nazionale - si accompagna tradizionalmente l'ottimo pane all'aglio, caldo di forno.

La grande stanza elegante affaccia sulla notte scurissima del deserto del Namib;  l'alba rivelerà all'orizzonte le sue rosse dune, per molti chilometri intorno non c'è nessuno (intendo dire nessun umano; animali sì, anzi di notte molti a spasso).


Prima della carne, una crema di verdura - immancabile gradito preludio, non so se solo di cucina di lodge, se solo in inverno; non so ma apprezzo, e per me la cucina namibiana è anche queste immancabili creme. Questa volta lenticchie, in parte intere.


Poi la carne; manzo e orice, dicevo, entrambi più che squisiti sia per qualità che per perfetta, fondente, tenera cottura; il manzo è accompagnato da una vellutata salsa al vino rosso. Ci sono poi melanzane - non le ho mai trovate perfettamente cotte, queste ultime: sempre un po' crudette; riflettiamo: per la Namibia la confidenza con la carne supera assai quella con le verdure: ridico la parola deserto. Accanto una patata con la buccia (sembra cotta la cartoccio sulla brace); e il mais, una pezzo di pannocchia grigliata perfettamente: il mais si può dire l'altro cibo nazionale insieme alla carne.

Poi ci sarà stato un dolce, una mousse o un pudding.


Dunque, il braai.

La Namibia è una nazione tutta nuova saltata fuori da una costola del  Sud Africa da pochi anni; la Namibia è una terra molto, molto vecchia nella quale gli uomini abitano da sempre, da quando sono uomini. Capita  che chi ne giudica la cucina non sappia che pesci prendere;  certo  non somiglia a quella di casa (loro);  alcuni concludono che non ci sia una “vera” cucina (concetto difficile da argomentare anche per un francese).
Da accenni letti, pensavo che avrei mangiato “carne”. L’immagine carnivora è alimentata dall’aridità estrema di una terra dove i vegetali crescono solo se pronti a tutto: aspettare le piogge per anni, difendersi secernendo veleni potentissimi o armandosi di spine laceranti; soprattutto, per chilometri non ne vedi uno, per quanto agguerrito (vedi l'omayowa, o il !nara). 

Inoltre è potente la letteratura creata da alcune culture native, ove la mucca predomina: per gli Herero è ricchezza e mito.  A Windoek, la capitale, ho intravisto uno dei famosi costumi in cui sono state infagottate le signore Herero dai missionari ottocenteschi: metri di stoffe con disegni locali riproducono le crinoline, in testa poggia un copricapo dove un’armatura di carta e due ampi fazzoletti assumono la foggia di una par di corna di mucca (un video mostra come farselo).

Kapana

Sfiorando Windhoek, la capitale, abbiamo visto da lontano l’agglomerato del quartiere Katutura, creato negli anni Sessanta, quando ancora si era in South Africa e l’apartheid aveva costretto i neri in una zona loro dedicata; oggi chiunque può abitare dovunque, ma le separazioni sono ancora evidenti e nel vivace Katatura (mentre invece la città “bianca”,  "tedesca",  è assai linda e pinta e alla sera quasi deserta) si va accompagnati; ho così solo sentito parlare del kapana, lo street food nazionale: pezzi di cane di manzo di scarto cotti sulla brace e venduti dentro cartocci di carta di giornale. 

E' assimilabile al braai? Pare di no. Dicono (knownamibia):

This local delicacy is like a street snack. It is red meat barbecued in the open-air and sold at the market in Namibia's townships. Some might say but is that not like 'braaivleis'? No not really, this is prepared in a different matter, men from the townships take the time everyday cut meat into small pieces and serves it with peppers, onions, chillies and sauces. If you want to experience a real African-food delight, try kapana.  

Concludendo:
 
Certamente si mangia carne, ottima; ma ho trovato un tessuto di sapori complesso e sorprendente. Non solo per selvaggina che mai avevo considerato selvaggina, come l’orice o l’antilope saltante o il kudu, di soavità indimenticabile e cotta perfettamente specie nel famoso braai (sulla brace), o per le ostriche dolcissime di Walwis Bay senza alcun accenno di salmastro,  ricche di aromi minerali. Ma anche per la stupefacente presenza di una sofisticata competenza nell’uso di spezie. Selvaggina e ostriche sono “materia prima”; le antilopi sono intorno a te (ci è mancato il coccodrillo, non siamo andati nella parte umida della Namibia; è rimasta la curiosità; Igles Corelli ci disse, convincente, che sa di zampe di rana). Ma le spezie?  Dedico un post al tema.




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