martedì 27 agosto 2013

Africa sub sahariana. Namibia. !Nara o Acanthosicyos horridus, il melone del deserto del Namib.

Immagine da kyffhauser

Dedico questo post all'Acanthosicyos horrida, !Nara (Topnaar); Nara Melon. Questa volta, non cercate in wikipedia; il mio post è per ora molto più esauriente e direi partecipato.

Il segno ! è proprio di lingue con le consonanti clic, suoni singolari, schiocchi della lingua sul palato o sui denti, e questo è il caso (lingue kohisan; sentite Miriam Makeba in The Click Song). Si tratta di una cucurbitacea endemica del deserto Namib, in particolare delle aree prossime a letti di fiumi come il Kuiseb, quasi sempre asciutti e tallonati da altissime dune sabbiose che vorrebbero mangiarseli, ma periodiche violente inondazioni successive a grandi piogge che possono farsi attendere anche per qualche anno le tengono a bada.
Essenziali per il !Nara falde profonde di questi fiumi, raggiungibili da radici coraggiose in grado di inabissarsi per una quarantina di metri; il !Nara si moltiplica solo quando c’è pioggia, ma è in grado di aspettare, e quando quella capita, le piccoline leste allungano le radici per raggiungere l’acqua della falda e aggrapparsi alla vita. Aggiungiamoci un clima per cui le mattine sono spesso molto densamente, fittamente nebbiose per via dello scontro tra aria calda del deserto e aria fredda dell'oceano che la corrente del Benguela rende gelido; umida bruma che la pianta cattura e beve; c'è poi assenza di foglie, compensata da un verdeggiare di ogni parte esposta della pianta e solo acute, dritte spine appaiate lunghe due tre centimetri, meno disposte a cedere umidità. Il !Nara non vive di sole brume, le acque sotterranee le sono indispensabili, ma è presente solo entro i confini del territorio desertico che le nebbie raggiungono e bagnano.

Abbiamo così un groviglio vivamente verde, una corona di spine, una matassa impazzita di lunghi rami graffianti e un fittone che penetra nel suolo profondamente; questo apparato imbriglia le sabbie sempre in movimento, resiste alle tempeste di vento e favorisce il crearsi di una piccola duna che cresce con la pianta, che man mano che è assediata da nuove ondate di fitti granelli allunga il collo; può vivere fino a 100 anni e se li merita; il codice del deserto dice di non toccarla mai e di lasciarla dove si trova anche se morta (che non vi venisse in mente per il braai, o barbecue, per esempio).

La sua area può essere di 1500mq e ospita con ombra, difesa e nutrimento animaletti di terra e di cielo che vivono con essa e a volte solo grazie a essa, quindi a loro volta endemici. Nella desolata Skeleton Coast, dove la cosa più viva sono i fantasmi, l’ angolosaurus skoogi potrebbe piangere lacrime parecchio amare, per dire, se non ci fosse lei, la !Nara.  


 Angolosaurus skoogi. Immagine da National Geografic

La cosa sorprendente è che anche culture umane sono strettamente in rapporto con la pianta per la loro sopravvivenza;  è stato vero in una storia lunga millenni e una di loro resiste ancora, quella dei Topnaar, un piccolo ed emargianto gruppo Nama, a sua volta appartenente ai Khoi-Khoi, quelli che gli europei chiamarono Ottentotti. I Topnaar sono tra i più antichi abitanti della Namibia; smilzi, lievi, più olivastri che neri, con intricanti occhi orientali a mandorla e zigomi rilevati, vivono da centinaia di anni soprattutto lungo il letto del Kuiseb, dove pare siano giunti da un non meglio precisato "nord" (arrivando i loro insediamenti fino a Walwis Bay, sono prossimi alla città di Swakopmund e quindi a quella di Windoek; croce più che delizia, vicinanza più pericolosa che benefica).

Il !Nara prima dell’arrivo del mais in Africa nei desertici luoghi dove cresce è stato alimento di base; reperti fossili dicono che la pianta è lì da 40 milioni di anni e tracce archeologiche mostrano che il !Nara era mangiato, trasportato e forse commercializzato già 8000 anni fa; nel 1677 una nave olandese della Vereenigde Oost-Indische Compagnie, approdata a Sandwich Harbour, incontrò Ottentotti che conservavano semi di !Nara (tra parentesi: allevavano bestiame e diedero agli olandesi capre, latte, semi, acqua potabile scambiandoli con abiti e armi; erano abituati al commercio; l’economia di queste genti era nel passato più ricca e non erano solo cacciatori raccoglitori come si usa definirli); il capitano della goletta inglese Nautilus che approdò nel sul dell’attuale Namibia,  poco sopra l’Orange River, nel 1786, disse di aver incontrato indigeni che si nutrivano sostanzialmente di un curioso frutto bitorzoluto che il botanico di bordo definì della famiglia dei cocomeri. Ancora oggi il !Nara costituisce parte importante dell’economia e dell’alimentazione dei  Topnaar, circa 500 persone.

Al tempo giusto, da dicembre a maggio, nella spinosa matassa maturano frutti rotondi e verdi, spesso a grappoli, di circa 900g l’uno, fino a 25cm di diametro, provvisti di un’armatura dai fitti bitorzoli. Amarissimi se non maturi, poi polposi (mentre la buccia resta verde, maturando la polpa diventa di un vivo arancio), nutrienti, dolcissimi, molto aromatici, profumati e ricchi di grossi semi, circa 250, pure ottimi, il cui sapore ricorda la mandorla. La pianta ha anche vari usi medicinali a partire dall’amaro fittone (masticato o decotto cura nausea, mal di stomaco e un’altra quantità di disturbi; ridotto in poltiglia e mescolato a grasso cura le ferite) e l’olio dei semi cura la pelle e protegge dalle bruciature del sole.

I Topnaar  sono ovviamente grandemente esperti nel sapere quando raccoglierlo, benché il frutto non cambi il colore esterno. La tosta coccia viene ammorbidita o tenendo i !Nara al sole o insabbiandoli; quindi si pelano (la buccia la mangiano le bestie, per esempio gli asini o le capre); poi si mettono a bollire in gran calderoni rimestando e rimestando, fino a che i semi non si staccano; a questo punto la polpa – che quando è matura diventa intensamente arancione e si distanzia dalla buccia – viene ridotta in pasta e stesa a essiccare, cosa che fa in qualche giorno; la pasta, chiamata ‘goa -garibeb’ e haimé meno aromatica della polpa fresca, tagliata in strisce e arrotolata,  viene agevolmente conservata per essere consumata con calma nel tempo, sia tal quale che aggiungendola al porridge o polentina che si fa con il mais. I semi si mangiano anche freschi – rotolandoli nella sabbia si denudano dalla polpa cruda – schiacciandoseli in bocca come si fa con i lupini,  o separati dalla polpa cotta vengono tostati e raccolti in sacchetti che mangeranno i cittadini di Swakopmund o Windoek, o ne viene fatta farina, o vengono usati per dolci dalle pasticcerie delle città. Ma c’è anche tutta un’idea (probabilemnte non Topnaar) di svilupparne gli usi per incrementare l’economia dei Topnaar; ad esempio degli olii ottenuti da essi per cosmetici. I tentativi di addomesticare questa meraviglia sono finora tutti falliti (già all'inizio del secolo scorso esploratori americani, quelli con il casco, importavano semi negli USA pensando agli indiani dei loro deserti). 

I Topnaar sono stati afflitti dalla creazione del parco nazionale di Namib-Naukluft nel 1907, che li ha impoveriti privandoli di possibilità di raccolta e caccia; è interessante sapere che mentre le zone dove la pianta cresce sono proprietà pubblica, le singole piante sono possedute da famiglie Topnaar; il diritto delle famiglie sulle piante ha perfino il sigillo della regina Vittoria, quando era lei che poteva concederlo (quindi, giù le mani dai meloni). Con la questione del parco inizia un conflitto tra Topnaar e amministrazioni pubbliche, che va oltre i cambiamenti politici (il parco fu voluto dai tedeschi) e ciò provocò scarsi investimenti sullo sviluppo e la cura delle zone da loro abitate e dei loro insediamenti. Solo alla fine degli anni Settanta del secolo scorso ci si occupò di dotarli di servizi essenziali, per altro non sempre presenti, e il periodo dell'apartheid è stato comunque durissimo.

Mentre ci si preoccupa di sviluppi che i Topnaar potrebbero aver con la commercializzazione del !Nara, si attenta all’ambiente in cui la pianta si sviluppa, almeno nella zona popolata dai Topnaar, che  lamentano una decrescita della produzione, fino a un terzo di meno, dovuta allo sfruttamento delle acque di superficie come di falda per le esigenze delle città di Windoek e Swakopmund (turisti, fatevi la doccia in fretta). In conclusione non è pianta a rischio in generale, ma in alcune zone, quelle abitate dai Topnaar, comincia a essere minacciata e certamente è in pericolo l'identità dei Topnaar la cui cultura per altro si dice “poco studiata” (notare la differenza con poco conosciuta, il che comporterebbe una centralità del parere dei Topnaar).

Una nota: il citrullus lanatus, l'anguria, o per così dire il suo antenato vive allo stato selvatico ai margini del deserto del Kalahari e una delle teorie sulla sua domesticazione dice che sia avvenuta lì, per poi diffondere il cocomero nel mondo, a iniziare dall'Egitto. Quanto sono intelligenti questi frutti ricchi d'acqua a crescere nei deserti? E poi: sono parenti, stretti, almeno cugini il citrullus lanatus e l'acanthosicyos horridus!



È capitato che una notte, mentre mi informavo su di lui, io abbia sognato il !Nara in persona. 

Dovevo posteggiare la macchina o meglio liberarmene (non guido da anni)mi accorgo di una stradina mai vista che di botto mi porta in un’area che sembra periferica, di quelle dove la città si stempera in campagna e qualcuno si istalla con casette abusive e orticelli; piazzo la vettura ma sono in imbarazzo: certo la zona è di qualcuno, vedo sentieri e tracce di giardinaggio;  ecco che compare un signore vestito di scuro che mi guarda con un’aria non ostile ma ironica e sollecitante, che comunque richiede un’interlocuzione: è un guardiano, ma amichevole. Mentre mi accingo a trattare con lui, arriva il fratello, e se il primo già sembrava un po' strano, il secondo è proprio un altro mondo. E' un tipo tra il giallino e il verdino, smilzo, lieve, con un collo invero molto esile, diciamo uno stelo, vestito come un damerino rococò in jabot e damasco pure verde alquanto pittorescamente rimediati e stracciati, che attacca subito a parlare amichevolmente, affettuosamente, ogni distanza superata; mi racconta con immediata confidenza di essere il giardiniere del re. 

So per certo, senza bisogno di presentazioni, che è lui, il melone !Nara. Curiosamente, ha due lunghissimi denti sporgenti, giallo limone, da roditore, come quelli di alcuni animaletti che lo rosicchiano senza badare alla sua amarezza quando è immaturo, che danno un curioso andamento leggermente sputacchiante, ma tutt'altro che sgradevole, diìrei piuttosto soave, al suo sorriso e alla sua parlata. 

C'era molta profonda sabbia e corde tese dovunque, io continuavo a cadere in quell'abbraccio soffice e a impigliarmi; eravamo in cima a Roma in una improvvisa periferia mai vista, in alto, ma la città sotto non si vedeva che appena appena, perché c'era una fittissima, fittissima bruma! Era cortese il melone, veramente, e tanto voglioso di raccontare dei suoi progetti di giardiniere, anche se chiaramente molto molto svitato! Ah come vorrei incontrarlo di nuovo e saperne di più!

Il disegno è di Artè che sta tentando goffamente di catturare la fisionomia del signor !Nara. 

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Riferimenti: 

Marion Wallace con il contributo di John Kinahan per un capitolo sull’archeologia, A History of Namibia: From the Beginning to 1990, Columbia University Press 2011.

Masaaki Ito, Changes in the Distribution of the !Nara Plant that Affect the Life of the Topnaar People in the Lower Kuiseb River, Namib Desert, African Study Monographs, suppl.30: 65-75, march 2005. http://www.africa.kyoto-u.ac.jp/kiroku/asm_suppl/abstracts/pdf/ASM_s30/6ITO.pdf

Patrick van Damm & Veerle van de Neynden, Topnaar or Hottentot?: the People on the Top Revisited, Afrika Focus ISSN 0772-084X, Volume: 8; Issue: 3-4; Start page: 215; Date: 1992.http://journaldatabase.org/articles/topnaar_or_hottentot_people_on_top.html

Plant Resources of Tropical Africa (PROTA)

Krugerpark

Fao

Strandloperpeoples. Wikipedia


6 commenti:

isolina ha detto...

Affascinata e sognante

artemisia comina ha detto...

direi fulminea :)

Anonimo ha detto...

Ben tornata Artemisia!
Alessandra

Anonimo ha detto...

Ben tornata con questi bei racconti, intendevo! Alessandra

Elvira ha detto...

Nessuna pagina di Wikipedia sarà mai esaustiva e coinvolgente come questo post. Sogno compreso, ovviamente! Sono contenta che il signor !Nara ti abbia lasciato tornare indietro :-)

dede leoncedis ha detto...

Affascinata dalla lezione ma soprattutto ammirata e intimidita dalla impressionante vivezza del sogno. Io i miei li dimentico nell'attimo in cui apro gli occhi

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