lunedì 6 settembre 2010

VENEZIA. CA D’ORO. IL CORTIILE. UN MAGNIFICO PAVIMENTO DI MARMI COLORATI.






















Se io o voi fossimo dei veramente molto ricchi signori, saremmo mai capaci di fare ciò che fece Giorgio Franchetti, l’ultimo proprietario della Ca d’Oro, che la recuperò dal lamentevole stato in cui tra rifacimenti delinquenziali e dispersioni dei preziosi arredi lapidei l’avevano messa di comune, diabolico accordo principi russi megalomani, architetti senza coscienza e prime donne scriteriate e narcisiste?

Il pavimento della corte è dovuto ai lavori di restauro attuati da lui tra fine XIX e inizio XX secolo; ma la cosa molto interessante è che non solo li pagò, ma li disegnò, recuperò marmi acconci con filologico intento e contribuì a segarne i pezzi come pure a metterli in opera. Bravo barone, devi esserti divertito assai e oggi ammiriamo ciò che facesti, soprattutto ora che un restauro e un’intelligente apertura della porta che dalla corte dà sulla calle, prima sempre ottusamente sbarrata, hanno restituito questo spazio a Venezia.

Adesso quando passi per la stretta calle che va dal vaporino - fermata Ca d'Oro - alla Strada Nova, non puoi non essere irresistibilmente catturato da quello spazio vertiginoso che attraverso un arco di pietra fiammeggiante ti porta su un tappeto di pietra seducente come un eterno prato fiorito.

Le pietre sono quelle che avevano iniziato a usare con passione e competenza i romani, che erano quanto mai avidi di marmi preziosi e ne andavano cacciando le vene per tutto il mondo antico. Porfido rosso antico e sienite dall’Egitto; marmi serpentino, cipollino verde, tessalico, breccia di settebasi dalla Grecia; marmo lassense e breccia corallina dalla Turchia; marmo numidico dalla Tunisia: ecco quelli recuperati dal barone.

Il disegno si ispirò ai pavimenti delle chiese veneziane (per tutte ricordo quella di Torcello), ma anche delle romane del XII e XIII secolo (cito San Cosimato, qui a Trastevere) e direttamente dalle bizantine.

Basta guardare per vedere che questo pavimento non è un mosaico, come spesso viene chiamato; i termini esatti sono opus sectile (in netta prevalenza: marmi e pietre in piccoli pezzi sagomati, accostati, lucidati) e opus tessellatum (in minoranza: tessere di pressappoco uguale grandezza di pietra, pasta vitrea e madreperla; ciò che diciamo mosaico). Qui a Roma li chiamiamo pavimenti cosmateschi, dalla provenienza delle principali maestranze che vi lavorarono.

In queste note cito informazioni tratte dalla didascalia posta nel cortile e firmata da Fabio Bordignon.

Papavero:

Venezia unica
la cornice di sogno
al cuore sperso

5 commenti:

papavero di campo ha detto...

che sballo! vorrei esser lì venezia solo venezia venezia per prima cosa venezia l'unica


Venezia unica
la cornice di sogno
al cuore sperso

isolina ha detto...

Se c'è mai stata cosa sans pareille...

clelia ha detto...

Venezia è una citta 'bastarda' a mio avviso.. non esiste la via di mezzo anzi di mezzo c'è solo il mare. Venezia nella storia, nella musica, nel suo essere può essere riassunta in.. non è tutto oro ciò che luccica..
Un saluto da Padova.
Clelia
ps. La mostra di Piranesi l'hai vista??? ci vogliono almeno 2 ore e sono due ore di intenso arricchimento culturale. Ed anche un ponte fra passato e presente con una campata verso il fututo..

Walter ha detto...

Il barone Giorgio Franchetti venne in più occasioni aiutato a sistemare le tessere del mosaico pavimentale del suo amico Gabriele D'Annunzio

artemisia comina ha detto...

clelia: sì, bella!

walter: suggestivo frammento di storia.

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