mercoledì 9 giugno 2010

MILANO. SANT'AMBROGIO E RICORDI.










Milano, una delle prime città esplorate da un'Artemisia giovincella in libera uscita; figuratevi che stavo in un collegio femminile cattolico, ospite di una cugina molto alta, con un che di bel cammello biondo, che studiava storia medioevale dandosi parecchie arie per ciò (per es. "ora vado in biblioteca", con tutta un'aria da monaco cistercense). Io ancora non andavo all'università. Ricordo vagamente sia certi lavamenti di piatti che una grande mensa di suore che ci dava una prima colazione che mi pareva davvero assai ricca, come pure certe buie camerette allineate piene di ragazze bizzose con ogni pena, vuoi d'amore vuoi di studio - nè io ero da meno - e una trattoria familiare che suppongo sia stato il primo "ristorante" cui misi piede da sola e che perciò ricordo come ottimo, sublime, accogliente, conveniente e vivace di studentesca vita. Insomma, il miglior ristorante, in assoluto, della mia vita.

Nel mio girovagare scioperato e libero, esplorativo e timido, mi infilavo quasi ogni giorno in Sant'Ambrogio, che era lì nei pressi. Varcare quella porta mi conduceva in un mondo favoloso - indimenticabile l'emozione dell'incontro con la mucca appesa alla porta, che mi pareva e mi pare bizzarrissima idea e prova di magnifica libertà dello scultore - mi faceva andare altrove e abbandonavo la città per entrare in un chissà dove fatto di ombre di monaci e di artigiani magnifici. Quanto al quadriportico, mi faceva lo stesso effetto di un bosco con una perfetta radura al centro, e l'impressione di quel nitido, rettangolare esterno luminoso abbracciato dalle rotonde arcate ombrose è quanto di più netto mi resti nel ricordo.

Oggi sono colpita dalla bellezza di questa chiesa dedicata a un Santo antico, alle soglie della cristianità, e dalla sua ricchezza prodiga della quale tante cose mi erano sfuggite o erano state dimenticate, ove alla mucca si aggiungono il vitello che le pende in capo, un altare tutto d'oro e d'argento, una serpe bizantina scura e lucente, un signore dorato con la sua aquila, un mosso assembrarsi di romani che si fanno cristiani sul grande sarcofago su cui poggia l'ambone, il talamone che sporge la sua testa tra leoni e altre fiere, e tutta una quantità di mostri, girali di piante e nastri, sirene, e perfino, nascosto in un angolo, un asino che suona la lira.

5 commenti:

lucyinvacanzadaunavita ha detto...

Mi ci infilavo spesso anche io, magari dopo una giornata passata all'università... E' una delle chiese più belle che abbia mai visto e mi lega a lei un meraviglioso ricordo: il percorrere quel quadriportico dando il braccio a mio padre, il fermarmi davanti al portone e attendere l'apertura, la consapevolezza di stare per iniziare una nuova vita,il mio futuro marito mi aspettava in fondo alla navata!

Glu.fri cosas varias sin gluten ha detto...

...ah il mio cuore milanese inizia a palpitare di una crudele nostalgia...sant'ambreous....

papavero di campo ha detto...

esterni metafisici assolati per un contrasto perfetto con l'ombra raccolta mistica dell'interno,

Milano questa Milano qua estremamente fascinosa

Marilì di GustoShop ha detto...

Che bello seguire i tuoi racconti...anch'io sto per ripercorrere un tratto di strada che ha segnato la mia vita in bocciolo e sono molto emozionata e anche un po' turbata. A presto cara A.

artemisia comina ha detto...

turbamenti corrono sul web :)

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