La chiesa di Brou è stata costruita in gotico fiammeggiante, l'ultimo, il fiorito, il felicemente eccessivo, il gotico barocco che precede e in molti casi affianca, come qui, il nascente rinascimento. La navata della chiesa è grande, luminosa, nuda, vuota. Il coro quasi altrettanto grande, si contrappone a quella, in un preciso programma simbolico, per ricchezza colorata, a cominciare dalle vetrate celebrative piene di stemmi e di santi, e ovviamente di Margherite e Filiberti, la coppia da commemorare; vetrate che incupiscono un po' la luce e la fanno rutilante e segreta, sfiorante la fioritura di sculture di legno e di pietra complesse come un alveare, fitte di figurine di piangenti con i cappucci calati sugli occhi, ma anche di sibille graziosissime e vezzose dalle lunghe trecce o di grilli e mostri che mai debbono mancare.
Le tombe dei due invece sono rinascimentali, e putti erculei e nudi sostituiscono i medioevali angioletti vestiti di tuniche biancodorate. Si segue un progetto iconografico certamente voluto da Margherita molto preciso e di poi nei secoli ammirato, della doppia statua per ciascuno. Una, vivente, superiore - quasi un letto a castello, sì - con il personaggio celebrato raffigurato con gli occhi aperti, anche se già raccolto in gesti di preghiera e di congedo, e abbigliato di tutte le insegne dell'aristocrazia e del potere. Lui nella giovinezza della sua morte, lei nella grevità dei cinquanta anni in cui morì, raffigurata dallo scultore che la conosceva bene, il suo scultore di corte che tante volte l'aveva ritratta, con quelle carnosità che la caratterizzavano di bocca, di mento, di naso.
Ai piedi di ognuno, un cane fedele, a significare la fiducia con cui ci si può attendere che colui su cui si fa conto sia lì, sempre con te.
La statua inferiore rappresenta i due nella morte; i cadaveri, immersi nell'ombra funerea della parte inferiore del loro baldacchino, sono avvolti nel sudario, le insegne perdute, i piedi nudi, i capelli sciolti. Al tempo stesso, Margherita riconquista la giovinezza e un volto di bellezza idealizzata.
In che rapporto sono le statute tra loro? Filiberto occupa, come capo della casata e marito, il centro del coro, che ruota intorno a lui, e con il coro la chiesa e tutto il monastero. Margherita è alla sua destra, in un baldacchino che al tempo stesso si fonde con la struttura della chiesa ed è più ricco di quello di lui. Lui al centro della chiesa - Margherita. E Margherita in qualche modo più grande di lui. Si guardano o non si guardano? Le statue sono senza pupille. Potrebbero guardare il cielo, e potrebbero sbirciarsi. Sono in linea.
Ma non basta. C'è una suocera. C'è anche un'altra Margherita, la madre di lui. Quella che tanti anni prima, in occasione di una malattia del marito, aveva fatto voto di costruire una chiesa lì se quello fosse guarito e poi, a cosa avvenuta, fece passare troppo tempo, per cui morì senza adempiere alla promessa. La seconda Margherita alla morte di Filiberto sentì il peso di quella mancanza (ferito durante una caccia il padre, morto dopo una caccia il figlio) e fece costruire Brou. La seconda Margherita giace alla destra del figlio. La destra come posto d'onore; ma con una tomba dal programma iconografico semplice, una sola statua con il suo cane dentro una nicchia, seppure nicchia ornatissima. La seconda Margherita non è la chiesa, ma sta dentro la chiesa.
Lo scultore di Margherita: Conrad Meit
(Worms, c.1475 - Antwerp, 1550/1)
1 commento:
Tutte queste trine marmoree mi fanno pensare ai ricami di zucchero sulle torte sarde... ma non mi ispirano a leccare, per fortuna!
Bellissimo reportage, anch'io ci sarei rimasta un'infinità di tempo in questo posto a far foto.
Grazie mille Artemisia!
Posta un commento