domenica 24 gennaio 2010

SIRIA. PALMIRA. TEMPIO DEL SOLE. IL CATTIVO PESCE, OVVERO LA MEMORIA DI TIAMAT.





Nel tempio del sole di Palmira continuiamo a incontrare dei sorprendenti, che pur quando hanno una vaga somiglianza con quelli cui siamo abituati, poi ci confondono e ci spiazzano. Il formidabile sincretismo romano non aveva ben digerito e assimilato le differenze che ribollivano nella complessa Palmira, che come abbiamo visto era incrocio di credenze e di dei provenienti da tutti gli orizzonti.

Ho fatto un soprassalto quando mi sono trovata di fronte al cattivo pesce, una divinità dalla testa scalpellata - disgraziatamente gli iconoclasti bizantini e poi mussulmani non si sono saputi tenere - vestita con un peplo e una veste di foglie, e con la parte inferiore del corpo molteplicemente anguiforme. Serpente d'acqua, come chiarisce la testa di un pesce - evidentemente un suo compagno - schiacciata sotto il piede calzato in un infiocchettato stivale di una delle figure che a lei si oppongono.

Non ho trovato precisi riferimenti nel disordinato web, ma penso si tratti di Bel Marduk che affronta e sconfigge la divinità acquatica primordiale, Tiamat. Si tratta di un mito mesopotamico, la cui versione più completa ci è arrivata avendo per protagonista Marduk, appunto, a volte chiamato anche Bel Marduk; ma pare ci fosse una versione più primitiva e un'altra successiva dove il nome del dio cambiava nel tempo, cambiando la città mesopotamica dominante: ognuni città ci metteva il suo dio. Chi fosse il dio non è così importante, non tanto quanto capire chi fosse in lotta con chi.

A volte Tiamat viene definita la forza del male, ma si tratta di un modo di vedere alquanto fumettistico. Tiamat è infatti La Madre di Tutti, anche di quegli dei che poi, coalizzati, la aggrediranno e la uccideranno. E una volta morta, il suo immenso corpo, come una bisaccia gonfiata dai venti, andrà per una metà a formare gli oceani, e per l'altra metà a creare la volta del cielo, che di tanto in tanto elargirà la pioggia.

Ne parla l'Enuma Elish, Quando lassù, un poema che inizia descrivendo l'universo delle origini.

Quando nessuno aveva ancora fatto parola di un cielo, lassù
E nessuno aveva pensato che la terra laggiù potesse avere un nome,
Quando solo il primordiale Apsu, il creatore
E Mummu e Ti'amat - la genitrice di tutti -
Mescolavano insieme le loro acque;
Quando nessuna palude era sorta e nessun'isola poteva trovarsi
Quando nessun dio era comparso,
nè mai chiamato nome, e destinato alla sua sorte;
fu allora che gli dei presero forma.


Apsu, le acque dolci, Mummu, le nebbie, Ti'amat, l'acqua salata, se ne stanno confusamente insieme, ogni cosa con ogni cosa, tutte - questo si dice più volte - senza nome, inziano, coppia dopo coppia, a differenziarsi gli dei.

Quando, numerosi, iniziano a danzare e i loro passi a risuonare, i primordiali si pentono.

E Ti'amat era silenziosa...
Ma le loro azioni destavano orrore in lei
E il loro modi [le apparivano] indegni...


Ti'amat - che, si badi, viene chiamata La pura - vuole dormire nel silenzio.

Qui inzia la lotta, che si concluderà con la morte di Ti'amat e la creazione del mondo, ovvero con la distinzione della terra dalle acque dell'oceano come pure dalle falde di acqua dolce e dal cielo.

Le religioni ci parlano spesso di morti necessarie alla vita; la particolarità di questo mito è la necessità del distinguere, del nominare a partire da una silenziosa, confusa confusione, e dell'attività contro la solenne, dormiente passività.

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Il testo dell'Enuma Elish, da La filosofia prima dei greci. Concezioni del mondo in Mesopotamia, nell'antico Egitto e presso gli Ebrei, Frankfort H e H.A., Wilson J., Jacobsen T., Irwin W. A., Einaudi 1963

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