LAZIO. VALLE DI COMINO. MANTIDI. EMPUSA PENNATA.

L’incontro più imprevisto è stato con l’Empusa pennata, una mantide con un muso stretto e altamente crestato che si innesta su un busto allungatissimo, e un corpo che termina con un addome rialzato, a ricciolo, pieno di frastagliature, che fanno dire ai francesi che sembra un fior di lavanda. L’intero insetto, bellissimo e oggetto di passione per tutti gli amanti degli insetti, sembra fatto di foglie secche armoniosamente acconciate, tale per cui quando è tra la vegetazione non lo si vede manco morti. Pare anche che il suo avvistamento sia in ogni caso infrequente, e che l’insetto sia tutto sommato raro.

Se non che, un mantidino Empusa di soli due centimetri ha attraversato di corsa il viottolo e si è fatto vedere. Allibiti – non sapevamo ancora che le mantidi escono da una ooteca da piccine pressappoco come saranno da grandi – non siamo riusciti a fotografarla, se non sotto forma di ombra che gli amici di naturamediterraneo hanno determinato, come dicono gli entomologi per identificare – ma io mi sono presa la soddisfazione di aver capito chi era appena mi sono riavuta dalla sorpresa.

Quando nei giorni successivi siamo tornati dove l’avevamo vista, ci siamo accorti che l’erba secca pullulava di empusette, più o meno piccine, piccole festuche dalle zampe in preghiera e dal ventre arricciolato, che correvano incerte, come sui tacchi a spillo, sulle loro esili zampe prensili, volteggiando di stelo in stelo.

Oggi mi sorprende che si tratta della mantide che Artè aveva dipinto sull'armadio tanti anni fa, attratta dalla sua bellezza e copiandola da un libro.