Luglio 2007. Molti bambini a Montegallo. Se Gianni pensa un buffet, ci mette mucchi di colorate Verdure crude. Così è andata anche questa volta. Amici affettanti lavoravano agilmente di coltello, altri allestivano la tavola con Formaggi toscani, Mozzarella di bufala di Montefiascone, Ricotta alla panna di Bagnoregio, Salamino piccante, Taralli di due tipi, due Panettoni gastronomici, Panini farciti. In attesa c’erano dell’ottima Pasta e ceci, della Porchetta di Montefiascone, dell’Insalata di riso. Per non parlare dei Dolcetti. Infine, due magnifiche Torte decorate, quale con un albero e sirene, quale con il gallo simbolo di Montegallo. La prima per Elena, con noi da pochissimo, che guardava perplessa, un po’ ingrugnata e sulle sue, molto pensosa. L’ho vista passare di braccio in braccio senza fare una piega, presa com’era a domandarsi dove fosse capitata e a meditare vari tipi di risposta. La mattina era stata portata a prendersi la sua dose di acqua santa dentro un abito con strascico che la mamma, uscendo dalla chiesa, agitava come Deianira quando si accorse cosa accidenti fosse la camicia che le aveva regalato Nesso. La pupetta infatti era stata denudata appena in tempo delle tante belle sete che la avviluppavano, poiché la giornata di luglio quando tutti questi fatti si sono verificati è stata veramente ardente.
Certo, siamo a Montefiascone (ricordate Montegallo?) mica a Roma: comunque ci sono ariette che girano e vasti cieli sulle nostre teste. Il cielo in effetti ce lo siamo goduto tutto. Luminosamente celeste e argenteo sul finire della mattina (il lago si fa sentire anche da lontano, fa rilucere l’aria di un certo soavemente abbagliante sbrilluccichio), quindi diffusamente e ampiamente dorato intorno a noi e in tutti i pizzi delle sfere celesti sopra di noi, poi taglientemente aranciato, con i raggi del sole che arrivavano come una lama dal fondo dell’orizzonte, infilandosi in casa a baciare i dolcetti di cui era arrivato il turno, i placati ospiti, i soddisfatti organizzatori, mentre l’ombroso azzurro cominciava a premere dall’alto schiacciando il sole dietro gli alberi.
Per inseguire il cielo stavo dimenticando la seconda torta, quella con il gallo. Il galletto è Francesco, che compie tre anni. Il ragazzetto si spreca in bellezze: bianco e luminoso come una mandorla appena sbucciata, occhioni neri di profondi velluti pieni di punti interrogativi che dardeggia qua e là, riccioletti di oro filato. Gianni cerca di stargli dietro raccontando in giro che anche lui da bambino fu biondo. Bambini invero ne spuntavano da ogni dove, di parecchie misure, ma tendenzialmente tutti piccini assai, di quell’età grandemente seduttiva degli occhioni, manine, innocenze ecc. Grazie a dio, mamme e dedicate signorine vestite da clown li hanno spupazzati per bene e sono rimasti angioletti fino alla fine, quando sono saliti sul tavolo, raccolti dal braccio di Gianni come un fresco mazzo di teneri asparagi, a celebrare il momento delle candeline spente. E siccome Valerio ha pure tre anni, eccoli uniti, Francesco e lui, nella festa. Che è stata un vero architettato casino, come giannità comanda. Gianni, che in fine serata è montato su una sedia per dire la poesia. E quando ci salirà Francesco, su quella sedia là, sarà una bella lotta. Barbara, che suppongo Elena potrà affiancare quando uscirà dalle sue meditazioni, asseconda il vesuviale compagno, tanto lei è protetta da tutti gli dei montefiasconesi, che fida essere consoni e compatti dalla sua parte, incluse le divine corone di pampini e grappoli che certo cingono le loro fronti.
Ancora due parole sul buffet. Ho scoperto, fotografandolo dalla parte del tavolo in cui in genere ci sono i camerieri, che il buffet coagula gli individui, li salda, li trasforma in un unico corpo agitato dalle molte braccia, tutte protese con tuffi e guizzi verso il cibo; questo per tre quarti d’ora, un’ora. Poi questo mostro centimane, sbuffante e determinato torna a dividersi e le persone, tornate se stesse, si mettono a giacere dove possono spossate e spaesate, come quando si esce da una possessione. Gli invitati erano settanta. Tra i fomentatori dell'allarmante fenomeno, ben due cuochi ingaggiati dai nostri anfitrioni con non so quali lusinghe e promesse. Entrambi risaltavano tra la folla degli inviatati, l’uno anche grazie a un invidiabile svettante cappello, l’altro per il fatto di superare tutti gli altri di una buona spanna, e non solo in altezza. Questo secondo cuoco, che per la precisione è pasticcere, ve lo raccomando nel caso voleste una torta con un disegno sopra. Non solo li sa fare questi disegni, per bizzarro che sia il modello che gli avete dato, ma le torte sono buone e fresche. Per usare la categoria universale con cui Ester, maestra di pastiere, giudica una torta, umide. Gli strati svaniscono in bocca rapidamente sciogliendosi e disfandosi, lasciandoti la nostalgia e la traccia di interessanti sapori che passano come dolci miraggi. Direi che si tratta di torte leggere. Insomma, niente mattoni sotto la decorazione, ben noti a chi ha affondato i denti in certe coltri di appiccicosa glassa che nascondono maligni pan di spagna secchi, che ti chiedi come mai ti è venuto in mente di ficcarti in bocca.
Artisti convocati per l’organizzazione della festa: Lello Esposito. Il disegno per Elena, Emergente Luce Entrando nell’Aurora, che ha adornato biglietti, grembiuli di cuochi, magliette, torta. Gino Giugni, le due torte. Lorenzo dall’alto cappello, la direzione di orchestra. Un’artista napoletana la bomboniera di Elena, beneaugurante strega rossa appesa per i piedi (si fa chiamare Ognisanti, e ha bottega in Via Nilo vicino a San Gragorio Armeno, a Napoli).
1 commento:
A me era venuto in mente di passare per qua per vedere la tua festa grande. Che gioia nelle facce della gente, colori a tavola, sorrisi di bimbi! Le torte erano na meraviglia!
Magia è la tua specialità!
Foto bellissime!
Paula
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