DO MORI
AI STORTI
DA MURO
AL MARCA’
Da Artemisia Comina
E’ mezzogiorno. E’ venerdì. Abbiamo il frigorifero dl tutto vuoto, in modo assai riposante. Andiamo per bacari. L’appuntamento con Daino, l’amico veneziano, sarebbe dall’Arco, ma i disgraziati sono in vacanza. Niente fritti.
Ci spostiamo ai Do Mori. Promossi. Cicchetti buoni, vino pure. Le foto scavano nel buio di un locale sempre pieno, stretto come un budello, con due porte ai due capi, che ne fanno un via vai continuo. Si sosta anche fuori. Tre francobolli piccanti, piccoli tramezzini di pane scuro farciti di prosciutti e misteriose maionesi piccanti, appunto. Molto popolari. Folpetti (piccoli polipi bolliti). Crostini di baccalà mantecato, un po’ secchi. Tuttavia promossi, i Do Mori, anche per l’efficienza del personale, che non perde un colpo, e per il prosecco fermo (senza bollicine).
Faremo il confronto con Muro, molto piacevole nei momenti di calma, ma che diventa confusionario quando la folla meno tradizionalista e più modavagante di quella dei Do Mori lo assedia. Il Nuche ci vuole andare perché ha ottimi vini: molto buono il Soave Del Bra. Qui un crostino con carpaccio di polpo e uno spiedino di moscardini fritti. Buoni. Anche da Muro lo spazio è minimo, ci si può sedere solo fuori, su delle strette soglie affollate di ciacolanti. Il sabato c'è anche un piatto caldo, proposto a gran voce e con battiti di mani dal cameriere, in questo caso davanti a un paiolo di risotto.
Ma prima di Muro, Daino ci porta a provare Ai Storti, un “bacaraccio” dice, vicino ai Do Mori, appena girato l’angolo. Ha aperto da due anni e ha avuto subito un grande successo, specie tra i vecchi veneziani frequentatori di bacari, come subito si vede dai due tavoli fuori. Il signore a sinistra, nella foto, ha novantasette anni ed è appena tornato al tavolo portando un bianco e un rosso per gli amici. Ha successo perché ha assunto subito l’aria di essere lì da sempre, e perché ha prezzi bassissimi rispetto all’offerta veneziana. Assaggio una polpettina di baccalà, buona. E’ un baccalà mantecato racchiuso in una lieve crosta fritta. Assaggiamo i crostini di baccalà mantecato: i migliori. Grandi, pieni di morbido, fresco baccalà spalmato senza risparmio. Nunchesto mangia una buona seppiolina arrosto. Buono il prosecco fermo. Può essere interessante sapere che ho visto uno dei veci ai tavoli mangiare un piatto di pasta che parevano proprio bigoi, ovvero bigoli in salsa (una pasta lunga e rustica, dalla superficie ruvida, condita con salsa di acciughe).
Non pago, il Nunche vuole provare anche il Marcà, vicino a Muro, su uno dei campi nel quale la mattina c’è il mercato delle verdure di Rialto. Quando c’è il mercato, il Marcà rigurgita. Anche questa, una moda degli ultimi anni. Daino ci dice che il Marcà è stato a lungo un buchetto marginale (è una nicchia nel muro dove c’è appena lo spazio per due camerieri, un banco, dei panini, delle bottiglie; il resto si svolge tutto sul campo). Poi, a un tratto, i veneziani hanno deciso che si va dal Marcà. Il Nuche prende un ennesimo panino con il baccalà mantecato, non così tanto squisito, e nemmeno il prosecco è tanto per la quale. Insomma è proprio così: non si sa perché il Marcà abbia tanto successo.
Decodifica per napoletani e altri foresti: il bacaro è una sorta di osteria dove si bevono ombre (bicchieri di vino) e si mangiano cicchetti (bocconi di questo e di quello) al banco. Negli ultimi tempi molti bacari hanno messo dei tavoli e la possibilità di mangiare qualche piatto caldo, senza perdere la loro caratteristica di offrire cicchetti e ombre ad avventori di passaggio. In realtà le combinazioni sono assai varie: alcuni bacari dimettono il banco quando inizia l’ora del pranzo o della cena. Così faceva fino a qualche tempo fa il piccolissimo Le Testiere, che per altro è più un ristorante che un bacaro. Al Mascaron, bacaro storico, il banco non funziona più. Alla Vedova, come al Bancogiro, banco e tavoli convivono felicemente, frequentatissimi entrambi. Alla Zucca, che è un ristorante, non si nega un’ombra agli amici, soprattutto nei giorni di acqua alta che affratellano gli sguazzanti avventori e osti, chi da una parte e chi dall’altra del banco con stivali e acqua alle caviglie.
Ostaria Ai Storti
Rialto 819
Tel. 0412255