Di Artemisia
Villa Doria è meta delle nostre passeggiate recluse. Amiamo incontrarvi un pietroso gigante nero che si specchia nell'acqua turchese, apprezzando questa volta che sul morbido muschio si inebriassero di verde due ramarri smeraldini. Sarebbe il Tevere - per alcuni il Nera - e la maniera rudissima con cui è maestosamente sbozzato fa pensare non a imperizia nel levigare, ma al barocco rimescolare natura e cultura. Lo scultore potrebbe essere un certo Gabriele Valvassori, successore di Algardi. Il giuramento di non comperare più nulla se non ciò che serve per la stretta sopravvivenza, fu rotto con codesti quattro piattuzzi assai pinti e dipinti e dorati, irresistibili: Wade England. Perfetti per la Crostata con la frolla all'acqua di rose. Nata da una bizza, venne buonissima. Poichè lessi in un commento a ricetta mediorientale che comportava acqua di rose - e che sennò? - se quella poteva essere omessa o sostituita, visto che ciò mi provoca tacito subbuglio, volli reattivamente fare una ricetta che di acqua di rose non ne sapeva nulla, mettendocela. Ammetto che una certa aria di famiglia la cercai: l'ispirazione venne dalla pasta di certi dolcetti siculi: Mpanatigghi, dolcetti di carne e cioccolato come a Modica. Tolsi un par di uova e vi misi tale acqua.
Pasta: 500g farina 00, 150g di zucchero lavorato con 150g di sugna, 2 uova e tanta acqua di rose quanta ne occorre pera fare la palla di pasta (è il doppio di quella che serve per una crostatina come la mia).
Foderare di pasta uno stampo di 20cm (usai una fascia di 20cm per 2cm).
Versarvi una marmellata squisita (ne avevo una misteriosa, buonissima, credo fosse un mix tra una marmellata di limone e una di pere perchè ne avevo due mezzi vasi). Non eccedete, che lo strato sia smilzo.
Farvi su una griglia.
Forno a 180°, per 30'.
2 commenti:
Una meraviglia, tutto anche i luoghi
Profumata questa frolla!
Posta un commento