Il Signore delle Scatole
Praga invernale raduna gli uccelli come un nido; li ho visti sulla Moldava cittadina accanto agli umani: scarsi voli e molto galleggiare; si fa comunità insieme, si vive di briciole o forse soltanto di vicinanza. Così è anche per le bancarelle che approdano sul ponte nel gelo; è bello trovare per una volta una cosa da portare con sè e veder risorgere il Signore delle Scatole dall'infreddolito accucciarsi al sorriso.
La scatola
Constato in me uno strano sentimento, che deve avere a che fare con il mistero del souvenir. Quando viaggio, non trovo strano comperare cose che nella vita abituale potrei guardare con curiosità, interesse, perfino desiderio, ma lasciare lì senza alcun dubbio. Eccomi invece a Praga, e prendere con me una tazza cubista, dei pupazzi di legno, dei bicchieri di cristallo: il souvenir. Tentare di portare con sè qualcosa che si perde già mentre si vive, che si allontana mentre è davanti a te; il paese che non è tuo, lo straniero, lo sfuggente tempo del viaggio. E in effetti l'oggetto una volta a casa continua a parlare un'altra lingua, a sussurrare di posti perduti nella percezione ma presenti nella fantasia, a discorrere con il ricordo, a richiamare altrove. Questa scatola non è vuota: dentro c'è l'umida, gelata brezza di Ponte Carlo piena della vastità della Moldava che si snoda invadendoti con il suo odore di fiume, l'ampia luminosità dell'acqua e del cielo con le loro due trasparenze così differenti e intensamente dialoganti, le puntute guglie, e soprattutto, soprattutto, un certo sorriso del venditore ambulante cui l'ho chiesta, un attimo di felicità praghese.
Nessun commento:
Posta un commento