La calmissima vasta sera - silente assai, ma non posso immaginare che quel buio fosse privo di occhi - si stende tra mare a Capalbio (quello sul colle, laggiù). Noi siamo qui, dalla parte del buio e delle case dei contadini, oramai abitate quasi tutte da famiglie romane; proprio qui vicino però, ancora ce n'è una abitata da quelli. Siamo gli ultimi a poter sfiorare, punta delle dita contro punta delle dita, quel mondo che dopo millenni se ne va. Ciò che fu orto e porcilaia ora è amata casetta e curato giardino, e il giardino è pieno di tavoli e soprattutto di bianche tovaglie uscite dal quieto sonnecchiare ammaccato dei cassetti e rimesse in perfetto lucente tiro dall'operoso ferro fumante. Una simile ricchezza di bauli inizia a dire qualcosa degli ospiti: siamo in una casa che conserva ancora memoria del corredo e della sacralità dei lini, dell'esperto palpeggiar ricami, del chinarsi di valutanti nasi sul punto Richelieu, sul punto pieno. Settanta sedoline (ora mi chiedo: da dove spuntarono?) aspettano settanta ospiti. Noi siamo i primi, qui. Gli altri sono ad ascoltare le ultime battute delle Nozze di Figaro che la festeggiata ha proposto agli invitati in una locale sala adatta all'uopo, situata tra le luci, laggiù.
Mi aggiro, falena notturna, intorno alla casa, sbircio dalle finestre illuminate, spio l'operosità delle cuoche dispiegate intorno alle furibonde fumanti pentole, danzanti sul periglioso fuoco: una, due, tre, quattro.Un par di madame (biancovestite, per giunta) e un par di fanciulle, cui poi si aggiungono, ad ospiti giunti, altri due giovinetti (un Ganimede e un Ebe) meno dediti alla cucina e più all'andirivieni veloce e aggraziato e al lavoro di coppieri e pazienti pastori del gregge goffo e disordinato di adulti e vetusti signori, su cui gettano di quando in quando uno sguardo sorridente e accondiscendente.
Più eccitata è la giovane pasticcera, autrice di una vasta distesa di freschissimi pan di spagna, crema, scaglie di mandorle e panna, a cui la nota prudenza della festeggiata - quando si tratta di mettere qualcosa in un piatto - non ha permesso che poche decorazioni di glassa (lei aveva chiesto il permesso per ben altro), e con quelle, bravissima, ha ricordato le Nozze che fanno da sigla alla festa con tocchi rossi e neri. Ecco, a questa pasticcera pensateci. Sono certa certissima che è tale e quale alle più brave della schiera di brave giovinette blogger di cucina, quelle che si svegliano già pensando a quando metteranno le mani in pasta, e vanno cercando come fare meglio questo o quello. Ha seguito la sua torta passo passo, fino in bocca alla bocca dei voraci assiepati signori.
Ma prima della festa mi godo ciò che si prepara, entro, chiedo, sollevo coperchi, annuso. Fusilli ricotta e zucchine, bocconcini di carne alla cacciatora saporosi di olive ed erbe, un battaglione di ordinate tonde polpette (trecentosessanta mi dice la cuoca come un guerriero ancora spada in mano sul terminar della battaglia, e al mio apprezzamento sincero si rallegra tutta: allora ne valeva la pena!), odorose di limone e salvia, pomodori gratinati, cesti di verdure crude da addentare di passaggio, formaggi, spiedini di frutta. Non so nulla dell'aperitivo, gustato altrove a suon di musica, ma c'è uno scampato piatto di crostini al patè di fegato restato indietro; assaggio. Punto da considerare: tutto è buono, e in una simile adunata la cosa non era per nullissima scontata.
Nel frattempo va la ridda contenta dei regali, felici i donanti e felice la regalata, che con qualche presto vinta ritrosia si dà al rito dello svolgimento della carta, dello sgusciar pacchetti. Esce di tutto sotto lo sguardo compiaciuto di chi dona, che guarda nascere la sua creatura da quei viluppi, e di quella che prende mentre considera cosa ne farà di quel nuovo nato e quanto le somiglia: sciarpe, collane, portafortuna, fiori, libri, ma anche quadri, tappeti di bronzo, lettere e poemi. E' una vita di rapporti che si aduna qui, variegata eppure tenuta insieme da un saldo filo.
In fine non mancherà il suono del pianoforte, il canto.
1 commento:
Ricrei atmosfere come per magia. Non so perchè ma ho pensato al Grand Meaulnes...
Mi intimidisco, ma da bravo soldatino ci proverò...
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