lunedì 27 dicembre 2010

PRAGA. CAFFE'. KAVARNA SLAVIA.






Neve. Ma più ancora, freddo portato da un vento gelido che taglia le dita e mi fa scrivere gli appunti, mentre godo di un calduccio raffreddato da spifferi del caffé Kavarna Slavia, un po' rigidamente. Siamo a Nové Mesto, la città nuova. Tra rumore di tram (sulla trafficata Narodni) e gelo della Moldava che scorre grigia e metallica oltre i finestroni (a proposito, appena siamo atterrati, nell'aereo, giù con Smetana). L'arredo sarebbe art deco, ma questo è l'unico posto dove sento un'aria comunista, un po' da mensa. Si fuma. Passa un corteo per il premio nobel cinese, tutti hanno lampioncini di carta colorati che illuminano con uno strano sentimento di gioia l'occasione agrodolce e la sera che annotta scivolando nel blu.

Questo era il caffè di Havel pre rivoluzione di velluto; c'è la foto con lui seduto al suo tavolo accanto alla finestra sul fiume. Prima di lui lo frequentarono Rilke e Kafka, ma ora il profumo del luogo sembra evaporato.

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