venerdì 8 gennaio 2010
SIRIA. KRACK DEI CAVALIERI. UN FORNO MAI SPENTO PER TRECENTO ANNI.
Non si può mettere piede nel prossimo medio oriente senza imbattersi nell'ombra dei crociati, e tra loro in quella dei vari cavalieri dedicati, tra monachesimo e guerra, a cercare a est i luoghi di Cristo, del destino, della fortuna, dell'ignoto, della morte. Ma soprattutto, ed è quel che si pensa quando ci si imbatte in un mostro di pietra come il Krack dei Cavalieri, a cercare la confraternita maschile, il branco di uomini, la comunità senza donne (almeno, senza donne dotate di un'identità che avesse il potere di lasciare traccia storica).
Un castello è una macchina bellica, e sarebbe assai interessante visitarlo con un meccanico che ne spiegasse il funzionamento, che sta lì sotto il nostro naso, se solo questo sapesse annusarlo.
Un frammento in propostito, casualmente acquisito, mettendo insieme una frase udita lì, un'altra letta là: guardate quelle torri che sorgono non dalle fondamenta, ma dai fianchi del castello. Un mirabile e levigato lavoro di scalpello fa sì che le pietre di giunzione siano sagomate in modo tale, da appartenere ciascuna al paramento del castello e insieme al corpo della torre. Sono fatte su misura, ognuna sulla sua propria misura, tali da piegarsi a gomito per avviare lo slancio della torre. La torre che sorgeva dal fianco del basamento serviva ad evitare che il nemico la scalzasse nelle fondamenta, facendola crollare. Così fu presa Dura Europos, più a sud, dai mussulmani: questi distrussero le basi di una torre che crollò, aprendo una breccia nelle mura. Mura che erano state rinforzate - invano - facendo degli interni contrafforti di terra, e riempiendo di terra gli edifici ad esse aderenti. Così si è salvato dal tempo e dalla distruzione, inguattandosi sotto terra, l'unico tempio ebraico sulle cui mura ci siano rappresentazioni di figure umane; oggi i suoi affreschi sono nel museo di Damasco. Ma questa è un'altra storia.
Tornando al Krack, lo incontriamo mentre se ne sta come una scontrosa e alta massa di pietre belliche, lugubre sotto una quasi pioggia che sta lì lì per investirci, e intanto ci soffia addosso un'aria fredda e umida. Gli occhi salgono alla scritta araba, e la sua bellezza sbrecciata, lieve merletto poggiato su quel massiccio, commuove. Ancora, qua e là, ci saranno tracce di volute, fiori, di cui non si può immaginare funzione guerresca. Non si sa come pensarlo, questo Krack. Se ribollente di uomini e cavalli, migliaia, e risuonante di zoccoli e ordini, o attraversato da pochi uomini che si gridano richiami tra un corridoio immenso e uno stanzone spropositato, facendosi coraggio con la voce mentre si chiendono perchè e fino a quando saranno là, a guardia di un mostro abbandonato.
Nelle cucine due enormi forni si sovrappongono, l'uno ad aggiungere calore all'altro, uno sull'altro. Non si sono mai spenti per trecento anni, dice la guida: continua era la necessità di un'enorme zuppa, di un rancio spropositato.
Ma ciò che mi colpisce più di ogni altra cosa è ciò che dice del dormitorio, una vasta galleria scura voltata ad arco gotico: lì di notte si dormiva, di giorno si commerciava. Nei tempi di tregua, arrivava "il nemico" e si trattavano affari, si faceva mercato. Questa santa confusione di ruoli, questa sospensione della nemicalità e della differenza inutile, anzi minacciosa, mi suona come una parola benedetta. Quando scegliamo la nostra identità, a quale tempo pensiamo? A quello della guerra o a quello della pace?
Mi torna alla mente un racconto delle Mille e una Notte dove un mussulmano incontra una cristiana al mercato di San Giovanni D'Acri durante una tregua e si innamora di lei.
Le prime due immagini vengono da wikipedia, dove troverete anche informazioni sul castello.
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6 commenti:
Splendido! Quelle pietre arabescate mi ricordano tanto i tamponi di legno indonesiani per il batik...
È comunque una vista imponente e immagino la sua grandezza ancora più grande in quanto ora vuoto.
Rimango colpita da quanto racconti sui dormitori che si trasformano in mercato con i nemici!
sono senza parole... trovo questo castello elegantissimo, fascinoso ed inquietante, una sorta di fusione tra cattedrale, convento e maniero... grazie della meraviglia che mi hai fatto conoscere
grazie per le immagini dei pastori e pecore!!!
marina e frenci, è effettivamente inquietante, assai.
oggi, con arabi in kefiah alla cassa.
marzia, i pastori si sprecavano! :DD
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