lunedì 13 ottobre 2008

ROMA. RISTORANTE CINESE GREEN TEA.
















Siamo andati a far pace con Green Tea, il ristorante romano che propone una cucina cinese non popolare e contadina. Dopo qualche esperienza felice, c’eravamo andati a mezzogiorno e un certo casino di presenze e piatti ci aveva fatto dimenticare per un po’ il ristorante. Ora nel giro di un paio di settimane ci siamo tornati due volte con gusto, apprezzando anche le nuove giovani cameriere cinesi dalle paffute guance bianche, che promettono di crescere come due belle matrone a loro agio tra cucina e dispensa, e che per ora ti accudiscono con una qualche asiatica timidezza di chi continua a pensare dell’avventore occidentale “chissà questi che vogliono” (e hanno ragione).

Nel prenotare ho chiesto alla signora di avere un tavolo che non fosse al buio; piccolo silenzio perplesso (ancora una volta: “ma questi che vogliono”), poi sorridente assenso e quando arriviamo ci viene dato un tavolo che gode di un qualche riflesso di luce dato da una lampada non così tanto lontana: “va bene così?” (sempre la signora, del tipo: “speriamo non ci siano altre fisime”; badate, la capisco). Sento che le labbra mi prudono dalla voglia di parlare di luci: da quando giro con una compatta che nascondo sotto il tovagliolo tra una foto e l’altra per non interferire con l’atmosfera del ristorante (e questo vi fa capire che non ho intenzione di armarmi di enormi obiettivi) ho un’attenzione per esse che non mi pare solo esigenza di fotografia. Piuttosto, mi sembra che fotografare mi abbia reso attenta a quanto le luci siano essenziali e trascurate.

Bene, finita qui sulle luci per ora, e passiamo a ciò che abbiamo mangiato in questa penombra, accompagnati dalla cortese attenzione del padrone di casa, italiaco marito della bella signora cinese, dedito alla sala, ai vini, alla ben scelta musica di sottofondo, che mescola canzoni francesi e cinesi anni trenta e musica americana degli anni quaranta.

Un cibo di strada, i fagottini wan tan al curry, croccantissimi e con un cuore cremoso e speziato, racchiusi in un involucro di stirato nitore, cui vanno aggiunti i due fagottini amuse bouche che ci hanno portato d’ordinanza, a loro volta croccanti fuori e cremosi dentro, ma con la diversa croccantezza datagli da un falpalà.

Un gran piatto di bocconcini assortiti, i dim sum, dai ravioli di ogni sorta - io ne ho assaggiato uno racchiuso in una leggerissima, traslucida pasta drappeggiata che conteneva un ripieno di spinaci che esplodeva di verde freschezza - a certi fagottini di foglie da scartare per mangiarne il cremoso contenuto, a certi spicchi di pasta croccante e al tempo stesso fondente cosparsa ai semi di sesamo.

Una zuppa di Pechino piccante in agrodolce, che con i suoi vari fuochi mi ha indotto a togliere ogni sciarpa mentre fuori veniva giù una torrenziale pioggia autunnale che certo non poteva competere con i geli di Pechino.

Un maiale agrodolce gradevole e un maiale piccante in cartoccio, molto intrigante.

Ottimi spinaci saltati nel wok , una ciotolina di opaco riso bianco, asciutto e sgranato a far da contrappunto a tutte le lisce salse.

Una tartelletta dolce che resta per me misteriosa, ma che Nunchesto ha ordinato per la seconda volta, quindi suppongo abbia le sue grazie.

Nunchesto ha ritenuto di accompagnare tutto ciò con un Freisa secco, La Monferrina, Bricco Mondalino, fruttato, tanninico, leggermente mosso.

La volta precedente abbiamo mangiato l’Oca arrosto alla maniera di Guandgong, di cui Nunchesto era ben soddisfatto per la sua croccante pelle sulla fondente carne, ed io gli spaghettini di riso Zha Jiang alla shanghaiese con il ragù piccante al profumo di zenzero – ragù davvero squisito e abbondante sul piccolo nido di spaghetti, che amo assai ed ho ordinato in più occasioni - e un bianco mangiare che accoppia riso dolce e una bianca crema freschissima, molto buono.

Prezzi? Be’, fate conto che il piatto di bocconcini assortiti costa 20 euro, i quattro wan tan 6. Che l’anatra laccata (che va ordinata almeno per due) che abbiamo mangiato in altre occasioni ed è tra i piatti costosi, buona, e che comporta carne, zuppa di accompagnamento, verdure, costa 30 euro. Una cena con la birra, l’oca arrosto per Nunchesto, gli spaghettini con ragù piccante per me e due dolci è costata intorno ai 35 euro a testa; una con piatto di bocconcini, wan tan, due piatti di maiale, un vino, un dolce e una zuppa 50 euro.

Vi ricordo che c'è anche una boutique, e che se volete una cravatta cinese, l'avrete.

Green TeaVia di Pié di Marmo, 28
00186 Roma (Pantheon)
tel. 066798628

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